2016-11-17 07:47:00

Tagle: chiude la Porta Santa, ma il cuore di Gesù è sempre aperto


“Ho imparato dagli ultimi. La mia vita, le mie speranze”. E’ il titolo del libro autobiografico del cardinale Luis Antonio Tagle, edito da Emi, che verrà presentato oggi alle 17 nelle sede di Civiltà Cattolica. Dopo l’introduzione del direttore della rivista dei Gesuiti, padre Antonio Spadaro, il direttore di Tv2000 Paolo Ruffini intervisterà lo stesso porporato filippino. Alessandro Gisotti ha incontrato il cardinale Luis Antonio Tagle ad una riunione di Caritas Internationalis, di cui è presidente, e gli ha chiesto qual è l’insegnamento più grande che gli hanno donato i poveri e quali frutti si raccoglieranno da questo Anno Santo della Misericordia:

R. – Questa cosa è un regalo, per me, un dono: di scoprire dopo tanti anni come studente, come prete, come vescovo o come cardinale, ho imparato non solo dai libri, dagli autori, non solo dalle esperienze, ma dagli ultimi. Specialmente nell’ambito della fede, di una fede che non ha ragione per credere, la speranza, la fortezza dello spirito di resistere; il dubbio, la disperazione … e anche la generosità, l’amore, la capacità di pensare agli altri, anche quando sono bisognoso … Queste cose sono lezioni della vita umana e cristiana. Ho imparato dagli ultimi.

D. – Il Giubileo della Misericordia sta finendo. Quali sono, secondo lei, i frutti che poi si vedranno pian piano crescere, in futuro, da questo Giubileo?

R. – La Porta Santa chiude. Però il cuore del Signore non si chiude mai. Per me, questa è la grazia dell’Anno di Misericordia: di vedere il cuore di Gesù sempre aperto. ll cuore di Gesù è la via per incontrare i poveri e i poveri sono anche le vie per incontrare Gesù. Questa è una spiritualità, ma non è una spiritualità scritta, espressa solamente in una devozione, ma è una spiritualità che si sperimenta nella vita quotidiana, con gli occhi della fede aperti. Camminiamo con Gesù verso i poveri e camminiamo con i poveri verso Gesù. Per me, questo è il risultato desiderato dell’Anno della Misericordia.

D. – Come presidente della Caritas Internationalis, è spesso in viaggio per andare vicino alle persone che soffrono. Ultimamente è stato tra i terremotati, proprio qui, nel Centro Italia. Che esperienza è stata, per lei?

R. – Dai campi profughi in Grecia e in Libano ai centri dei detenuti immigranti illegali in Libano, dalle vittime del terremoto anche in Giappone e finalmente qui, a Norcia, ho visto la stessa cosa: c’è un volto della sofferenza comune, dappertutto. Però anche volti unici nei vari luoghi. Per me, non basta per un vescovo o un operatore pastorale o per la Caritas, vedere le sofferenze. Le sofferenze ci sono e dobbiamo rispondere adeguatamente. Per me è una missione, anche, della Caritas vedere segni di speranza. Segni di speranza, per esempio, a Norcia: una donna incaricata di una cappella di una frazione della città di Norcia, mi ha detto: “Sono molto triste perché la nostra cappella è parzialmente distrutta; una cappella della memoria e della fede … Ma ho una speranza: che i giovani, i giovani sempre apprezzino le loro eredità culturali e spirituali". L’edificio è crollato, ma la speranza rimane, non solo per il presente ma anche per il futuro. Ricostruire la vita, la speranza e la fede nei giovani è così bello!








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