2016-10-08 14:46:00

Haiti, 900 le vittime di Matthew. Unicef: 500mila bambini a rischio


Oltre 900 persone, ma verosimilmente si ritiene sia un numero sottostimato, sarebbero le vittime del passaggio su Haiti di Matthew, l’uragano ormai declassato a categoria 2 dopo aver ucciso anche sei persone in Florida. La tempesta, che ha raggiunto la Carolina del Sud, ha attraversato anche la Georgia. Francesca Sabatinelli:

La conta dei morti ad Haiti sembra inarrestabile, il dramma umano acquista sempre più proporzioni da catastrofe e i danni economici sono incalcolabili. Matthew ha spazzato via il sud-ovest del Paese: 900, per ora, i morti; 350mila le persone che necessitano di assistenza umanitaria e, per questa prima fase di soccorso, servono subito sei milioni di dollari. E’ l’appello dell’Unicef, uno dei tanti che si susseguono per sensibilizzare la comunità internazionale, compreso quello del Presidente americano Barack Obama, che ha chiesto ai connazionali di aiutare il più possibile la popolazione dell’isola caraibica.  Le testimonianze sono agghiaccianti, raccontano della totale devastazione, dell’interruzione delle vie di comunicazione, di paesi interramenti distrutti. Oltre 21mila gli sfollati, con una delle zone colpite, quella di Jeremie, che registra l’80% degli edifici rasi al suolo. Andrea Iacomini, portavoce di Unicef Italia, che avverte che 500.000 bambini vivono nei dipartimenti più colpiti:

R. – La situazione purtroppo si aggrava di ora in ora. Questi bambini vivono in condizioni molto difficili e, soprattutto, sono enormemente esposti al rischio di malattie. Parliamo di un’area che ha già problemi di colera endemico, ma che invece – purtroppo – adesso è esposta a rischi di zika, dengue e del colera stesso, per cui bisogna fare in fretta. Noi stiamo, proprio in queste ore, portando aiuti di ogni tipo, laddove è possibile, perché – lo voglio ricordare – molte di queste aree sono ancora irraggiungibili. Ci sono state delle onde tra i cinque e gli otto metri, scatenate da quest’uragano, che hanno di fatto raso al suolo non soltanto interi villaggi, intere zone, scuole e ospedali ma, soprattutto, hanno messo sott’acqua intere zone di Les Cayes. Quindi è chiaro che queste zone, difficili da raggiungere anche per noi, sono a rischio altissimo. Tra l’altro noi abbiamo, in questo momento, molto materiale stoccato a Panama, che serve soprattutto per ovviare alle necessità igieniche, per le vaccinazioni, e anche per costruire delle scuole temporanee, perché ci sono dei numeri altissimi di bambini che purtroppo non vanno più a scuola.

D. – I numeri che si stanno dando in queste ore sono del tutto provvisori, purtroppo le stime delle vittime, non solo dei morti, ma anche delle persone che stanno soffrendo, sono destinate a salire di ora in ora, si sta ancora scavando…

R. – Sì, il computo della morte purtroppo fa male e noi, spesso, cerchiamo anche di sottrarci a questo, perché ci piacerebbe parlare di vita e di quante ne salviamo. Però le cifre che stanno girando sono assolutamente irrealistiche: il numero dei morti purtroppo non solo è destinato a salire, ma segnerà, anche in questo caso, un’ecatombe. Quindi parliamo di una situazione che è molto simile a quella del terremoto del 2010, con un numero di morti imprecisato, ma molto alto, che assolutamente non è paragonabile a quello che stiamo leggendo adesso, proprio perché – lo ripeto – molte zone sono sott’acqua, letteralmente sott’acqua, e quindi si sta cercando di scavare. Il problema è che le comunicazioni più importanti, e parlo di strade e ponti, sono completamente distrutte.

D. – Che cosa si chiede alla comunità internazionale? Fermo restando appunto la difficoltà nel raggiungere le zone colpite, che cosa sollecitate?

R. – Di non voltarsi dall’altra parte nel ritenere la situazione di Haiti, come purtroppo sto sentendo troppo spesso, una situazione irrisolvibile. Parliamo di un Paese che è stato colpito ogni due anni da una calamità, perché è dal 2010 che queste popolazioni hanno sofferenze continue. E quindi, proprio in ragione di questo, bisogna innanzitutto finanziare tutte le attività delle organizzazioni umanitarie e delle Ong presenti che purtroppo, al momento, risultano sotto finanziate, dando il massimo della visibilità alle problematiche di cui stiamo parlando. Haiti oggi vive nuovamente un incubo, a distanza di pochi anni e, quindi, la comunità internazionale si deve impegnare innanzitutto per raccontare ai propri cittadini e ai propri Paesi quello che sta accadendo a queste popolazioni. Lo ripeto: sono popolazioni martoriate; sono popolazioni che vivono in un’area dove ci sono, ogni anno o due anni, dei fenomeni talmente gravi per i quali purtroppo, specialmente i bambini, pagano dei prezzi altissimi. Per cui noi chiediamo innanzitutto aiuti e donazioni.








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