2016-11-14 13:19:00

Trump: fuori dagli Usa 3 milioni di migranti che hanno commesso reati


Tre milioni. Sono i “criminali, pregiudicati, membri di gang, trafficanti di droga” tra gli immigrati giunti illegalmente negli Stati Uniti, perlopiù latinoamericani, che il neo eletto Presidente Donald Trump ha annunciato di voler espellere dal Paese o mettere in carcere non appena si sarà insediato alla Casa Bianca, il prossimo 20 gennaio. In campagna elettorale aveva parlato di 11 milioni di espulsioni. Mentre inizia a comporsi la squadra di governo, con il capo di gabinetto che sarà Reince Priebus, attuale presidente del partito repubblicano, e Stephen Bannon, al vertice della campagna elettorale del tycoon, che sarà nominato consigliere del Presidente e capo della strategia politica nazionale e internazionale, Trump nella sua prima intervista ufficiale come Presidente eletto, alla Cbs, ha ribadito la necessità di un muro lungo i 3mila km di frontiera con il Messico, per fermare l’immigrazione irregolare. Ha comunque ammesso che tale barriera non sarà sempre tecnicamente realizzabile. Ma chi sono i migranti che arrivano negli Usa? Giada Aquilino lo ha chiesto a Maurizio Ambrosini, docente di Sociologia delle migrazioni all’Università degli studi di Milano e direttore della rivista “Mondi Migranti”:

R. – Gli immigrati irregolari che risiedono negli Stati Uniti sono stimati intorno agli undici milioni. Sono leggermente diminuiti soprattutto a motivo della crisi economica – erano arrivati intorno ai dodici milioni – ma rappresentano pur sempre la maggioranza dei messicani che oggi vivono gli Stati Uniti. Un milione sono minori. Molti sono studenti, arrivano alla maggiore età e improvvisamente scoprono di dover imparare a vivere da irregolari. Obama aveva fatto uno sforzo in particolare per regolarizzare questi ragazzi al passaggio della maggiore età. La “Immigration reform” più ampia del Presidente Obama puntava a far entrare nella regolarità i residenti ormai da anni, a volte da decenni: l’immigrazione irregolare è una “irregolarità” che non si sana mai. Va anche detto, però, che la presidenza Obama ha deportato molti immigrati irregolari – 300mila, fino 400mila all’anno – ma negli ultimi tempi aveva cambiato linea vedendo che non serviva: molti deportati rientrano.

D. – Come rientrano?

R. – Il confine tra Stati Uniti e Messico è lunghissimo: molti di questi migranti sono messicani o di altri Paesi dell’America centrale. Attraversare il confine a piedi, attraversare il deserto, è solo uno dei modi: si può entrare con un visto turistico; per cure mediche; per andare a far visita ai familiari che risiedono oltre la frontiera. Si stima che più della metà dei messicani abbia un parente oltre la frontiera: e non si possono impedire gli incontri di famiglia al di là della frontiera. Quindi una persona entra con un permesso di qualche tipo e poi rimane.

D. – Lei ha citato un termine riferibile anche all’amministrazione Obama: “deportare”. Lo ha ripetuto pure Donald Trump. Cosa significa nei fatti?

R. – Le deportazioni appunto non le ha inventate Trump e neanche il muro. Il muro hanno cominciato a costruirlo all’epoca delle Torri Gemelle, quando improvvisamente l’America si è sentita insicura. Sui tremila chilometri di confine con il Messico, più di mille sono vigilati da un qualche tipo di barriera, muro, confine attrezzato o rete metallica. Ecco: “deportare” vuol dire che gli immigrati che vengono sorpresi senza avere i documenti in regola vengono invitati o a lasciare spontaneamente il Paese oppure a seguire una procedura in cui possono anche ricorrere contro l’espulsione, ma rischiano poi dieci anni di veto per il rientro negli Stati Uniti. Gran parte delle espulsioni vengono attuate in pullman: sono certamente meno complicate di quelle che invece attua l’Europa. Con tutto ciò, ci sono 560mila casi pendenti di fronte alle corti degli Stati Uniti, perché molti immigrati irregolari si ribellano, si oppongono all’espulsione. Esistono delle garanzie legali – appunto il diritto di appello – che valgono anche per gli immigrati irregolari.

D. – Al di là di chi pagherà il muro tra Usa e Messico – una questione emersa durante la campagna elettorale – Trump ha ribadito la necessità di questa barriera ma ha ammesso che non sarà sempre tecnicamente realizzabile. Che cosa si può prevedere?

R. – Leggevo recentemente che tutt’ora nell’agricoltura del sud degli Stati Uniti più della metà della manodopera è fornita da immigrati in condizione irregolare. Quindi Trump mette in evidenza un simbolismo, il muro, vuole far vedere ai suoi elettori che usa il pugno duro nei confronti degli immigrati irregolari; poi, tendo a pensare che anche lui dovrà venire a patti con la realtà e non esercitare controlli assai antipatici nei confronti delle famiglie statunitensi che hanno colf immigrate non regolari; dei potenti datori di lavoro agricoli che fanno funzionare le loro colture grazie al lavoro di immigrati irregolari; e di tutti gli altri settori che nel sud degli Stati Uniti prosperano grazie al lavoro dei messicani in condizione irregolare.








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