2016-11-12 13:33:00

Nassiriya, Mattarella: onoriamo memoria caduti per la pace


Nell'anniversario del tragico attentato terroristico di Nassirya, dove 13 anni fa persero la vita 28 militari, di cui 19 italiani, coinvolti nella missione internazionale di pace durante il conflitto in Iraq, si celebra oggi la Giornata del ricordo dei caduti nelle missioni di pace. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha inviato per l'occasione un messaggio al ministro della Difesa Roberta Pinotti, in cui esprime "l'affettuosa vicinanza, insieme al Pese intero, ai familiari dei caduti e al loro dolore" e il rispetto per "l'estremo sacrificio offerto dagli uomini e dalle donne di cui in questa Gironata onoriamo la memoria". Il servizio di Francesco Gnagni:

“Rinnovo il mio commosso e deferente pensiero alla memoria di tutti coloro che, animati da altissimo senso del dovere, hanno visto sacrificata la propria vita al servizio dell’Italia e della comunità internazionale”. Con queste parole, rivolte al ministro della difesa Pinotti, il capo dello Stato Mattarella commemora il tredicesimo anniversario degli attentati di Nassiriya. “I militari e i civili che operano con valore e generosità nelle più travagliate e rischiose regioni del mondo, per la speranza di un futuro migliore, sono espressione autentica di un Paese coeso e pronto ad offrire con generosità il proprio contributo” conclude Mattarella.

Oggi infatti l’Italia è impegnata in 28 missioni su 19 Paesi, tra cui Libano, Afghanistan, Libia, Kosovo. Considerando inoltre l’impegno delle forze italiane nel Mediterraneo, con le operazioni Triton, promossa dall’agenzia europea Frontex, e Sophia, avviata nel maggio scorso dal Consiglio Affari Esteri dell'Unione Europea. Il tutto per un impiego totale di circa 6 mila persone, e di una spesa, stando ai dati di maggio 2016, di 826 milioni di euro. Ne abbiamo parlato con il generale di brigata di cavalleria, oggi in congedo, Luigi Caligaris:

R. – Nassirya è il primo caso in assoluto, poi ci sono stati altri casi di perdite di soldati italiani che hanno dimostrato la capacità di riuscire ad impiegare le nostre forze sul campo con altrettanta professionalità e serietà rispetto altri Paesi. Bisogna dire che in passato qualche incertezza sull’impiego dei soldati italiani all’estero era presente; adesso questo non accade assolutamente più. L’Italia riesce in questo modo a dare un suo contributo importante nel campo della sicurezza internazionale e in particolare nel campo del Mediterraneo che è casa nostra.

 

Sulle missioni di pace all'estero sentiamo, al microfono di Adriana Masotti, don Paolo Villa, vicario episcopale per l'Esercito italiano:

R. – Credo che sia opportuno, da parte mia, per il ruolo che ho, sottolineare in maniera abbastanza marcata ed evidente quanto l’impegno di questi nostri amici sia quello esattamente di essere portatori di un messaggio e portatori di una capacità, laddove operano, di rendere possibile in queste popolazioni, una risposta operativa positiva per rendersi il più possibile autonome. L’intervento ha sempre questo scopo di aiuto umanitario, attraverso una dimensione protettiva, per ovvie ragioni.

D. – Il presidente Sergio Mattarella, in un messaggio, ha parlato di generosità da parte di militari e civili. Lei, sicuramente, ha conosciuto tanti di questi uomini e donne…

R. – Io ricordo che nel 2002 feci il primo Natale a Kabul, in Afghanistan: posso dire che il rapporto con la popolazione è sempre stato attento e molto, molto discreto nei confronti della cultura e delle sensibilità, per poter portare loro un discorso che è tipicamente umano: quello del bene dell’uomo. Quindi la valutazione è molto positiva. Vedere gli occhi delle persone, dei bambini, degli anziani, degli adulti per gli strumenti che venivano offerti loro - dallo scavare il pozzo per l’acqua al vaccinare gli animali; vedere gli occhi pieni di gioia e di lacrime insieme, dice che vi è un rapporto umano che va al di là della differenza.

D. – Possiamo considerare missione anche l’azione di salvataggio, che avviene cosi di frequente nel Mar Mediterraneo, riguardo agli immigrati?

R. – Questa è una grande pagina della capacità di fraternità e di attenzione agli altri dei nostri uomini in divisa. In particolare penso alla Capitaneria di Porto, alla Marina e alla Guardia di Finanza che sono quelli maggiormente impegnati in questo tipo di operazione: certo, credo che non ci sia soltanto lo sforzo oggettivo nel compiere i salvataggi, ma qualche volta c’è anche la fatica nel vedere la disperazione, la tragedia… E’ qualcosa che rende i nostri uomini veramente grandi!

D – Che cosa dire oggi, cosa direbbe lei alle famiglie italiane dei caduti in queste missioni all’estero e a quelle che hanno tutt’ora familiari impegnati nei vari scenari?

R – Il primo aspetto che è da sottolineare è quello della capacità di queste persone di essere vicine ai loro congiunti in divisa che stanno lontani; e la loro vicinanza è una vicinanza altrettanto eroica e faticosa di coloro che sono, in questo momento, in un teatro operativo. Alle famiglie, che ricordano e riguardano al loro passato, ai loro familiari che in questo momento non sono più visibilmente presenti in mezzo a noi, certo l’amarezza non può essere cancellata, il dolore non può essere eliminato: a loro si può dire di avere nel cuore non soltanto il ricordo di una persona amata che ha fatto quello che ha fatto servendo lo Stato; ma certamente ricordare in queste persone, persone che sono state capaci di spendersi e di dare il loro contributo, addirittura con la vita, per ciò che a loro è stato chiesto. Tanti genitori, tanti familiari: uno li guarda e può dire una buona parola, ma certo questa buona parola non può cancellare il dolore.








All the contents on this site are copyrighted ©.