2016-10-03 14:20:00

Bosnia: divisioni etniche pesano su voto amministrativo


I risultati delle elezioni amministrative in Bosnia ed Erzegovina, mostrano un Paese in cui tornano ad acuirsi le divisioni etniche tra le comunità serba, musulmana e croata. Le contrapposizioni si sono riaccese dopo il referendum sulla festa nazionale nella Republika Srpska, e a seguito del censimento della scorsa estate che ha evidenziato un aumento della popolazione musulmana. Il servizio di Marco Guerra:

L'Alleanza dei social democratici indipendenti  (Snsd), il partito nazionalista  del leader serbo-bosniaco, Milorad Dodik, ha vinto le amministrative nella Republika Srpska, l'entità a maggioranza serba della Bosnia-Erzegovina. Il movimento si sarebbe aggiudicato undici Comuni in più rispetto al voto precedente del 2012. E Dodik ha parlato di doppia vittoria riferendosi al referendum che si è svolto la scorsa settimana per fissare la festa nazionale il 9 gennaio, contestata dalla Corte costituzionale di Sarajevo perché considerata discriminatoria nei confronti delle altre etnie. Nella 'Federazione'  - l'entità croato bosniaca - il partito principale bosniaco Azione democratica (Sda) si è dichiarato vincitore, ma secondo i primi dati avrebbe ottenuto 34 municipalità, cinque in meno rispetto alla tornata precedente. Sorprende poi il risultato di Srebrenica, la città nota per il massacro di 8.000 musulmani a opera delle forze serbo-bosniache, che si appresta ad avere il suo primo sindaco serbo dal dopo guerra. Ma per una lettura di questo voto sentiamo Mauro Ungaro, direttore della ‘Voce isontina’ ed esperto dell’area:

R. – Si nota una frammentazione del voto, che risente, però – va sottolineato – di quelle che sono state le tensioni etniche e anche religiose degli ultimi tempi, che hanno interessato il Paese. Noi non dobbiamo dimenticare due eventi di notevole importanza che hanno riguardato la Bosnia ed Erzegovina. Il primo è stato la pubblicazione  dei dati del censimento del 2013, lo scorso primo luglio, ed era il primo censimento dall’indipendenza del Paese. Quel censimento ha dichiarato che il 50% della popolazione era bosniaco e si dichiarava di fede musulmana; i serbi il 30,8% della popolazione e i croati il 15,4%. Questi sono dati che non erano attesi. La stessa pubblicazione del censimento è stata una pubblicazione non concordata e ha portato all’interno del Paese al blocco del lavoro della presidenza tripartita. Gli accordi di Dayton prevedono infatti un equilibrio particolare per quanto riguarda il governo della Bosnia ed Erzegovina, una presidenza tripartita, dove però ognuno vale uno e le decisioni devono essere prese all’unanimità. Chiaramente la pubblicazione dei risultati di questo censimento rischia di spostare gli equilibri. Anche perché, di fatto, nel ’91, nell’ultimo censimento disponibile i bosniacchi, coloro che si professavano di etnia musulmana, erano il 43% ed ora sono il 50; i serbi, il 31% ed ora sono circa gli stessi; i croati il 17% e sono scesi. Quindi di fatto la pubblicazione dei dati del censimento viene a cambiare quelli che sono i rapporti all’interno del Paese e rischia di mettere in crisi tutto il complesso sistema di Dayton. Se noi teniamo conto di quelli che sono gli equilibri, in una realtà così complessa come quella della Bosnia - sommati poi al Referendum di dieci giorni fa in cui gli abitanti della Repubblica Srpska, a maggioranza serba, hanno dichiarato di voler continuare a celebrare il 9 gennaio come festa nazionale -, ecco, ci rendiamo conto che tutti questi dati hanno influito sul voto con i risultati cui abbiamo accennato.

D. – Quindi qual è il quadro della Bosnia attuale? Sembra che ci sia una divisione sempre più netta tra i serbi della Repubblica Srpska e i bosniaco-musulmani?

R. – In questo momento, il rischio è effettivamente questo: che si giunga ad una polarizzazione delle differenze e quelli che erano i nazionalismi a lungo tempo sopiti tornino in primo piano. Ci sono due dati che stanno colpendo in questo momento, leggendo proprio i primi risultati, quelli che abbiamo a disposizione. Il primo è il risultato di Srebrenica, che sappiamo è la città martire, dove migliaia di musulmani vengono massacrati dai serbo-bosniaci nel luglio del ’95. Dal ’99 ad oggi, quindi per 17 anni il sindaco è stato musulmano. L’attuale primo cittadino, appena eletto, è il 34enne serbo Mladen Grujicic. A questo si somma anche il dato di un’altra cittadina – Velika Kladuša – dove pare sia stato eletto, dai primi dati a disposizione, Fikret Abdic, un ex criminale di guerra, che ha scontato in carcere dieci anni proprio per la condanna. Un estremismo, quindi, che sta ritornando a galla per le motivazioni che abbiamo visto. Ma nei giorni scorsi l’Unione Europea ha accettato la domanda di adesione della Bosnia ed Erzegovina e ha aperto al Paese la strada verso una reale integrazione europea. Questo, quindi, è un dato significativo: l’Europa cerca quasi di rispondere a questi nazionalismi. D’altra parte, non vorrei dimenticare quello che Papa Francesco ha detto lo scorso anno a Sarajevo, a giugno del 2015, quando ha ricordato che in un mondo come quello di oggi, lacerato da conflitti, proprio la Bosnia possa diventare un messaggio, perché può attestare che è possibile vivere uno accanto all’altro, nella diversità, ma nella comune umanità. Io credo che, al di là della lettura politica, minuta, del voto di oggi, questo sia il messaggio cui veramente le popolazioni della Bosnia ed Erzegovina e anche l’Europa devono raggiungere. 








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