2016-11-24 19:00:00

Papa: quando comandano in pochi e i soldi, la gente sta male


Siamo fatti per stare con gli altri, la possibilità di farci male “non sta nell’incontro ma nella chiusura e nel rifiuto” di un malato, di un immigrato, di un povero. Così il Papa nel videomessaggio per la sesta edizione del Festival della Dottrina sociale della Chiesa, in corso fino a domenica a Verona e dedicato al tema: “In mezzo alla gente”. Il Pontefice spiega che solo stando col prossimo, partendo “dal basso”, si possono aiutare gli ultimi, comprendendo che il bene è più forte del male. Il servizio di Giada Aquilino:

Siamo fatti per vivere con gli altri
Stare con gli altri, in “qualsiasi situazione” essi si trovino, diventando “capaci di non escludere nessuno”. È l’auspicio di Papa Francesco ai partecipanti al Festival della Dottrina sociale della Chiesa, in cui il Pontefice riflette sullo stare insieme, chiarendo che “i ruoli che ognuno svolge all’interno delle dinamiche sociali non possono mai essere isolati o assolutizzati” perché “siamo fatti per stare con gli altri”:

“Quando il popolo è separato da chi comanda, quando si fanno scelte in forza del potere e non della condivisione popolare, quando chi comanda è più importante del popolo e le decisioni sono prese da pochi, o sono anonime, o sono dettate sempre da emergenze vere o presunte, allora l’armonia sociale è messa in pericolo con gravi conseguenze per la gente: aumenta la povertà, è messa a repentaglio la pace, comandano i soldi e la gente sta male. Stare in mezzo alla gente quindi fa bene non solo alla vita dei singoli ma è un bene per tutti”.

Ci facciamo male se scegliamo isolamento e chiusura
Ognuno di noi, ricorda Francesco, è “parte di un popolo”: la vita concreta è possibile perché non è la “somma di tante individualità” bensì “l’articolazione di tante persone che concorrono alla costituzione del bene comune”. Essere insieme quindi aiuta a “vedere l’insieme”:

"E’ l’isolamento che fa male non la condivisione. L’isolamento sviluppa paura e diffidenza e impedisce di godere della fraternità. Bisogna proprio dirci che si corrono più rischi quando ci isoliamo di quando ci apriamo all’altro: la possibilità di farci male non sta nell’incontro ma nella chiusura e nel rifiuto”.

Farsi carico di poveri, malati, migranti
Quando - prosegue - ci prendiamo cura dell’altro, facendocene “carico” nel caso di un ammalato, un anziano, un immigrato, un povero, un disoccupato, “ci complichiamo meno la vita di quando siamo concentrati solo su noi stessi”. Lo stare in mezzo alla gente, aggiunge il Papa, significa anche lasciarci incontrare, perché “abbiamo bisogno di essere guardati, chiamati, toccati, interpellati” dagli altri per poter essere “resi partecipi” di tutto ciò che “solo” il prossimo può darci:

“La relazione chiede questo scambio tra persone: l’esperienza ci dice che di solito dagli altri riceviamo di più di quanto diamo. Tra la nostra gente c’è un’autentica ricchezza umana. Sono innumerevoli le storie di solidarietà, di aiuto, di sostegno che si vivono nelle nostre famiglie e nelle nostre comunità”.

Il bene è più forte del male
È impressionante, osserva ancora il Pontefice, come alcune persone vivano “con dignità la ristrettezza economica, il dolore, il lavoro duro, la prova”:

“Incontrando queste persone tocchi con mano la loro grandezza e ricevi quasi una luce per cui diventa chiaro che si può coltivare una speranza per il futuro; si può credere che il bene è più forte del male perché ci sono loro”.

Partire dal basso e ascoltare gli ultimi
Stare in mezzo alla gente, mette in luce Francesco, evidenzia la “pluralità di colori, culture, razze e religioni”, perché è la gente che fa “toccare con mano” la ricchezza e la bellezza della diversità.

“Solo con una grande violenza si potrebbe ridurre la varietà e uniformità, la pluralità di pensieri e di azioni ad un unico modo di fare e di pensare. Quando si sta con la gente si tocca l’umanità: non c’è mai solo la testa, c’è sempre anche il cuore, c’è più concretezza e meno ideologia. Per risolvere i problemi della gente bisogna partire dal basso, sporcarci la mani, avere coraggio, ascoltare gli ultimi”.

L’insegnamento dei fatti
È solo stando in mezzo alla gente, poi, che si ha accesso “all’insegnamento dei fatti”, spiega Francesco raccontando della morte di una ragazza di 19 anni. Ai funerali, c’era un dolore immenso, ma non disperazione: c’era la percezione di una certa “serenità” nei presenti, soprattutto nella madre, certa di aver ricevuto la “grazia” di tale serenità:

“La vita quotidiana è intessuta di questi fatti che segnano la nostra esistenza: essi non perdono mai efficacia anche se non entrano a far parte dei titoli dei quotidiani. Succede proprio così: senza discorsi o spiegazioni si capisce cosa nella vita vale o non vale”.

L’esempio della Vergine Maria
L’invito conclusivo è a guardare Maria per trovare il modo migliore di stare in mezzo alla gente: la Vergine nella sua umiltà “non è mai al centro della scena ma è una presenza costante” e, grazie a Lei, possiamo percorrere “tutti i sentieri dell’umano senza paure e pregiudizi”.








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