2016-10-04 14:18:00

Naufragio sulle coste libiche, 11 morti. Mons. Perego: intervenga l'Ue


Nuova tragedia nelle acque davanti alle coste libiche. La marina del Paese nordafricano ha reso noto che 11 migranti, 9 donne e due bambini, sono annegati dopo il naufragio di un barcone avvenuto ieri a ovest di Tripoli. Intanto sono circa 6300 i migranti attesi tra oggi e domani nei porti della Sicilia e della Calabria, dopo i numerosi salvataggi avvenuti nelle ultime 24 ore. E in Europa si riaccende il dibattito sulla redistribuzione dei richiedenti Asilo. Marco Guerra:

Nell’anniversario del grande naufragio del 3 ottobre 2013 a Lampedusa, costato la vita a 368 persone, davanti la Libia è avvenuta l’ennesima tragedia della disperazione. La guardia costiera libica ne da notizia oggi, parlando di 11 vittime su un totale di 150 persone a bordo del barcone colato a picco.  Ieri però è stata anche una giornata di salvataggi record; numerose navi impegnate nella missione Frontex stanno facendo rotta verso Catania, Palermo, Augusta, Reggio Calabria e Vibo Valentia con migliaia di migranti che sbarcheranno nelle prossime ore. Sbarchi si registrano anche in Sardegna: almeno 60 gli algerini arrivanti nel Sulcis. Sul fronte politico, il ministro degli Esteri italiano torna a criticare i Paesi che rifiutano le quote di accoglienza dei  richiedenti asilo. Sulla stessa linea il Presidente italiano Mattarella torna a chiedere “un indispensabile sforzo Europeo”. E nuove critiche all’Ue arrivano dal Presidente turco Erdogan che accusa Bruxelles di non aver inviato i fondi promessi ad Ankara per la gestione dei profughi. Il segretario generale della Cei, mons. Nunzio Galantino pone l’accento sulla necessità di creare un sistema mondiale ed europeo di corridoi umanitari. Sul ruolo dell’Ue e le celebrazioni della strage di Lampedusa, sentiamo mons. Giancarlo Perego, direttore della Fondazione Migrantes:

R. – E’ stata una giornata importante perché da Lampedusa fino al Brennero, dove io sono stato insieme alle realtà del volontariato di Bolzano e di Trento, si è alzata una voce proprio attorno a questo dramma di 11.500 morti in mare dal 3 ottobre 2013 a oggi, ma si è alzato anche un grido di responsabilità e di impegno a vie legali di ingresso ai richiedenti asilo in Europa.

D. – Siamo di fronte a nuove giornate di arrivi record: l’Europa risponde con la missione navale nel Mediterraneo, ma poi i richiedenti asilo rimangono in Italia …

R. – Continua questo arrivo di richiedenti asilo e rifugiati proprio per sfruttare ancora gli ultimi giorni della bella stagione: negli ultimi tre mesi sono arrivati un numero di immigrati pari a quelli dei sei mesi precedenti, e questo significa che occorre assolutamente che l’Europa riesca a fare finalmente quel piano di distribuzione non più volontaria in tutti i ventisette Paesi europei dei richiedenti asilo e rifugiati e che quindi il collocamento avvenga quanto prima, se non si vuole che l’Italia diventi come la Grecia dallo scorso anno, e diventi quindi una situazione difficile da governare soprattutto laddove sono già presenti moltissimi richiedenti asilo e dove c’è una situazione drammatica, soprattutto dei minori non accompagnati.

D. – Ma invece c’è un’Europa che continua ad alzare muri …

R. – Noi ci auguriamo che anche per il segnale che è venuto dalla non-partecipazione alle urne al referendum in Ungheria, ci si renda conto come l’opinione pubblica europea forse sta andando in un’altra direzione e anche la politica dovrebbe finalmente avere uno scatto di responsabilità e di solidarietà che vada chiaramente nella direzione di un maggiore impegno sia nel salvataggio in mare sia nel rivedere il Trattato di Dublino e quindi favorire maggiormente la circolazione dei richiedenti asilo, e un piano di ridistribuzione: questo a breve; oltre che, naturalmente, riprenda quel “Piano Marshall” per l’Africa che possa diventare veramente una grande azione di cooperazione internazionale, soprattutto nei Paesi africani, nei 75 Paesi del mondo dai quali provengono i migranti.

D. – Insieme al diritto a migrare, a cercare una vita migliore, c’è anche il diritto a vivere e crescere nella propria Patria, nel proprio Paese natale. Che cosa deve fare l’Europa per cercare di arginare questi grandi flussi di persone che fuggono dall’Africa e dal Medio Oriente?

R.- Papa Francesco lo sta ripetendo, in sintonia con il Magistero sociale della Chiesa,  dalla “Populorum Progressio” fino alla “Caritas in Veritate”. Occorre certamente agire in tre direzioni per garantire oggi il diritto di rimanere nella propria terra. Anzitutto, nei 35 Paesi in cui c’è la guerra, ritornare a una diplomazia della pace che possa effettivamente ridare condizione di vita a quei Paesi che oggi sono martoriati da guerre, ormai da troppo in corso. La seconda azione è certamente la condivisione dei beni: non fare di questi Paesi poveri Paesi in cui ancora una volta l’economia dei Paesi più ricchi diventa un’economia di sfruttamento, indebolendo ancora di più l’economia di questi Paesi. La terza azione, che la “Laudato si’” ha richiamato, è l’attenzione all’ambiente, al Creato perché i profughi ambientali oggi sono tre volte i profughi di guerra: 23 milioni e mezzo lo scorso anno, rispetto agli otto milioni di profughi di guerra.








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