2016-09-16 12:56:00

Papa a Pizzaballa: cristiani restino attivi e presenti in Terra Santa


Papa Francesco ha ricevuto oggi mons. Pierbattista Pizzaballa, nominato il 24 giugno amministratore apostolico "sede vacante" del Patriarcato di Gerusalemme dei Latini e consacrato vescovo il 10 settembre scorso. Su questo incontro ascoltiamo il padre francescano al microfono di Sergio Centofanti:

R. – E’ stato un incontro molto fraterno, amichevole. Abbiamo parlato del mio mandato, il suo significato, le sue attese.

D. – Quali sono le speranze e le preoccupazioni del Papa per la Terra Santa in questo momento, come lei ha potuto sentire?

R. – Innanzitutto, ho percepito una chiara conoscenza dei problemi, anche delle prospettive che ci sono in Terra Santa. Quindi era molto dentro le questioni. Il suo desiderio è che la Chiesa possa essere luogo di incontro per tutti, che la comunità cristiana rimanga attiva, vivace e presente e quindi fare tutto il possibile per sostenere la comunità cristiana in un contesto assai complicato.

D. – Lei come inizierà  questo nuovo incarico in Terra Santa?

R. – Inizierò questo nuovo incarico innanzitutto ascoltando tutti e volendo lasciare spazio a tutti – naturalmente con un senso critico – in modo da capire insieme dove il Signore ci vuole condurre e poi con fermezza e amore allo stesso tempo guidare la Chiesa.

D. – Quali sono, in questo momento, le maggiori difficoltà per i cristiani e, in particolare, per la comunità cattolica di Terra Santa?

R. – Le difficoltà sono di diverso genere: interne ed esterne. Dal punto di vista interno, diciamo, l’unità. E’ importante preservare l’unità, la comunione, l’armonia, non soltanto all’interno della Chiesa cattolica – perché questo già c’è – ma anche all’interno del mondo cristiano, quindi anche con le altre Chiese non cattoliche. Questo è fondamentale. Essendo il numero dei cristiani limitato - siamo pochi - è importante che i cristiani, tutti i cristiani, abbiano un’unica voce. Smetterla, quindi, con le gelosie tra le Chiese, insomma. Dal punto di vista esterno, che la comunità cristiana unita si presenti come un interlocutore autorevole, non per i suoi numeri – perché non sono tanti - ma per la qualità della sua presenza. Sostenere i cristiani, soprattutto in Giordania, in Terra Santa, favorendo tutte le iniziative che aiutino la comunità cristiana a progredire nell’ambito formativo, nell’ambito anche del lavoro, perché poi bisogna sempre essere concreti.

D. – Come vede invece il processo di pace in questo momento?

R. – In questo momento, ahimè, non c’è nessun processo né di pace né di guerra. Grazie a Dio non c’è la guerra, ma non c’è nemmeno la pace. Quindi è una situazione ambigua che è ferma, in stallo da molto tempo, perché le due parti non si parlano. Bisognerà, dunque, intervenire anche su questo, non certo con la presunzione che tutti stiano ad ascoltare noi, però insistere a tutti i livelli, perché questo negoziato - questo dialogo più che negoziato - riprenda quanto prima possibile.

D. – Di cosa avrebbe bisogno questo negoziato per ripartire?

R. – La volontà. Se c’è una cosa su cui tutto è chiaro, e si è discusso a lungo in tutti i dettagli, è proprio il negoziato israelo-palestinese. Se non c’è, se non si riprende è semplicemente per mancanza di volontà, di fiducia. Bisogna, innanzitutto, ricostruire le basi, perché ci sia un minimo di fiducia per parlarsi.

D. – Quali sono le sue speranze?

R. – La nostra speranza è in Gesù, che ha vinto il mondo. Per cui noi non dobbiamo  demordere. Anche se la situazione è difficile, noi dobbiamo continuare a lavorare, perché la pace ci sia innanzitutto tra di noi. E poi noi non potremo stravolgere in maniera drammatica le sorti del Medio Oriente, ma potremo nel piccolo contesto dove ci troviamo essere un piccolo esempio di pace. Questa è la nostra speranza.








All the contents on this site are copyrighted ©.