2016-09-15 13:47:00

Crescita del Pil debole. Quadrio Curzio: Ue investa di più


Nuovo record del debito pubblico, che per Bankitalia ha raggiunto i 2,252 miliardi di euro. Intanto da Confindustria arriva l’ennesimo allarme per la crescita. Per quest’anno, gli industriali prevedono un aumento del Pil solo dello 0,7%. Cerca di tranquillizzare però il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan. Alessandro Guarasci:

Dopo il taglio di giugno, gli economisti di Confindustria limano ancora al ribasso le stime sulla crescita: nel 2016 il Pil è visto al +0,7% e nel 2017 al +0,5%. E la crescita 2017, avvertono, “non è scontata e va conquistata”. Dopo “un quindicennio perduto”, il Paese “soffre oggi di una debolezza superiore all'attesa”. Serve maggiore flessibilità, altrimenti il rischio è una manovra da 16 miliardi di euro. Per il presidente degli industriali Boccia è necessaria un’era di corresponsabilità. Il ministro Padoan dice che le stime del governo sono migliori, e conferma il taglio delle tasse, anche se i limiti sono stretti. Ma perché l’Italia non cresce? L’economista Alberto Quadrio Curzio:

R. – Innanzitutto un fattore a carattere globale ed europeo con un rallentamento generalizzato legato a ragioni varie, ivi compresa quella che la politica monetaria iper-espansiva non sta producendo i risultati voluti ed io credo che non li produrrà. Mi riferisco ai risultati di ripresa e di rioccupazione. Il secondo elemento riguarda le famiglie che sono molto caute, molto prudenti in Italia. Lo sono sempre state per la verità - il nostro non è un Paese di persone che si indebitano, è un Paese di persone caute -, ma oggi la cautela è cresciuta e continua in qualche modo ad accentuarsi per il timore di un futuro fatto di tagli alla spesa pubblica tra cui la spesa sanitaria, un problema di pensioni. C’è dunque grande cautela da parte delle famiglie. Il terzo fattore è questo: non abbiamo margini di bilancio per fare spesa pubblica come riescono a fare altri Paesi europei, tra cui Francia, Spagna e persino Paesi in notevole difficoltà come il Portogallo. Ecco i tre motivi che a mio avviso spiegano l’ulteriore rallentamento della nostra crescita.

D. - Confindustria dice che se non ci sarà maggiore flessibilità, ci sarà una pesante manovra economica. Ad oggi secondo lei, abbiamo bisogno di aumentare la flessibilità soprattutto nel mondo del lavoro o anche fiscale?

R. – Secondo me la flessibilità fiscale è essenziale. Questo chiama l’Unione Europea e i suoi organi istituzionali ad una responsabilità crescente. Ieri il presidente della Commissione Juncker ha fatto la sua relazione sullo stato dell’Unione al parlamento ed ha affermato che la flessibilità del Patto di stabilità e crescita è necessaria e che i criteri di natura politica non devono essere dominati da criteri di natura teorica, dogmatica e astratta. È un’interpretazione a mio avviso corretta anche se non bastante, perché continuo a ritenere che l’Europa deve investire di più in iniziative europee, fare infrastrutture, ammodernanti con meno spreco di tipo ambientale e territoriale. Finché l’Europa non farò questo, la sua crescita e quella dei Paesi, sarà sempre una crescita stentata, salvo il caso Germania che fa a sé, ma che ha anche delle ragioni particolari per agire in questo modo.








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