I frutti del Giubileo della Misericordia, il tema della laicità, le sfide per i giovani e l’Europa. E ancora, l’aspirazione di una Chiesa sinodale, la responsabilità degli operatori della comunicazione e alcuni buoni consigli per i sacerdoti. Sono i temi forti affrontati da Papa Francesco in una lunga intervista a tutto campo con il settimanale belga cattolico Tertio pubblicata oggi. Il servizio di Alessandro Gisotti:
No a laicismo che non rispetta apertura a trascendenza
L’impostazione che vuole separare la religione dalla
vita pubblica “è un’impostazione antiquata”. Papa Francesco esordisce così nella sua
intervista con il settimanale cattolico belga Tertio. Richiamandosi alla distinzione tra laicità e laicismo,
osserva dunque che uno Stato laico “è migliore di uno Stato confessionale”. Tuttavia,
aggiunge, non va bene il laicismo che “chiude le porte alla trascendenza”. Questa,
afferma, è una “eredità che ci ha lasciato l’Illuminismo”. L’apertura alla trascendenza,
sottolinea, “fa parte dell’essenza umana”, fa “parte dell’uomo”. Quindi, quando un
“sistema politico” non rispetta questo “pota, taglia la persona umana”. Per questo, “demandare alla
sacrestia qualunque atto di trascendenza” è tagliare alla “natura umana buona parte
della vita”.
Nessuna guerra in nome della religione
Il Papa risponde dunque ad una domanda sulle guerre
e il fondamentalismo religioso. Innanzitutto, ne è convinto, “nessuna religione come
tale può fomentare la guerra”, perché in questo caso “starebbe proclamando un dio
di distruzione, un dio di odio”. Francesco ribadisce che “non si può fare la guerra
in nome di Dio”, “in nome di nessuna religione”. Per questo, “il terrorismo, la guerra
non sono in relazione con la religione”. Quello che succede è che si “usano deformazioni
religiose per giustificarle”. Il Papa riconosce che “tutte le religioni hanno gruppi
fondamentalisti. Tutte. Anche noi”. Questi piccoli gruppi, soggiunge, “hanno ammalato la propria
religione” e fanno “la divisione nella comunità, che è una forma di guerra”.
L’Europa ha bisogno di leader
Francesco rivolge dunque l’attenzione al Continente
Europeo e rileva, con rammarico, che anche cento anni dopo la Prima Guerra Mondiale
siamo sempre in uno stato di conflitto mondiale, ma “a pezzetti”. Diciamo con la bocca
“Mai più la guerra”, è il suo monito, “ma intanto fabbrichiamo armi e le vendiamo”
agli stessi “che si combattono” per gli interessi dei fabbricanti d’armi. Si rimettono
in equilibrio i bilanci, aggiunge con tristezza, con le guerre e “il prezzo è molto
alto: il sangue”. Francesco annota così che oggi mancano veri leader all’Europa come
Schumann, De Gasperi e Adenauer che si impegnarono contro la guerra. “L’Europa – riprende
– ha bisogno di leader, leader che vadano avanti”.
Giubileo della Misericordia, un’idea ispirata dal Signore
Una parte importante dell’intervista è dedicata al
Giubileo della Misericordia. Francesco sottolinea che l’idea non è arrivata “di colpo”,
ma prende le mosse da quanto fatto in particolare dal Beato Paolo VI e da San Giovanni
Paolo II. Quindi ricorda come l’indizione di un Anno Santo straordinario sia nato
nella conversazione con mons. Rino Fisichella, presidente del dicastero per la Nuova
Evangelizzazione. E’ stata, sottolinea, un’idea che “viene dall’alto”, “credo che
l’ha ispirata il Signore”. Un evento, prosegue, che “evidentemente è andato molto
bene”. E sottolinea che il fatto che non si sia svolto solo a Roma, ma in tutto il
mondo “ha creato tanto movimento”. Molta gente, dice ancora, si è “sentita chiamata
a riconciliarsi con Dio”, a “sentire la carezza del Padre”. La misericordia, evidenzia
il Papa riprendendo Bonhoeffer, “è a caro prezzo
e a buon
mercato”. E’ “a buon mercato” perché “non c’è
da pagare niente”: “non si devono comprare indulgenze”. Ed è a “caro prezzo” perché
“è il dono più prezioso”. E’ preziosa, ripete ancora una volta, “perché il nome di
Dio è misericordia”.
