2016-11-02 19:21:00

Mosul: prosegue la battaglia contro l'Is. Emergenza profughi


In Iraq prosegue villaggio per villaggio la battaglia delle forze irachene e curde per la strappare la città di Mosul al dominio del sedicente Stato Islamico. Ma la resistenza dei jihadisti si fa sempre più tenace. Intanto, esplode l’emergenza profughi. Paola Simonetti: 

L’obiettivo è colpire il leader dello stato islamico Al-Baghdadi, che secondo le forze irachene e curde, sarebbe asserragliato a Mosul. Colpire lui significherebbe provocare la caduta dell’Is. Ma la battaglia è dura e complessa: i jihadisti stanno resistendo all'attacco delle forze di Baghdad, rastrellando anche giovani civili nei vari quartieri della città e tenendoli in ostaggio nelle moschee del centro. L'esercito iracheno che avanza da tutte le direzioni, ha liberato una cinquantina di villaggi alla periferia di Mosul; un’azione congiunta anche con le Forze di mobilitazione popolare, composte da sciiti, che hanno dal canto loro liberato altri 46 villaggi, distrutto 20 autobomba pronte a esplodere e ucciso decine di jihadisti. In corso anche operazioni nel villaggio di Gogjali per disinnescare mine ed esplosivi disseminati dall’Is. E intanto si affaccia la drammatica emergenza sfollati: poco meno di 18mila le persone, la metà dei quali bambini sotto i 18 anni, quelle fuggite da Mosul, secondo le stime di Unicef Italia, che aggiunge come quella dei minori si ala fascia più esposta ad atrocità e morte: almeno 3 i bambini reclutati e usati come kamikaze nel solo mese di ottobre. 

 

A convergere su Mosul, dunque, l’esercito di Baghdad, i paramilitari sciiti di Hashed al Shaabi, i combattenti sunniti, i peshmerga curdi, le forze speciali di alcuni Paesi occidentali: com’è possibile che tante forze così disomogenee tra loro possano essere ora schierate assieme contro l’Is? Risponde Dario Fabbri, consigliere scientifico e analista della rivista di geopolitica 'Limes', intervistato da Giada Aquilino:

R. – È possibile perché l’obiettivo è considerato molto prezioso, soprattutto da alcune delle potenze cui afferiscono le milizie, su tutte l’autorità centrali di Baghdad – quindi il governo iracheno – ma anche la Turchia e l’Iran: sono questi i tre Paesi in assoluto che hanno maggiormente a cuore le vicende di Mosul per ragioni differenti. Sono seguite poi dai curdi iracheni, le cui milizie sono appunto i peshmerga che hanno intenzione a loro volta di estendere parzialmente la loro influenza sulla città. Tutti questi interessi diversi al momento convergono nel tentativo di strappare la città dalle mani del sedicente Stato islamico: un tentativo che non sarà semplice.

D. – Cos’è cambiato rispetto a 28 mesi fa, quando ci fu una folgorante avanzata dell’Is o, se vogliamo, una repentina ritirata delle forze di Baghdad?

R. – Per il momento, tutte le potenze a cui facevamo riferimento, comprese quelle occidentali, hanno trovato il modo di organizzarsi tra loro e di puntare verso la città, mentre nel 2014 non c’era quest’attenzione nei confronti di Mosul. Ciò che non è cambiato, e che non cambierà neanche nei prossimi mesi, sono le condizioni che hanno invece garantito l’ascesa dell’Is, che sono perfettamente intatte nella regione.

D. – Quali sono tali condizioni?

R. – Per esempio la volontà di gran parte della popolazione di Mosul di scegliere l’Is al posto dell’autorità centrale di Baghdad. Sentiamo dire spesso in queste ore, in questi mesi, della “liberazione” di Mosul dall’Is: liberazione è un sostantivo che c’entra poco ed è anche poco appropriato, perché ricordiamoci che nel 2014 furono accolti come “liberatori” i miliziani dell’Is. Perché la popolazione della città, in larga parte sunnita, preferisce essere evidentemente sotto il tallone di pazzi e sanguinari come quelli dell’Is, però sunniti, piuttosto che sotto l’autorità sciita della capitale, cioè di Baghdad.

D. – Come leggere allora le prese di ostaggi, le uccisioni arbitrarie di queste ultime ore?

R. – Siamo comunque nell’ambito della propaganda, nel senso che da entrambe le parti possono essere ovviamente – purtroppo – vere queste notizie. Resta il fatto che, in un ambito di guerriglia urbana come questo e davanti ad un nemico così spietato e violento come l’Is, non possiamo stupirci se davanti a tentativi da parte della popolazioni civili di mettersi in salvo dalla guerra l’Is invece drammaticamente costringa parte di tali popolazioni a rimanere oppure la utilizzi come scudo umano.

D. – È possibile che lo stesso al Baghdadi si trovi a Mosul?

R. – Se lo stesso al Baghdadi si trovasse a Mosul – mi permetto di dire – sarebbe un errore tattico, visto che in questa fase non è esattamente la città “più sicura” dove stabilirsi: avrebbe più senso se invece si trovasse protetto da qualche tribù sunnita a cavallo tra Siria e Iraq.

D. – Dal punto di vista dei combattimenti, adesso cosa c’è da attendersi?

R. – C’è da attendersi un’operazione che molto probabilmente non sarà breve, perché l’Is non ha come obiettivo in questa fase quello di vincere, visto che il dispiegamento di forze è assolutamente asimmetrico nella sua quantità  e ovviamente vede in grande favore le forze che sono al momento all’offensiva; l’obiettivo dell’Is è semplicemente infliggere talmente tante perdite nei confronti di coloro che attaccano da costringerli o a rallentare l’offensiva o a sospenderla. Per raggiungere quest’obiettivo, che probabilmente nel medio periodo non centrerà, l’Is è pronto però a mantenere la propria difesa, la difesa della città, discretamente a lungo. Tutto questo ci fa prevedere un tentativo da parte delle forze di colazione che è destinato a protrarsi almeno nelle prossime settimane se non nei prossimi mesi.

 








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