2016-10-01 10:33:00

Papa alla Messa a Tbilisi: cattolici non vivano in microclima chiuso


“La presenza di Dio nel cuore è fonte della nostra consolazione nelle vicende della vita, per riceverla occorre farsi piccoli, umili e fiduciosi nel Padre”. E’ quanto Papa Francesco, ispirandosi all’odierna memoria di S. Teresa di Gesù Bambino, chiede al “piccolo amato gregge di Georgia”, durante la Messa nello stadio Meskhi a Tbilisi nella seconda giornata del suo viaggio apostolico. Contrariamente a quanto previsto, non ha partecipato alla celebrazione la delegazione del Patriarcato ortodosso georgiano. Presenti i rappresentanti delle diverse denominazioni cristiane di Georgia e Armenia e di altre religioni. Il servizio della nostra inviata Gabriella Ceraso:

Didi madloba!

“Molte grazie”, dice il Papa in georgiano davanti ad uno stadio che da tempio del football, si è trasformato straordinariamente oggi in una grande Chiesa dei credenti georgiani. Cattolici, assiro caldei, ortodossi, battisti, luterani, armeni, insieme sugli spalti, nel coro e come volontari in servizio. E’ il ”Popolo di Dio al di là delle nostre divisioni” ha detto nei suoi saluti il vescovo Giuseppe Pasotto.

Donne georgiane: custodi della fede
Il Papa raggiunge l'altare varcando una porta simbolica del Giubileo georgiano e il primo pensiero nell’omelia lo dedica al grande valore delle donne georgiane, “nonne e madri”, “tesoro di questo splendido Paese”:

“Nonne e madri che continuano a custodire e tramandare la fede, seminata in questa terra da Santa Nino, e portano l’acqua fresca della consolazione di Dio in tante situazioni di deserto e conflitto"

Dio ci ama: apriamo il cuore alla sua consolazione
Come le madri per le fatiche dei figli così, dice il Papa, "Dio ama farsi carico dei nostri peccati e proteggerci":

“Egli, che ci conosce e ci ama infinitamente, è sensibile alla nostra preghiera e sa asciugare le nostre lacrime. Guardandoci, ogni volta si commuove e si intenerisce, con un amore viscerale, perché, al di là del male di cui siamo capaci, siamo sempre i suoi figli”.

La consolazione di cui allora abbiamo bisogno nelle turbolenze della vita è la presenza di Dio nel cuore. Occorre dunque fargli posto, il Papa usa un’immagine evocativa e dice: occorre “aprirgli la porta” e non restare nei sotterranei dell’angoscia. Ma come fare? 

“Il Vangelo letto ogni giorno e portato sempre con noi, la preghiera silenziosa e adorante, la Confessione, l’Eucaristia. Attraverso queste porte il Signore entra e dà un sapore nuovo alle cose".

Non rattristiamoci per disarmonie, condividiamo le speranze
Allo stesso tempo per il cristiano deve interrogarsi sulla propria capacità di portare la consolazione di Dio a cui è sempre chiamato, come per la Chiesa ricevere e dare consolazione è una missione che il Papa definisce "urgente":

“Cari fratelli e sorelle sentiamoci chiamati a questo: non a fossilizzarci in ciò che non va attorno a noi o a rattristarci per qualche disarmonia che vediamo tra di noi. Non fa bene abituarsi a un microclima ecclesiale chiuso; ci fa bene condividere orizzonti ampi e aperti di speranza, vivendo il coraggio umile di aprire le porte e uscire da noi stessi".

Dio si conosce con un cuore umile e fiducioso
Farsi piccoli e umili. Ma c’è una condizione di fondo, chiarisce Francesco, per ricevere la consolazione, e la ricorda il Vangelo odierno: "Farsi piccoli come bambini", “non accumulare onori e prestigio, beni e successi terreni, ma svuotarsi di sé”. Beate quindi, è l'invocazione di Francesco, le comunità povere di mezzi e ricche di Dio, i pastori che seguono solo la legge dell’amore, e la Chiesa che non si affida al funzionalismo, all’ efficienza, al ritorno di immagine".

Ecco allora il lascito che il Papa, congedandosi, affida al “piccolo amato gregge di Georgia”, fidarsi della consolazione di Dio:

"Chiediamo oggi, tutti insieme, la grazia di un cuore semplice, che crede e vive nella forza mite dell’amore; chiediamo di vivere con la serena e totale fiducia nella misericordia di Dio".

Al termine della cerimonia, dallo schermo al fianco dell'altare si compone la scritta "Ut Unum sint" da lettere prima sparse: come a dire che gli elementi per costruire l'unità della Chiesa ci sono, occorre solo continuare a lavorare.








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