2016-11-02 14:22:00

Vice priore di San Benedetto: ripartire da Cristo non dalle macerie


Nelle aree colpite dal sisma nel Centro Italia sono 200mila le abitazioni lesionate e circa 22mila gli sfollati assistiti. “Vogliamo restare ed alimentare nuove vocazioni”, ha detto padre Benedetto Nivakoff, vice-direttore dell'abbazia benedettina di Norcia, intervistato da Marco Guerra:

R.- La speranza riparte sempre da Cristo, non dalle macerie ma dalle fondamenta spirituali. La vita monastica, come conseguenza anche la vita per tutti, deve essere fondata sul percorso per il paradiso, sul cammino spirituale… Non è che gli edifici non sono importanti, anzi sono importantissimi, però momenti come questi ci fanno ricordare cosa è più importante.

D. – Quindi una chiesa che non è fatta solo di pietre ma è fatta dalle persone che abitano quella comunità. Come sta rispondendo Norcia?

R. – Abbiamo un legame forte perché san Benedetto per Norcia è il cittadino principale e loro, non per il nostro merito, sono molto devoti, vedono i monaci anche come ambasciatori del patrono. Ci aiutano in tutto e ci chiedono anche l’intercessione. Sanno che noi pregavamo quella mattina del terremoto e sanno che grazie a Dio - è  proprio un miracolo! - non c’è stato nessun morto.

D. – San Benedetto che, ricordiamo, è patrono d’Europa: tutto il continente dovrebbe aiutare a partecipare a questa ricostruzione…

R. – Sì, infatti San Benedetto è un punto cardine della cultura europea. Se quanto è successo offrirà all’Europa una nuova finestra, una nuova visione riguardo le loro radici, allora sarà uno dei frutti che scaturisce da questa grande sofferenza.

D.  – L’imprenditore Cucinelli ha offerto il suo aiuto per ricostruire la Basilica. Come avete accolto questa offerta, questa mano tesa?

R. – Il signor Cucinelli è un grande amico del monastero, da qualche anno. Ci ha già finanziato, ci ha aiutato con tanti interventi sul monastero negli anni precedenti, quindi la sua offerta la accogliamo molto bene. So che ci sono molte offerte e disponibilità che vogliono aiutarci a ricostruire. Abbiamo due monasteri: uno è il luogo della nascita di San Benedetto e l’altro in montagna, che è più concentrato sulla preghiera. Con l’aiuto di tante persone speriamo di poter ricostruire  tutte e due.

D. – Ricostruire i simboli della fede e dell’arte aiuta anche a far ripartire quel tessuto sociale che animava Norcia e tutta quella parte di Umbria…

R. – Sì, assolutamente. L’andamento buono di questo progetto di restauro, di ristrutturazione, va visto come qualcosa che contribuirà a tenere viva l’identità della città.

D. - Sappiamo che nella vostra comunità c’erano frati provenienti da tutto il mondo. C’è voglia di ripartire o di andare via? Che intenzioni hanno i fratelli che, ricordiamo, erano soliti pregare nella cripta della Basilica…

R. – No, anzi il contrario, tutti sono più radicati che mai. Non c’è minimamente l’idea di andare a casa, anzi è il contrario. E vogliamo creare qui una casa per i benedettini, una casa per i monaci molto più solida e molto più grande per poter accogliere molte più vocazioni.

D. - Dalla Chiesa universale, dalla Chiesa di tutto il mondo, avete avuto attestati di vicinanza?

R. - Sì, dappertutto nel mondo. San Benedetto e la sua Basilica sono molto sentiti e  ce ne siamo resi conto tante volte nella nostra storia qui a Norcia, ma specialmente adesso.

D. – Un’immagine che ha fatto il giro del mondo e che ha colpito tutti nel profondo era quella delle persone inginocchiate, religiosi e laici, davanti alla facciata delle Basilica distrutta. Il conforto dello spirito in quei momenti è fondamentale?

R .- L’immagine di uno in ginocchio è sempre l’immagine di uno che vuole fare la penitenza, un’immagine di pentimento, di compunzione: ci rendiamo conto di esserci sbagliati. Questo è molto importante dopo una tragedia: Dio mi ha salvato la vita, perché? Che cosa devo cambiare?

D. –Ci si è interrogati su dov’era Dio nei terremoti precedenti. In questo caso non c’è stata nessuna vittima…

R. – C’è questo fatto, che è difficile per noi vedere questi miracoli. Però se uno guarda l’andamento di questi terremoti, abbiamo iniziato con un terremoto di magnitudo 3, 4-5, poi 6…. E pian piano siamo arrivati a questo grande… Tutti questi terremoti hanno preparato tutti a lasciare la città, hanno spinto tutti a stare a attenti, specialmente noi monaci, perché se non fosse per quei terremoti noi saremmo adesso sotto le macerie della Basilica.

D. – Le pietre si rimettono in piedi, le case si ricostruiscono, però bisogna convincere gli esseri umani a non andarsene da queste terre…

R. – Andrei piano a convincere… si fa fatica a ritornare a casa… e questo si capisce… Ci vuole una buona ricostruzione per dare alla gente la sensazione che l’edificio è veramente sicuro e poi non forzare…

D. – Chiederete l’intercessione di San Benedetto? D’altra parte per voi San Benedetto è anche un volano per attrarre l’attenzione sulle terre terremotate…

R . –Sì, lui è stato sempre il nostro punto di riferimento e lo sarà ancora.








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