2016-10-20 14:04:00

Siria: tregua ad Aleppo di undici ore per favorire corridoi umanitari


Da questa mattina è entrata formalmente in vigore la pausa umanitaria di undici ore, annunciata dalla Russia e dal regime di Damasco nella zona orientale di Aleppo, controllata dai ribelli. Obiettivo dichiarato è quello di permettere ai civili e ai miliziani di lasciare la città attraverso speciali corridoi. Immediata la reazione delle Nazioni Unite che hanno fatto sapere che la tregua è troppo breve per poter far partire i convogli umanitari e avviare la distribuzione di aiuti alla popolazione assediata.  Ascoltiamo il servizio di Marina Tomarro:

E’ iniziata questa mattina alle otto ora locale, la tregua umanitaria di undici ore ad Aleppo, per consentire ai civili di abbandonare la città siriana, evacuando i malati e i feriti, e ai miliziani dei quartieri orientali  di beneficiare dell’indulto per arrendersi e consegnare le armi. Già nella notte secondo l'agenzia di notizie ufficiale Sana, le autorita' siriane hanno annunciato l'uscita dei primi oppositori, e di diversi malati e feriti, sottolineando che l'esercito siriano "si e' schierato a distanza" per permettere l'operazione. Ma intanto si sono verificati già nuovi scontri,  infatti, poco dopo l’inizio della tregua, alcuni terroristi, hanno aperto il fuoco contro il corridoio umanitario del quartiere Bustan al Qasr di Aleppo. Ma ascoltiamo il commento di Lorenzo Trombetta corrispondente dell'Ansa a Beirut :

R. – Innanzitutto è una tregua preparata unilateralmente da un unico attore, che è la Russia, e quindi anche dal governo di Damasco. Hanno sospeso due giorni fa i raid aerei, per preparare quella che loro chiamano la “pausa umanitaria”, che invece è entrata in vigore oggi e che dovrebbe durare 11 ore. Gli obiettivi della tregua, per Mosca e per Damasco, sono chiari: cercare cioè di cominciare a svuotare i quartieri orientali di Aleppo, assediati da quelli che loro chiamano terroristi, ovvero gli insorti delle varie sigle, e spingere i civili – tra cui, loro dicono, i feriti e i malati – ad uscire dai quartieri orientali. Questi gli obiettivi dichiarati… Dobbiamo ricordare che non è stata negoziata con le parti in conflitto, ma è stata appunto dichiarata unilateralmente; e i miliziani di Aleppo Est hanno subito detto di non voler accettare questa formula, ovvero “non vi bombardiamo, così potete uscire con le mani alzate”. Mettendo così le cose per gli insorti, diciamo che si è creato facilmente il fronte del no: ovvero “Noi non stiamo ai diktat di Russia e Damasco!”. Ecco perché i primi attacchi… In qualche modo, essendo una tregua non negoziata e già di per sé facilmente destinata a fallire.

D. – Cosa c’è dietro questa tregua? Potrebbero esserci state anche delle concessioni proprio sul ruolo di Assad?

R. – Non credo che sia questo il caso, perché il ruolo di Assad ultimamente - e anche nelle conversazioni che ci sono state già a Losanna tra Kerry e Lavrov - non è più stato tirato in ballo; tra l’altro i russi sanno che ormai l’interlocutore americano, in qualche modo, va in vacanza da adesso fino a gennaio-febbraio prossimo e quindi non ci può essere una controparte con cui negoziare o far finta di negoziare da parte russa una eventuale disposizione o cessioni del potere da parte di Assad. Assad rimane al potere, almeno nelle zone controllate dal governo siriano e dalla Russia. La questione della tregua di Aleppo, almeno da come ci raccontano questa “pausa umanitaria”, è un modo per i russi per capire quanto i loro bombardamenti e l’offensiva sul terreno stiano spingendo civili e miliziani a svuotare Aleppo orientale: per ogni militare è fondamentale, quando si assedia una regione, cercare di svuotarla, perché più civili ci sono e più è difficile entrare casa per casa.

D. – Quale potrebbe essere il ruolo delle Nazioni Unite in questo momento?

R. – Per adesso il ruolo delle Nazioni Unite è quello di spettatore: quando vedono una finestra umanitaria o uno spiraglio per intervenire a livello umanitario - ma sono gocce nel mare! – provano ad inserirsi e quindi lo fanno con efficacia. Il problema è che, appunto, non c’è grande possibilità per loro, se non quella di stare a guardare cosa fanno gli attori armati.

D. – In questi giorni si parla di una città di Aleppo completamente distrutta. Qual è la reale situazione di chi continua a viverci?

R. – Dobbiamo ricordare che Aleppo è divisa in due parti: per due terzi quella che banalmente chiamiamo Aleppo Ovest, che è sì colpita dalla guerra e dall’assenza di servizi essenziali; e da Aleppo Est, in cui la distruzione e le sofferenze che la popolazione vive è fortemente maggiore – purtroppo - di quella che viene vissuta da Aleppo Ovest. Questo non vuol dire che ad Aleppo Ovest si sta bene: si soffre il conflitto in maniera molto drammatica anche lì. Ma il grado di distruzione e anche la mancanza di medicine, di ospedali, l’intensità stessa dei bombardamenti e dell’artiglieria non sono paragonabili a quello che avviene nella parte occidentale di Aleppo. In generale parliamo di Aleppo come di una città contesa, martoriata e in parte distrutta, ma dobbiamo ben distinguere di quale parte parliamo…








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