2016-10-08 19:10:00

Uragano Matthew: circa 900 vittime solo ad Haiti, morti anche in Florida


Matthew fa strage ad Haiti con circa 900 morti, 21 mila sfollati, 350 mila persone bisognose di assistenza immediata. Vittime anche in Florida dove resta in vigore lo stato di emergenza nonostante l’uragano stia perdendo d’intensità con venti che soffiano a 165 Km orari. Il presidente americano Obama: “bisogna fare presto. Il vero pericolo ora sono le inondazioni”. Cecilia Seppia

Matthew perde potenza ma dietro di sé sta lanciando un numero enorme di vittime. Quasi 900 solo ad Haiti, dove i soccorsi in alcune zone del Paese, già raso al suolo dal sisma del 2010, non sono riusciti ad arrivare e dove lo scenario è inquietante con strade invase dal fango, ponti crollati e villaggi spazzati via dalla furia delle onde. Secondo l’Onu sarebbero 350 mila gli haitiani bisognosi di assistenza immediata: acqua potabile, medicine, profilassi per evitare la diffusione di dissenteria, malaria e colera che stando ai dati della Croce Rossa ha già ucciso 50 persone. Washington ha inviato una nave militare con 300 marines che si aggiungeranno ai 250 soldati e ai 9 elicotteri già dispiegati per fronteggiare l’emergenza. Intanto secondo il National Hurricane Centre, l’uragano killer ha raggiunto il South Carolina,è stato declassato a categoria 2 ma passando sulla Georgia e sulla Florida ha provocato almeno 6 morti e se ne temono altri. Un milione e 400 mila le abitazioni rimaste senza energia, 4.500 i voli cancellati nei Paesi colpiti dove resta lo stato di emergenza massima e l’ordine di evacuazione. “Il pericolo maggiore sono ora le inondazioni”, ha detto il presidente Obama ricordando che A New Orleans fecero più morti dell’uragano stesso. La Farnesina intanto ha rintracciato i tre italiani di cui non si aveva più notizia da giorni.

 Sulla situazione ad Haiti, Francesca Sabatinelli ha sentito Andrea Iacomini, portavoce di Unicef Italia, che avverte che 500.000 bambini vivono nei dipartimenti più colpiti:

   

R. – La situazione purtroppo si aggrava di ora in ora. Questi bambini vivono in condizioni molto difficili e, soprattutto, sono enormemente esposti al rischio di malattie. Parliamo di un’area che ha già problemi di colera endemico, ma che invece – purtroppo – adesso è esposta a rischi di zika, dengue e del colera stesso, per cui bisogna fare in fretta. Noi stiamo, proprio in queste ore, portando aiuti di ogni tipo, laddove è possibile, perché – lo voglio ricordare – molte di queste aree sono ancora irraggiungibili. Ci sono state delle onde tra i cinque e gli otto metri, scatenate da quest’uragano, che hanno di fatto raso al suolo non soltanto interi villaggi, intere zone, scuole e ospedali ma, soprattutto, hanno messo sott’acqua intere zone di Les Cayes. Quindi è chiaro che queste zone, difficili da raggiungere anche per noi, sono a rischio altissimo. Tra l’altro noi abbiamo, in questo momento, molto materiale stoccato a Panama, che serve soprattutto per ovviare alle necessità igieniche, per le vaccinazioni, e anche per costruire delle scuole temporanee, perché ci sono dei numeri altissimi di bambini che purtroppo non vanno più a scuola.

D. – I numeri che si stanno dando in queste ore sono del tutto provvisori, purtroppo le stime delle vittime, non solo dei morti, ma anche delle persone che stanno soffrendo, sono destinate a salire di ora in ora, si sta ancora scavando…

R. – Sì, il computo della morte purtroppo fa male e noi, spesso, cerchiamo anche di sottrarci a questo, perché ci piacerebbe parlare di vita e di quante ne salviamo. Però le cifre che stanno girando sono assolutamente irrealistiche: il numero dei morti purtroppo non solo è destinato a salire, ma segnerà, anche in questo caso, un’ecatombe. Quindi parliamo di una situazione che è molto simile a quella del terremoto del 2010, con un numero di morti imprecisato, ma molto alto, che assolutamente non è paragonabile a quello che stiamo leggendo adesso, proprio perché – lo ripeto – molte zone sono sott’acqua, letteralmente sott’acqua, e quindi si sta cercando di scavare. Il problema è che le comunicazioni più importanti, e parlo di strade e ponti, sono completamente distrutte.

D. – Che cosa si chiede alla comunità internazionale? Fermo restando appunto la difficoltà nel raggiungere le zone colpite, che cosa sollecitate?

R. – Di non voltarsi dall’altra parte nel ritenere la situazione di Haiti, come purtroppo sto sentendo troppo spesso, una situazione irrisolvibile. Parliamo di un Paese che è stato colpito ogni due anni da una calamità, perché è dal 2010 che queste popolazioni hanno sofferenze continue. E quindi, proprio in ragione di questo, bisogna innanzitutto finanziare tutte le attività delle organizzazioni umanitarie e delle Ong presenti che purtroppo, al momento, risultano sotto finanziate, dando il massimo della visibilità alle problematiche di cui stiamo parlando. Haiti oggi vive nuovamente un incubo, a distanza di pochi anni e, quindi, la comunità internazionale si deve impegnare innanzitutto per raccontare ai propri cittadini e ai propri Paesi quello che sta accadendo a queste popolazioni. Lo ripeto: sono popolazioni martoriate; sono popolazioni che vivono in un’area dove ci sono, ogni anno o due anni, dei fenomeni talmente gravi per i quali purtroppo, specialmente i bambini, pagano dei prezzi altissimi. Per cui noi chiediamo innanzitutto aiuti e donazioni.

 








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