2016-11-22 16:03:00

Lo Presti: nuoce una campagna referendaria sempre più aspra


A due settimane dal voto referendario lo scontro tra i sostenitori del Sì e quelli del No si fa ancora più acceso. In particolare entra a gamba tesa nella campagna Beppe Grillo, mentre sui 5 stelle incombe il caso delle firme false a Palermo. Renzi passa all’attacco chiedendo le dimissioni dei vertici del Movimento e prosegue la sua battaglia in Toscana e in Emilia, regioni – dice - decisive per la vittoria del Sì.Troppi allarmismi possono influire sull’esito del voto, denuncia intanto l’euro-parlamentare Cofferati, mentre il presidente di Confindustria Boccia pensa che a livello internazionale si stia un po’ troppo speculando sulla questione italiana. Adriana Masotti ha chiesto un commento sui toni della campagna referendaria in corso al politologo Alberto Lo Presti, docente di Teoria politica ed Etica sociale all’Istituto Sophia di Loppiano, nonché docente di Dottrina sociale della Chiesa all’Istituto superiore di Scienze religiose Mater Ecclesiae dell’Angelicum di Roma:

R. – Credo che questa sia stata per molti l’opportunità di far valere tutta la propria insoddisfazione per delle circostanze economiche, sociali che ci vedono affaticati. E dunque, il referendum è stato l’occasione per tornare a contenderci il sistema-Italia così come l’abbiamo conosciuto nel passato. Cioè abbiamo sempre vissuto sotto una cappa ideologica che ci portava a schierati in fazioni tra Guelfi e Ghibellini. Ritorna di moda lo slogan “Votare sì, turandosi il naso”, che era quanto diceva Indro Montanelli a proposito della Dc per fermare il pericolo comunista. Dunque, sotto l’influsso ancora di qualche residuo ideologico, stiamo cavalcando una campagna politica dai toni veramente, veramente esagerati. A me quello che preoccupa è il “dopo”, perché comunque andranno le cose ci sarà da costruire: dovesse vincere il “sì”, bisognerà fare in modo che il percorso di attuazione delle prescrizioni referendarie possa fare da casa comune, istituzionale anche a quelli che fra due settimane si esprimeranno per il “no”. Dovesse vincere il “no”, bisognerà comunque effettuare qualche tentativo di tornare a tentare le riforme, e questo sarà possibile farlo solo a patto che non si sia demonizzato l’avversario. Ecco perché credo che tutto questo clima avvelenato non faccia bene a nessuno e non faccia bene al Paese. E se proprio volessimo trovarci comunque qualche elemento positivo, bè, potremmo dire che dopo molto tempo in cui abbiamo denunciato la disaffezione e l’apatia degli italiani nei riguardi della politica, oggi almeno questa passione sembra ritornata.

 

D. – C’è, poi, l’altra questione: anche dall’esterno si fa un po’ campagna elettorale. L’Europa più volte è intervenuta, in qualche modo caldeggiando il “sì” a questo referendum. Non è un po’ troppo? E non potrebbe, questo, rischiare anche di influire sul voto, per il “sì” o per il “no”, a seconda di come uno si pone nei confronti dell’Europa?

 

R. – Viviamo in un ambiente che ormai ha delle dimensioni planetarie assai consistenti. Come abbiamo partecipato nel caso della Brexit, come abbiamo partecipato per Trump e la Clinton: non c’è nessuna ingerenza, di per sé, c’è una mondializzazione dei rapporti politici per cui ognuno di noi sente che il proprio destino personale dipende più dalla scelta del presidente degli Stati Uniti d’America, che dal proprio assessore al bilancio della Regione, che magari neanche conosciamo. Io credo che non possiamo impedire che dal mondo internazionale ci siano aspettative sul nostro sistema-Italia. E poi credo anche che il mondo internazionale abbia il polso di una situazione che a noi, magari, sfugge. C’è una collocazione del nostro Paese in un divenire che è sempre più globale e planetario. Però, è pure vero che questo non è detto che influisca favorevolmente per il “sì” o per il “no”: tanta è l’avversione per l’Europa e per i grandi gruppi finanziari che la cultura italiana respira, che forse questi tentativi di ingerenza potrebbero sortire l’effetto contrario. Dunque, stiamo tranquilli che – anche in questo caso – non c’è nessun requisito democratico che rischia per l’autodeterminazione del popolo italiano.

 

D. – Possiamo solo augurarci che questi ultimi giorni servano a chiarirci le idee sul contenuto, sul merito della riforma?

 

R. – Forse oggi davvero dovrebbero calmarsi le acque per cercare semplicemente di portare chi è indeciso a votare. Ecco: io questo – mi sentirei di dire – dovrebbe essere un obiettivo comune. E lo si vince solo con la chiarezza. Non lo so se è possibile spostare voti … però, forse, lo sforzo che dovremmo fare è proprio quello di avere una grande, bella partecipazione a questo momento referendario.








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