Sinodalità: Chiesa nasce dalla comunità
Ancora, Papa Francesco si sofferma sulla sinodalità.
La Chiesa, afferma, “nasce dalla comunità”, nasce “dalla base”. Quindi, riprende,
“o c’è una Chiesa piramidale, dove quello che dice Pietro si fa, o c’è una Chiesa
sinodale, in cui Pietro è Pietro, ma accompagna la Chiesa”. L’esperienza “più ricca
di tutto questo – prosegue – sono stati gli ultimi due Sinodi” sulla famiglia da cui
è nata Amoris Laetitia. Per il Papa, “è interessante la ricchezza della varietà di sfumature, che
è propria della Chiesa. E’ unità nella diversità”. Questo, ribadisce, è “sinodalità”,
“non calare dall’alto in basso, ma ascoltare le Chiese, armonizzarle, discernere”.
Ognuno ai Sinodi, “ha detto quello che pensava senza paura di sentirsi giudicato”,
“tutti erano nell’atteggiamento di ascoltare, senza condannare”. C’è stata una discussione
“come fratelli”. C’è stata “una libertà di espressione molto grande” e “questo è bello”.
Pietro, aggiunge, “è il garante dell’unità della Chiesa” e “bisogna progredire nella
sinodalità”, una delle cose che “gli ortodossi hanno conservato”. E ai giovani, ricordando
l’esperienza della GMG di Cracovia, chiede di non avere paura, di non avere “vergogna
della fede”, di “cercare strade nuove” e di “non andare in pensione a 20 anni”.
Media: no a calunnia, diffamazione e disinformazione
Il Papa offre quindi la sua riflessione sui mezzi
di comunicazione che, sottolinea, “hanno una responsabilità molto grande” e in particolare
possono formare “una buona o una cattiva opinione”; “possono costruire”, fare un bene
“immenso”. E ribadisce che “i mezzi di comunicazione sono costruttori di una società”,
“per far pensare, per educare”. In se stessi, “sono postivi”, ma “possono diventare
dannosi” dato che tutti siamo peccatori. Francesco si sofferma su alcune tentazioni
dei mezzi di comunicazione: la tentazione della calunnia, essere usati “per calunniare,
per sporcare la gente, questo soprattutto nel mondo della politica”. Ancora, parla
della tentazione dei mass media di diventare “mezzi di diffamazione” e così si “annulla
la persona”. Quindi, mette in guardia dalla “disinformazione”, una cosa che “può fare
molto danno nei mezzi di informazione”. La disinformazione, tiene a sottolineare,
è “probabilmente il danno più grande che può fare” un mezzo di comunicazione, “perché
orienta l’opinione in una direzione, tralasciando l’altra parte della verità”. Ancora
chiede ai media di essere “molto limpidi, molto trasparenti”, senza cadere nella “malattia
della coprofilia, che è voler comunicare lo scandalo”, le “cose brutte” e così “fare
molto danno”.
Sacerdoti non abbiano vergogna della tenerezza
L’ultimo pensiero del Papa è per i sacerdoti, ai quali
chiede di amare sempre la Vergine Maria, di non sentirsi mai orfani, di lasciarsi
guardare da Gesù e di “cercare la carne sofferente di Gesù nei fratelli”. Da qui,
afferma, “viene tutto”. “I sacerdoti – è l’incoraggiamento di Francesco – non abbiano
vergogna di avere tenerezza”. “Oggi – conclude – c’è bisogno di una rivoluzione della
tenerezza in questo mondo che patisce la cardiosclerosi”.
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