2016-10-03 08:18:00

Referendum in Colombia: vince "no" all'accordo di pace con le Farc


Con uno scarto di 65 mila voti, la Colombia ha detto no all'accordo firmato tra governo colombiano e gli ex guerriglieri delle Farc. Un risultato che tuttavia non impedisce il proseguimento del cammino verso la pace, secondo quanto detto dai sostenitori del sì, guidati dal Presidente Santos, e quelli del no, vicini all'ex Capo dello Stato Uribe. Giancarlo La Vella ne ha parlato con Jairo Agudelo Taborda, docente di Relazioni Internazionali all’Università colombiana del Nord di Barranquilla:

R. – Ci sono diverse variabili che hanno determinato questo risultato. Coloro che hanno votato “no” l’hanno fatto per incalzare adesso i loro leader, perché cerchino a tutti i costi di non sprecare l’accordo raggiunto, ma di migliorarlo. Quindi, se c’è qualcosa di positivo, devo dire che, stando alle dichiarazioni che hanno fatto sia i leader del “sì” sia i leader del “no”, si apre una finestra, meno tragica di quanto non ci si potesse attendere qualora avesse vinto il “no”, come del resto è avvenuto. Quindi questo non è un “no” all’accordo di pace, ma un “sì” per cercare di migliorarlo, coinvolgendo anche il governo e anche la comunità internazionale. C’è stato un dato anche, che secondo me, non è stato indifferente - non so quanto sia stato determinante -: ovvero il grande astensionismo. Ha votato il 38% del corpo elettorale, con un 62% di astensionismo. E questo è un dato che veramente mi rammarica.

D. – Molte delle critiche nei confronti di questo accordo vertevano sul fatto che era stata usata una mano non troppo pesante nei confronti degli ex miliziani che si erano macchiati di reati anche gravi…

R. – Questo è stato un punto molto discusso, ma non ha fondamento, perché l’amnistia copre solo un piccolissimo gruppo di delitti minori, delitti politici... Invece per coloro che sono responsabili di delitti cosiddetti maggiori, ci sono pene tra 5 e 20 anni di prigione o altri modi di limitazione della libertà, anche con pene alternative. Se noi paragoniamo i parametri di giustizia che ha applicato l'ex presidente Uribe ai paramilitari, in cui la pena minore era di 4 anni e quella maggiore di 8 anni, possiamo ben capire che c’è una bella differenza. In più, questo pacchetto di giustizia di transizione è stato avallato dalla Corte Penale Internazionale e dalle più diverse istanze, tribunali, anche perché il diritto internazionale non prevede una soglia di pene, essendo questa una giustizia di transizione e la transizione dipende molto dai contesti. E’ chiaro, però, che questo punto venga rivendicato da quelli del “no”, perché credono di essere in grado di rinegoziarlo.

D. – Nella popolazione colombiana c’è desiderio di voltare veramente pagina nei confronti di questa vicenda così dolorosa per tutto il Paese?

R. – Devo dire che mi ha stupito l’apertura che nel discorso di Uribe è stata espressa. Ci sono, quindi, due posizioni molto interessanti. Primo, il Presidente Santos ha detto di non rinunciare – perché si temevano le sue dimissioni – e di andare avanti, convocando per domani una riunione, con incluso il partito di Uribe, per chiamare ad una unità nazionale, per poter negoziare, partendo dall’accordo già pattuito, e cercare di migliorarlo, arrivando ad una rinegoziazione con le Farc. Anche le Farc si sono dette disposte a ridiscutere. Quindi se c’è qualcosa da salvare è questa apertura verso un comitato di unità nazionale, che renda meno negativo questo risultato,anche perché, se non si riesce a fare un comitato di unità nazionale, si rischia la polarizzazione estrema.








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