2016-12-11 12:30:00

Laos, nuovi beati. Il Papa: siano di incoraggiamento ai missionari


Sono 17 i martiri uccisi in Laos tra il 1954 e il 1970 dai miliziani comunisti del Pathet Lao, beatificati oggi a Vientiane, capitale del Paese del sud-est asiatico. Tra loro un missionario trentino, padre Mario Borzaga, dei Missionari Oblati di Maria Immacolata. Ai nuovi Beati è andato il pensiero di Papa Francesco che, all'Angelus, ha auspicato che "la loro eroica fedeltà a Cristo possa essere di incoraggiamento e di esempio ai missionari e specialmente ai catechisti, che nelle terre di missione svolgono una preziosa e insostituibile opera apostolica, per la quale tutta la Chiesa è loro grata". I catechisti "fanno un così bel lavoro", ha proseguito il Papa, chiedendo un applauso per tutti loro, perché portano "il messaggio del Signore perché cresca in noi".  Il servizio di Sergio Centofanti:

Un evento storico per la piccola comunità cattolica del Laos, appena l’1% dei quasi 7 milioni di laotiani, che nella stragrande maggioranza (67%) è di religione buddista. Dei 17 nuovi Beati dieci sono missionari francesi delle Missions Etrangères de Paris e degli Oblati di Maria Immacolata. Oblato è anche padre Mario Borzaga, trentino, ucciso nel 1960 all’età di 27 anni insieme a un catechista laotiano, Paolo Thoj Xyooj, mentre si recavano ad annunciare il Vangelo in un villaggio nel Nord del Paese. “Senza di lui non saremmo diventati cristiani”, hanno testimoniato alcuni locali dopo la morte di padre Borzaga. Tra i nuovi beati ci sono anche il prete Joseph Tien, ucciso nel 1954, e altri quattro laici, tutti laotiani.

Padre Borzaga era stato ordinato sacerdote a 25 anni con il proposito di non essere mai un “parassita dell’altare”. Voleva portare Gesù nelle regioni più abbandonate dagli uomini. Così parte per il Laos imparando lingua, costumi, e abitudini dei locali. E’ sacerdote, insegnante, infermiere, amico, fratello. Presto si scontra con la durezza della missione in un Paese ferito dalla guerra. Nel suo “Diario di un uomo felice”, descrive il momento più buio della sua vita: aveva sognato una strada gloriosa per la santità e ora si trovava in un buco con la paura di metter fuori il naso. E’ costretto a fuggire e nascondersi. Si sente abbandonato da Dio, pensa di impazzire, ma poi dice: “Non c’è più nulla da fare se non credere e amare. Non c’è più d’aver paura. Dio mi ha messo qui e qui rimango. Gesù mi ama e anche io lo amo”.

Si espone di nuovo. Ricomincia la sua missione, ma i guerriglieri comunisti lo catturano. Il catechista laotiano potrebbe salvare la vita, ma vuole restare con lui. Vengono uccisi. I loro corpi non saranno mai trovati. Nel suo Diario, padre Borzaga aveva scritto: “Ho capito la mia vocazione: essere un uomo felice pur nello sforzo di identificarmi con Cristo crocifisso … voglio essere come l’Eucaristia … se accetto la mia morte in unione con quella di Gesù, è proprio Gesù che io riesco a dare con le mie stesse mani ai fratelli”.








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