2016-09-15 10:52:00

Ragazza suicida. Difficile garantire il diritto all'oblio


Quattro persone sono indagate per diffamazione nei confronti di Tiziana, la 31enne che si è tolta la vita dopo la diffusione di un suo filmato a luci rosse di cui era stata consapevolmente protagonista. Si tratta delle persone alle quali la giovane diede i video e che furono da lei querelati. I quattro erano stati iscritti lo scorso anno nel registro degli indagati. Intanto oggi a Napoli si sono svolti i funerali della ragazza. Dai familiari la richiesta che cessi la gogna mediatica su Tiziana e che sia fatta giustizia. La donna aveva cercato di esercitare il suo diritto all’oblio, ovvero la rimozione del video da internet e aveva anche vinto la causa, ma i giudici l’avevano condannata al pagamento di 20mila euro di spese processuali perché riconosciuta consenziente nel momento della realizzazione del girato. Un caso, questo, che rivela, drammaticamente, come la tutela legislativa per il diritto all’oblio abbia i suoi limiti, come spiega al microfono di Paola Simonetti, il prof. Giovanni Ziccardi, docente di informatica Giuridica alla Statale di Milano:

R. – Secondo me c’è un forte limite tecnico, nel senso che è vero che la giurisprudenza, il garante per la privacy e la legge prevedono il diritto per una persona di cercare di far rimuovere informazioni che non siano più attuali e che la riguardino, ma dal punto di vista tecnico l’oblio non esiste, ossia un’informazione, un atto finito in rete rimarrà per sempre. Questa è una cosa che i tecnici sanno, rimarrà per sempre perché la caratteristica del dato digitale è la persistenza: un’informazione, un video, una foto possono anche rimanere quiescenti per un certo periodo, ma una volta che è in formato digitale tornerà e si ripresenterà. Quindi diciamo che il diritto all’oblio è una bellissima elaborazione da parte del diritto giurisprudenziale e funziona in molti casi, ma dal punto di vista tecnico la velocità di diffusione delle informazioni in rete è molto superiore. Molto spesso quindi questo diritto si rivela vano.

D. - L’uso del web però è ormai quotidiano, diremmo quasi istintivo, oltre che necessario. Quali sono le imprudenze che sarebbe bene non commettere per evitare di rendersi visibili in modo così dannoso?

R. - Secondo me è importante la consapevolezza, una volta che un’informazione circola in rete, questa non può più essere recuperata, è sfuggita alla nostra disponibilità. Questa si chiama analisi del rischio: ogni cosa che viene fatta, ogni post che stiamo per scrivere, ogni messaggio che stiamo per far circolare, ogni video che stiamo per diffondere, bisogna capire che dopo non si può più tornare indietro. Un approccio di questo tipo servirebbe molto ad aumentare le difese. Purtroppo molto spesso questa idea non si ha; si pensa che dopo ci sia, in qualche modo, la possibilità di rimediare, rincorrere i nostri dati e cancellarli uno ad uno, ma oggi, con la mole di dati che circolano, non è più assolutamente possibile. Il mio consiglio è sempre una grande tutela preventiva prima del fatto, perché dopo rincorrere il dato digitale diventa assolutamente impossibile.

D. - Da questo punto di vista sarebbe bene una maggiore informazione rispetto all’uso del web. Forse c’è una disinformazione da parte degli utenti, visto che oramai il web è diffuso davvero in ogni categoria sociale?

R,. - Secondo me molto spesso c’è una mancata percezione della capacità di amplificazione che possiede il mezzo tecnologico: cose che noi crediamo possano rimanere nella nostra sfera intima, uno stato su Facebook, un tweet, in realtà in pochi secondi diventano virali, iniziano a circolare, hanno un’amplificazione di tutto quello che noi diciamo e di tutto quello che noi facciamo. Quindi sicuramente una maggiore consapevolezza delle reazioni del mondo digitale a ciò che noi facciamo è molto importante. Molto spesso si sottovaluta la capacità, la potenza e la capacità di diffusione dei dati da parte della tecnologia.








All the contents on this site are copyrighted ©.