2016-12-01 08:08:00

Giornata per l’abolizione della Schiavitù: crimine di antica matrice


Si celebra oggi in tutto il mondo la Giornata Internazionale per l’Abolizione della Schiavitù, ricorrenza che l’Onu ha voluto commemorare a partire dal 2 dicembre 1949. Una data simbolica in quanto fu questo il giorno in cui l’Assemblea generale ratificò la Convenzione delle Nazioni Unite per la soppressione del traffico di persone e dello sfruttamento della prostituzione. Una piaga esistente fin dall’alba dei tempi, recentemente ha assunto nuove forme come la schiavitù sessuale, il matrimonio forzato, fino allo sfruttamento del lavoro necessario per l’annullamento dei debiti, senza dimenticare il lavoro minorile. Una realtà questa che impone al mondo di vigilare con attenzione al fine di limitare ed estirpare questa pratica anacronistica per i tempi, di grande progresso scientifico e culturale, in cui ci troviamo. A spiegare oggi la schiavitù padre Giulio Albanese, missionario comboniano e direttore di 'Popoli e Missione', intervistato da Sabrina Spagnoli:

R. – I tratti fisiognomici della schiavitù moderna sono legati soprattutto a quella che è la cosiddetta globalizzazione dei mercati, col risultato che c’è tanta umanità dolente, soprattutto le giovani generazioni che vengono immolate sull’altare dell’egoismo umano. Sta di fatto che vi sono tutta una serie di questioni legate soprattutto allo sfruttamento della persona e dunque ci troviamo di fronte a una negazione della dignità della persona umana creata a immagine e somiglianza di Dio.

D. – La Carta dei diritti dell’uomo vieta la tratta di esseri umani ma lo sfruttamento genera comunque un giro di affari illegale di proporzioni enormi. Si parla, infatti, solo nel 2015 di 150 miliardi di dollari…

R. – La questione mercantile in una società globalizzata dove a dettare le regole del gioco è il dio denaro, purtroppo questo poi è il risultato. Anche se dobbiamo tener presente che i contesti sono variegati perché un conto è parlare della Mauritania dove il fenomeno ha una matrice ancestrale. E la verità è che ci sono alcune categorie che sperimentano questo tipo di esclusione sociale ma ci sono altre realtà dove, per esempio, i minori delle popolazioni nilotiche, spesso, sia in passato come ancora oggi vengono ridotti in schiavitù per rispondere a quello che è il dictat dell’interesse, dei padroni di tradizione islamica. E ancora non dimentichiamo che spesso i minori diventano davvero carne da macello quando si tratta dell’ignobile traffico di organi. Insomma tutte queste sono situazioni rispetto alle quali indubbiamente la comunità internazionale non dovrebbe stare alla finestra a guardare: uso il condizionale perché purtroppo il diritto dei popoli e il diritto internazionale spesso, rispetto alla questione della schiavitù, non trova una felice applicazione.

D. – Lei ha accennato già alla Mauritania ma quali sono i Paesi ad oggi con la più alta percentuale di schiavismo?

R. – Il fenomeno dello schiavismo innanzitutto riguarda le cosiddette periferie del mondo, in modo direi proprio lapalissiano. Il Sudan da questo punto di vista… Però ci sono anche altri Paesi, l’Africa mi viene in mente, il Benin mi viene in mente, anche lo stesso Mali, dove ci sono situazioni di schiavitù, per cui l’esclusione sociale è tale che vi è un vero e proprio stato di sudditanza. La libertà, in sostanza, è negata però ci sono anche altre situazioni. Pensiamo, per esempio, ad alcuni Paesi Arabi dove purtroppo chi è straniero vive in condizioni spesso disumane, costretto a lavorare da mattina a sera. Il denaro da parte del padrone viene erogato in circostanze direi molto particolari, per cui tante volte ci troviamo di fronte a persone che, come dire, sbarcano il lunario in condizioni penose. Direi anche un’altra cosa, che purtroppo il fenomeno dello schiavismo oggi, soprattutto in riferimento all’Africa subsahariana, è legato anche ad alcuni scenari bellici. Non fosse altro perché l’utilizzo dei minori è qualcosa che in una maniera o nell’altra determina delle situazioni davvero irreversibili. Ci troviamo di fronte a persone a cui sono stati negati i diritti fondamentali.

D. – Secondo lei quali dovrebbero essere gli strumenti legali che gli Stati dovrebbero attuare per eradicare questa piaga?

R. – Servirebbe soprattutto maggiore coerenza. Il problema di fondo qual è? Che quando si tratta di stabilire relazioni commerciali con questo o quel Paese non ci si fa scrupolo di sorta. Quando si tratta di affermare l’agenda dei diritti umani, questa finisce sempre nel dimenticatoio, è il fanalino di coda. E’ questa davvero la vexata e tormentata quaestio: il primato dell’economia su tutto il resto.

 

 








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