2016-10-02 08:00:00

La testimonianza delle religiose in Georgia


Ha partecipato ieri all'incontro con il Papa nella Cattedrale di Santa Maria Assunta a Tbilisi anche suor Loredana Monetti, delle Piccole Figlie di San Giuseppe, insegnante e direttrice Caritas per la Georgia occidentale a Tbilisi da 10 anni. La sua testimonianza di religiosa al microfono di Gabriella Ceraso:

R. – Sono arrivata nel 1996, quando c’erano ancora i segni della guerra. Nessuno poteva lavorare, chi poteva barattava le verdure che aveva nel suo orticello. Mi ricordo che si presentò una vecchietta a vendere il cucchiaino di argento per poter comprare il pane. Non c’era un pallone per far giocare i bambini. Era una Georgia proprio in ginocchio, in tutti i sensi. Questo fino al 2003. Poi con “la rivoluzione delle rose” e il cambiamento politico c’è stato un apparente sviluppo. Ora se vedo le case ristrutturate, le persone vestite meglio, qualche supermercato in più aperto, e un via vai di persone … certo sono tutti soldi che arrivano ma non per promuovere dal profondo il Paese.

D. - Cosa significa per un religioso vivere oggi in Georgia?

R. - I nostri cattolici sono messi alla prova in modo molto forte. C’è una difficoltà a mantenere la loro tradizione e poi c’è anche l’influsso dei mass media, dell’Europa e c’è anche una crisi di fede. Quindi la nostra presenza è di testimonianza: è uno stare accanto alle persone e cercare i modi per annunciare il Vangelo.

D. - Lei si occupa anche della scuola. Come vivono i giovani georgiani? Lo stile di vista, i pensieri, la formazione … Che futuro hanno?

R. - Io seguo un centro giovanile diurno; accogliamo i ragazzi dall’età di sette anni e li accompagniamo fino ai 15 anni. In questo centro cerchiamo di approfondire la cultura che ricevono a scuola e cerchiamo anche di promuovere la persona. Tra l’altro queste sono persone che si trovano in particolare difficoltà economiche e sociali; alcuni non hanno i genitori, altri vivono con i nonni … Però  è difficile accompagnarli in quanto non ci sono sbocchi; è difficile seminare speranza quando la società non offre futuro, come andare all’università, studiare, sognare di andare all’estero. C’è anche una crisi di fede. Pur essendo ragazzi ortodossi, c’è un abbandono.

D. - Segnali invece di speranza? Perché ci sono ragazzi impegnati che hanno quindi una voglia di ricostruire un Paese nuovo …

R. – Sì, ci sono ragazzi che hanno voglia di cambiare, però, non sono sostenuti, secondo me. Ci sono tante occasioni per quelli bravi, per quelli che vengono da buone famiglie, di migrare all’estero con borse di studio, però poi non tornano.

D. - Che cosa può venire dalla visita del Papa, anche da una sua parola per questa situazione?

R. - Io penso che i nostri cattolici, anche i nostri giovani non cattolici, sicuramente si aspettano dal Papa una parola di incoraggiamento ma anche una parola “forte” per chi è responsabile di questo Paese che sembra non aver gli occhi sulla gente, ma dà invece solo dei luccichii, come degli input perché la gente stia buona.

D. - Come vede il futuro della Chiesa lì in Georgia?

R. - Dopo venti anni vedo, purtroppo, le nostre piccole comunità - che erano già piccole – affievolirsi, un po’ perché molte persone sono migrate; gli anziani sono passati ad altra vita e i giovani sono molto combattuti. Ci sono altri problemi tra le due Chiese sorelle che hanno portato alla riduzione delle comunità cattoliche.

D. - Che cosa della vostra realtà vorrebbe mettere nel cuore del Papa?

R. - Vorrei che ci aiutasse in tutte queste sfide e che con la preghiera e con i fatti ci aiutasse con questa nostra Chiesa sorella per vivere nella serenità e nel dialogo.

Restare saldi nella fede, difendersi dalla mondanità affrontare i momenti bui della vita e aprire il cuore alla consolazione di Dio. Sono tanti i messaggi che il Papa lascia ai cattolici georgiani e in particolare ai religiosi. Come sono stati accolti e che cosa ha colpito della sua visita?  Gabriella Ceraso lo ha chiesto a suor Maria Grazia Puglisi, priora del Monastero di Clausura delle benedettine di Rabati che ha partecipato a tutti gli eventi:

R. – Innanzitutto, nella Cattedrale ha esaltato la fortezza di per sé della donna, ma in particolare delle donne georgiane, per aver mantenuto la fede in questo popolo. Il Papa ricordava sempre di fare memoria del passato e parlando anche ai religiosi ha detto: “Non vi sgomentate, non siate tristi, siate sempre forti. Nel presente abbiate coraggio e nel futuro la speranza”.  Questo è stato molto bello. E dopo, la sua persona, che emana  veramente una luce che viene dal Signore: la sua fermezza, la sua dolcezza, la sua paternità. Questo, come persona. Abbiamo veramente guardato tanto questo aspetto della sua figura.

D. – Serve coraggio per essere un religioso in questa terra, come dice lei?

R. – La parola “coraggio” vuol dire cuore forte. E allora il Signore ha sempre detto ai discepoli, nei momenti di difficoltà: “Coraggio, ci sono io, non temete”. Coraggio, perché Dio è forte, Dio c’è, Dio ci aiuta. Quindi avere forza e prendere forza in Dio. Il Papa ne ha parlato nell’Eucaristia, nella Confessione, nella Comunione tra i fratelli. Dulcis in fundo, ha parlato di questa comunione con gli ortodossi, questo problema della mancanza di comunione che troviamo, e ha detto: “Andate avanti. Non dobbiamo fare proselitismo. Dobbiamo avere amore per questi fratelli e andare avanti, senza proselitismo”. Questo noi lo cerchiamo di fare nel nostro monastero, quando incontriamo gli ortodossi, che non ci dimostrano affabilità, amicizia o interesse. Noi andiamo avanti, salutando, per la nostra strada, con affetto.

D. – Quando il Papa parla di difendersi dalla mondanità, c’è anche qui il rischio? In che senso voi cogliete queste parole?

R. – Quello riguarda tutti: religiosi, non religiosi, laici. Tutti. Mondanità vuol dire cercare sempre qualcosa di più del Signore, cercare qualcosa che mi realizza. Quindi, Gesù non mi basta e cerco qualcosa di più: il cellulare migliore; il computer migliore. Questo è l’errore. Perché? Perché non mi fido, non conosco pienamente il Signore, non mi abbandono pienamente in Lui. E invece no, un religioso è col Signore e nelle cadute si rialza, si confessa e va avanti, perché la vita eterna esiste, il Signore esiste, il Signore è buono.

D. – E cosa lascia, secondo lei, alla realtà cattolica georgiana questa visita?

R. – Prima di tutto, penso che il Papa lasci la sua presenza di pace, di essenzialità e di umiltà. Oggi c’è bisogno di vivere in questa realtà con molta umiltà e con spirito di servizio. Ecco, lascia questa sua presenza che accoglie tutti. E’ una persona molto pratica e la sua presenza credo sia un’eco molto grande in questa terra benedetta da Dio e bagnata dal sangue di tanti martiri.








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