2016-11-15 15:48:00

Convegno a Parigi di Unesco e Focolari: il messaggio del Papa


Vent’anni fa, il 17 dicembre 1996, Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari, riceveva a Parigi il Premio Unesco “Per l’educazione alla pace”. Nella motivazione si sottolineava l’azione intrapresa dal Movimento nel “gettare ponti tra le persone e i popoli”. Oggi, sempre a Parigi, si ricorda quell’evento con un Convegno, promosso dai Focolari insieme alla Direzione Generale dell'Unesco e all'Osservatore Permanente della Santa Sede, che ha per titolo “Reinventare la pace” e che intende testimoniare l’impegno attuale per l’unità.

Ai partecipanti al Convegno è giunto un messaggio del Papa:Il Movimento dei Focolari, creato da Chiara Lubich, - scrive Francesco - non ha cessato di operare, insieme certamente ad altre associazioni e in collaborazione con l’Unesco, per la pace, la riconciliazione, l’amicizia fra i popoli e fra i membri delle diverse religioni. (…) Incoraggio tutti i partecipanti a questa manifestazione - continua il Papa - “a ricercare e sviluppare i mezzi efficaci per “reinventare” una pace che sia frutto di uno sviluppo integrale di tutti e di una presa di coscienza effettiva di una comunità universale fondata sul rispetto, l’ascolto, l’attenzione ai bisogni di ciascuno, la giustizia, il dialogo e la condivisione”.

Alla manifestazione ha inviato il suo saluto più cordiale e l’augurio di un proficuo lavoro, anche il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. “La pace passa dalla fine delle guerre e delle violenze, dal ripudio del terrorismo e di ogni fanatismo. E si nutre anche di giustizia sociale, di rispetto delle differenze, di salvaguardia dell’ambiente, di cooperazione tra gli Stati, di dialogo interreligioso, di un’economia che non escluda bensì faccia crescere le opportunità, soprattutto di chi oggi soffre per le vecchie e nuove povertà. La pace ci sfida al cambiamento - conclude Mattarella -richiede un rinnovato spirito di dialogo e di fraternità, e sollecita la coscienza di ciascuno di noi, ci spinge ad esserne testimoni e anticipatori”.

Ma qual era la visione del mondo che la Lubich aveva in cuore e per la quale ha vissuto? Adriana Masotti lo ha chiesto a Rita Moussallem, teologa libanese, corresponsabile del Centro Internazionale del Dialogo interreligioso dei Focolari:

R. – Chiara Lubich da sempre ha avuto questa grande passione di fare dell’umanità una famiglia e cioè la passione della fraternità universale; ma anche quella di rispondere alla preghiera di Gesù: “Padre che tutti siano uno”. Tutta la sua vita ha lavorato per questo e ce lo ha anche lasciato come una grande consegna: lavorare per la fraternità universale, collaborare con tutti, con la Chiesa per fare un modo più unito, più fraterno, più vivibile, più bello. Per questo Chiara aveva dato come linea il dialogo, il dialogo che richiede un grande superamento di se stessi, che richiede anche sacrificio, che richiede di perdonare, che richiede fiducia.

D. – Ed oggi il Movimento, nel ricordare vuole anche presentare le idee, i metodi, le pratiche che ha messo in atto in diverse parti del mondo. Ecco, costruire la pace vuole dire anche confrontarsi con un tipo di economia, di giustizia ecc…

R. – Vuol dire parlare della pace che entra anche nel nostro modo di impostare l’educazione, educare le persone ad una cultura della pace, a vari livelli: accettare il diverso, convivere con l’altro in modo pacifico. Poi si passa - ad esempio - al mondo del diritto e quindi mettere in primo piano il bene degli altri e non l’interesse, ad un’economia basata sulla condivisione... L’ecologia: come possiamo noi pensare alla fraternità se non custodiamo il Creato? Si tratta quasi di un capovolgimento di mentalità a vari livelli e in vari ambiti, cominciando dal livello individuale per arrivare a quello collettivo e per arrivare poi a quello mondiale.

D. – Questi potrebbero sembrare dei grandi ideali, dei grandi propositi. Ma abbiamo dei fatti concreti che ci dicono che funziona questo mettersi in dialogo?

R. – Certamente! Abbiamo anche esposto molte buone pratiche, molte testimonianze in varie parti del mondo, in Egitto, in Africa, in Burkina Faso, e in America Latina, per dire che non si tratta di pensiero o di ideali, ma si tratta veramente di una vita che viene tessuta e fatta con questo animo che guarda all’umanità intera.

D. – Indubbiamente uno dei dialoghi più importanti è quello proprio tra le religioni…

R. – Sì. Se negli ultimi due decenni, soprattutto in Occidente, la religione era più riservata all’ambito privato, oggi vediamo che diventa sempre più protagonista nell’ambito pubblico. E questo non senza, però una grande ambiguità. Vediamo anche come la religione venga tanto strumentalizzata, strumentalizzata dal potere politico, economico, mediatico. E certamente sfruttando anche terreni molto fragili, fragili per la carenza di educazione, fragili per la povertà… In questo scenario o puntiamo al dialogo e quindi all’incontro con l’altro – come Papa Francesco anche ama tanto dire – oppure arriviamo allo scontro. Da varie parti vediamo che ci sono tante persone che vogliono, che vivono e che danno anche la vita per il dialogo. E non solo cristiani, ma anche musulmani, ebrei, buddhisti, indù.

D. – Domenica scorsa a Parigi si sono ricordati gli attentati. Che effetto fa riunirsi e parlare di dialogo e di pace proprio a Parigi?

R. – Forse è ancora di più una risposta, una risposta che vuol dire che non ci si lascia prendere dalla paura. Questo evento è anche un segno in questo momento e in questo luogo: un segno che la pace è più forte, che la speranza è più grande.

 

 








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