2016-10-04 10:39:00

Giorno del dono: la solidarietà si fa globale


Dare e avere. Il valore della gratuità e la convenienza dello scambio. Questo lo spirito che ha animato Comuni, imprese, associazioni, comitati, singole persone conducendoli lungo una maratona di due settimane culminata il 4 ottobre nel Giorno del Dono, ufficialmente "riconosciuto" come tale dopo l’approvazione da parte del Parlamento con legge istitutiva nel 2015. Proprio mentre l’Italia prosegue nella sua gara di solidarietà per le vittime del sisma che ha devastato il centro Italia, l’IID, Istituto Italiano della Donazione – ente che coordina tutti gli eventi del giorno del Dono - ha lanciato una raccolta fondi speciale insieme al Banco Popolare il cui importo è destinato a progetti di enti selezionati secondo regole di trasparenza e correttezza, contenute nella “Carta della Donazione”, il codice etico utilizzato dall’Istituto Italiano della Donazione. Luigi Campiglio, docente di Economia alla Cattolica di Milano, raggiunto da Francesca Di Folco spiega come il dono possa "modellare" il territorio ed il valore che assume nelle relazioni in contesti così delicati come quelli in cui ci si impegna in lavori di ricostruzione “sociale”:

R. – È un’esperienza ancora poco conosciuta in Italia e che va sotto il nome di “Giving Pledge”, cioè promessa di dare. Riguarda un’iniziativa promossa da due miliardari americani che potrebbe essere applicata anche a casi come quelli legati alla ricostruzione dopo un terremoto. Si tratta di stimolare una risposta di cittadini abbienti che vivono in Italia o all’estero e che intendano contribuire, restituire al loro Paese un contributo che consenta di individuare delle opere molto specifiche come ad esempio una scuola, strutture ospedaliere, per riportare questi luoghi alla normalità.

D. - La rassegna di eventi consente di attraversare idealmente lo Stivale. Da Nord a Sud cosa si dona? Cosa elargisce materialmente “l’Italia migliore”? Con quali introiti?

R. - In Italia le donazioni individuali sono circa cinque miliardi. In un ambito legato ad esempio alle parrocchie sono di circa tre miliardi, le donazioni legate alle imprese sono piuttosto limitate, circa dieci miliardi. Al momento non abbiamo dati territoriali.

D. - Dalla sharing economy al crowfunding, passando per l’open source. In che misura queste istanze possono davvero influire sulla vita di chi li mette in atto?

R. - Non mi sentirei di includere tutte queste forme nuove, innovative, nella categoria del dono perché in alcuni casi si tratta di forme economiche nuove e innovative di raccolta fondi per investimenti; in altri casi di un utilizzo più efficiente delle risorse per evitare sprechi. L’open source potrebbe essere una forma che si avvicina all’idea di dono, di regalo, di una condivisione che assomiglia al dono. Ma è un mondo molto diversificato.

D. - Lei ha analizzato molte lettere pubbliche di miliardari americani da Buffett a Gates, solo per citare i più noti. Cosa muove questi filantropi della solidarietà ad alti livelli?

R. - C’è una parola comune in tutte queste lettere: “fortuna”. Tutti questi in modo differenziato riconoscono che la fortuna ha giocato un ruolo importante nell’accumulare ricchezze. Di questa fortuna, e questo è un aspetto davvero importante, cercano di dare un senso che non sia solo “accumulazione”. Questo a mio parere - almeno nella prospettiva di queste dichiarazioni, di queste promesse pubbliche che sono state fatte - è un tratto davvero importante perché una sorta di dichiarazione di voler dare un senso ai loro soldi e quindi alla loro vita. Il modo attraverso il quale questo avviene concretamente è anch’esso diversificato perché ad esempio il caso della fondazione di Gates è davvero un impegno importante, quasi colossale, che si pone come obiettivo quello di ridurre la mortalità infantile nei Paesi meno sviluppati ma non solo, favorire inoltre il loro sviluppo. Molte di queste donazioni - ricordo che per accedere a questo club esclusivo occorre promettere di donare almeno il 50 percento delle proprie ricchezze - sono modalità con cui vengono restituiti al luogo in cui si è nati e vissuti una quantità di risorse con le quali far crescere la propria comunità.








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