2016-11-07 13:45:00

Crescono anche in Italia i 'ragazzi fantasma', soli e isolati dalla società


Tra i giovani che non studiano e che non lavorano, cresce in maniera sempre più preoccupante anche in Italia il fenomeno dei cosiddetti 'ragazzi fantasma': si parla di almeno 100 mila ragazzi scoraggiati che si chiudono in camera, scollegandosi dal mondo esterno e rivolgendosi a Internet come unico interlocutore quotidiano. Sono principalmente maschi, schiacciati dalle regole del successo e dell’apparenza, che abbandonano la scuola prima di finire gli studi. Francesco Gnagni ne ha parlato con il professor Matteo Lancini, psicologo e psicoterapeuta, presidente della Fondazione Minotauro e dell’AGIPPsA (Associazione Gruppi Italiani di Psicoterapia Psicoanalitica dell’Adolescenza):

R. – Sono ragazzi che noi incontriamo ormai da quindici anni: prevalentemente maschi che, nel passaggio dalle scuole medie alle superiori, si ritirano dalla scuola e poi dalla società e si rinchiudono in camera. Ragazzi peraltro con quozienti intellettivi del tutto normali, molto intelligenti, e che spesso sono andati benissimo a scuola fino a quel momento.

D. – Guardando il fenomeno con un approccio di tipo psicologico, i problemi dove nascono principalmente: prima in famiglia, in società?

R. – La questione è complicata. È chiaro che certi nuovi modelli educativi hanno comportato nuove modalità di affrontare l’adolescenza. Quello che abbiamo visto è che comunque la problematica principale riguarda la relazione con i coetanei: lo sguardo di ritorno dei coetanei è quello che fa da detonatore, da fattore precipitante rispetto ad altre fragilità, che spinge cioè a ritirarsi in casa. L’altra vicenda che abbiamo scoperto è che - visto che ovviamente non sappiamo se il ritiro sociale ci sarebbe stato senza Internet - non è vero, come molti sostengono, che sia Internet a catturare questi ragazzi. Nascono delle altre problematiche che riguardano certamente la mentalizzazione del corpo, la difficoltà a separarsi dalla famiglia, una difficoltà a competere in una società molto competitiva, tutta all’insegna della popolarità e della bellezza; per cui questi ragazzi a un certo punto si ritirano in casa e alcuni di loro – molti di loro – utilizzano poi internet come unica area dove mantenere in vita, a volte, dei rapporti. Va anche detto che i ritirati sociali più gravi, almeno quelli che ho incontrato io, non utilizzano internet: quindi internet non è la causa della disconnessione dalla realtà, ma è qualcosa che questi ragazzi utilizzano disperatamente per mantenere un contatto con la realtà.

D. – Ci sono alcuni settori dove nascono in modo particolare queste patologie?

R. – Certamente l’ambiente che primo segnala questi aspetti, cioè il primo segnale, è il ritiro dalla scuola, perché appunto per questi ragazzi quello scolastico è l’unico ambiente obbligatorio, dove frequentare i coetanei, e dentro le dinamiche delle classi si mal tollera il giudizio degli altri. Anche quando si è interrogati e un’interrogazione non va bene, questi ragazzi ci hanno ben spiegato che la problematica principale è la figura che si fa davanti ai coetanei. Questo è uno degli aspetti che, secondo me, andranno molto sfatati. Cioè, tenere conto che adesso abbiamo uno strapotere orientativo dei coetanei, e un fatto che molto mi colpisce - e sul quale sto anche scrivendo un libro - è come mai questi ragazzi, che potenzialmente sono tra i migliori studenti, poi a scuola non ci vanno. Come se anche la scuola fosse ormai diventata un luogo, una vetrina dove se si ha successo, popolarità si può stare, altrimenti è meglio ritirarsi in casa.

D. – Quale consiglio può dar loro, per far sì che questi ragazzi possano in qualche modo ritrovare il sorriso?

R. – Il nostro lavoro ha molto a che fare con il coinvolgimento dei genitori. Un primo aspetto su cui lavoriamo – l’ho già detto prima – è quello di non togliere immediatamente internet, perché è anzi un modo per rimanere in contatto; e poi, piano piano, cercare di ragionare sulle vere ragioni che spingono a non riuscire a varcare la soglia di scuola, a uscire. E questo è un lavoro che di volta in volta va fatto ovviamente con il ragazzo, poi con la rappresentazione che ha del suo corpo, di se stesso, le sue fragilità, i suoi ideali che molte volte sono crudeli e che lo spingono a sentire di dovere eccellere; e poi un lavoro fatto parallelamente con il padre e la madre, che da questo punto di vista svolgono una funzione fondamentale.








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