2016-10-02 11:09:00

Il Papa incoraggia i cattolici in Azerbaigian: avanti, senza paura!


“Il Papa visita una piccola comunità di periferia, che parla tante lingue, come ha fatto lo Spirito Santo a Gerusalemme nel Cenacolo, e gli dà forza per andare avanti”. Francesco pronuncia queste parole a braccio, dopo l'Angelus, davanti ai fedeli cattolici riuniti nella piccola Chiesa dell’Immacolata Concezione a Baku, in Azerbaigian, dove è giunto in mattinata per completare il suo 16.mo viaggio internazionale. Solo poche centinaia di fedeli in un Paese musulmano: a loro durante l'omelia della Messa, parla della fede che non è un “superpotere” ma è il “filo d’oro che ci lega a Dio“ e nella vita cristiana può fare meraviglie se è unita al servizio. Il servizio della nostra inviata Gabriella Ceraso:

Dalla “terra del fuoco”, ricca di petrolio sulle rive sul Mar Caspio, dove il Cristianesimo dei primi secoli ha resistito all’ondata di islamizzazione e all’ateismo comunista, il Papa rilancia la bellezza della vita cristiana, “dono di Dio” che desidera, dice, fare di ciascuno di noi un “capolavoro del creato”. Francesco parla in una Chiesa gremita e simbolica, l’Immacolata Concezione, l'unica parrocchia cattolica di un Paese musulmano di oltre 9 milioni di abitanti e ad ascoltalo c’è una folla festosa e attenta.

Qualcuno può pensare che il Papa perda tempo a visitare una piccola comunità di periferia: in questo imita lo Spirito Santo. Anche Lui è sceso dal cielo sulla piccola comunità nel Cenacolo per dargli forza, nonostante le porte fossero chiuse. Ma lì, come oggi a Baku, dice Francesco, c’erano due sole cose necessarie:

"In quella comunità c’era la Madre - non dimenticare la Madre! - e in quella comunità c’era la carità, l’amore fraterno che lo Spirito Santo ha riversato in loro. Coraggio! Avanti! Go ahead! Senza paura, avanti!".

Nell’omelia il Papa si è soffermato sulla fede e sul servizio, aspetti essenziali nella vita cristiana, chiarendone il significato a  partire dalla fede:

“Non è una forza magica che scende dal cielo, non è una “dote” che si riceve una volta per sempre e nemmeno un super-potere che serve a risolvere i problemi della vita. Perché una fede utile a soddisfare i nostri bisogni sarebbe una fede egoistica, tutta centrata su di noi”.

E la fede non va neanche confusa - ha precisato - col sentirsi bene o con l’essere consolati:

“La fede è il filo d’oro che ci lega al Signore, la pura gioia di stare con Lui, di essere uniti a Lui; è il dono che vale la vita intera, ma che porta frutto se facciamo la nostra parte”.

E la nostra parte è il servizio. Inseparabile e intrecciato alla fede, come i fili dei preziosi tappeti azeri. Il “servizio” è da intendersi come “disponibilità totale”, “senza calcoli né utili”, come è stato l’amore di Dio per noi. Esso è, dunque, il riassunto dello stile di vita cristiana:

“Servire Dio nell’adorazione e nella preghiera; essere aperti e disponibili; amare concretamente il prossimo; adoperarsi con slancio per il bene comune”.

Ma ci sono anche tentazioni - avverte il Papa - che possono allontanarci da questo stile. Ne cita due: un “cuore tiepido” che vive solo per “soddisfare i propri desideri” e “risparmia tempo” per Dio e per gli altri; e l’eccessiva “attività”, il ”pensare da padroni” e darsi da fare solo per guadagnare prestigio. Nessuna delle due tentazioni toccherà il “piccolo e tanto prezioso gregge di Baku”. “La Chiesa - afferma Francesco - vi guarda e vi incoraggia”:

“Cascuno di voi è come uno splendido filo di seta, ma solo se sono ben intrecciati fra loro i diversi fili creano una bella composizione; da soli, non servono. Restate sempre uniti, vivendo umilmente in carità e gioia; il Signore, che crea l’armonia nelle differenze, vi custodirà”.

La storia di fede dell’Azerbaigian, che dopo la persecuzione ha resistito compiendo meraviglie, emerge nella preghiera dell’Angelus:

“Vorrei ricordare i tanti cristiani coraggiosi, che hanno avuto fiducia nel Signore e sono stati fedeli nelle avversità. Come fece san Giovanni Paolo II, a voi tutti rivolgo le parole dell’Apostolo Pietro: 'onore a voi che credete!'".

Siate sempre - è questo l’incoraggiamento finale del Pontefice ai cattolici di Baku - “testimoni gioiosi di fede speranza e carità, uniti fra di voi e con i vostri Pastori”.








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