2016-10-13 14:17:00

300 milioni di persone nel mondo sono cieche o ipovedenti


Quasi 300 milioni di persone nel mondo sono affette da cecità o ipovisione. Un dato che assume un significato allarmante nel giorno in cui si celebra la Giornata Mondiale della Vista promossa dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e dalla Agenzia Internazionale per la prevenzione della cecità. La ricorrenza di quest’anno è stata dedicata alla ricerca contro la retinopatia diabetica, considerata la prima causa di cecità in età lavorativa, cioè tra i 20 e i 65 anni. Sull’importanza di sensibilizzare l’opinione pubblica su questa specifica disabilità Stefano Leszczynski ha intervistato Maurizio Molinari, addetto stampa del Parlamento europeo in Italia e cieco dalla nascita:

R. – E’ veramente importante che aumenti la percezione a livello della società delle necessità sia di non vedenti sia di ipovedenti; è proprio importante il fatto che se i non vedenti e gli ipovedenti sono messi nelle condizioni di supplire in qualche modo alla loro disabilità, possono vivere vite normali da tutti i punti di vista: dal punto di vista familiare, dal punto divista lavorativo, dal punto di vista della vita sociale … E quindi, queste giornate servono anche per far capire che anche chi la vista l’ha persa, può vivere una vita normale se la società, se le leggi, se le istituzioni, se la gente comune si opera in modo da non vedere la cecità o l’ipovisione come un tabù, da non vederle come disabilità assolutamente limitanti ma come qualcosa che si può superare.

D. – C’è uno squilibrio, ad esempio, per quanto riguarda l’accessibilità a quegli strumenti che permettono ai ciechi di condurre una vita tutto sommato autonoma e normale, tra virgolette?

R. – Ma sì: lo squilibrio è grandissimo. Nell’Unione Europea, nonostante continuiamo ad avere problemi di integrazione, di accessibilità, di non riconoscimento, di non sapere come trattare con certi tipi di visibilità, con le minorazioni visive, diciamo che noi siamo la parte più fortunata del mondo: nei Paesi in via di sviluppo, l’accesso a libri in braille, in versione digitale e quindi in informatica o a caratteri ingranditi è veramente minimo.








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