2016-09-10 14:48:00

Marcia notturna da Perugia ad Assisi contro l'indifferenza


Una marcia nel buio della notte da Perugia ad Assisi contro la violenza e l’indifferenza: è l’iniziativa promossa per questa notte dalla Tavola della Pace a cui hanno aderito numerosi gruppi, associazioni, centri culturali anche islamici, sindaci ed enti locali. Parteciperanno, tra gli altri, don Luigi Ciotti e il missionario padre Zanotelli. Dopo un incontro con la stampa per spiegare i motivi dell’iniziativa, i partecipanti inizieranno il loro cammino alla mezzanotte per arrivare alle 7 di domani alla Rocca Maggiore di Assisi. Ma come è nata l’idea di compiere questo  gesto inedito? Adriana Masotti lo ha chiesto a Andrea Ferrari, presidente del Coordinamento Nazionale Enti locali per la pace  e i diritti umani:

R. – L’idea è nata dal tentativo di colpire l’opinione pubblica con una iniziativa sicuramente faticosa, anche dal punto di vista fisico: una marcia nella notte, con delle fiaccole che cercheranno simbolicamente di illuminare tutte le notizie che non vengono date e che riguardano i conflitti. Purtroppo ci sono guerre, anche in Europa e sono molte volte guerre sottili: penso a tutto il Medio Oriente… Situazioni che ci sembrano lontane, ma che in realtà le abbiamo in casa. Allora la Marcia da Perugia ad Assisi, che anticipa la grande marcia del 9 ottobre, vuole essere un tentativo di dire che la marcia non è solo una parata o “un ritrovo tra vecchi amici” come qualcuno ogni tanto ci dice, ma è un tentativo di raccontare un lavoro che viene fatto tutto l’anno.

D. – Che cosa, in particolare, voi osservate con preoccupazione nelle nostre società?

R. – Dalle periferie e dai comuni si osserva che c’è in corso sempre più un processo di disgregazione. Il rischio è che davvero si arrivi ad una società conflittuale nel suo complesso. Proprio nei territori, oggi più che mai, il compito degli amministratori, dei sindaci e dei presidenti delle Provincie è quello di provare a lavorare su parole nuove, su un paradigma nuovo, legato al tema della pace. Oggi certamente dire che si è a favore della pace non vuol dire semplicemente alzare una bandiera durante una marcia: vuol dire sporcarsi le mani ogni giorno, vuol dire tentare ogni momento di dialogare, dal proprio vicino di casa alla persona che si incontra per strada. Le guerre le abbiamo in casa! I racconti dei giovani che sono nelle nostre città sono racconti di persone disperate, a cui tante volte bisogna dare voce. E noi lo facciamo in tanti comuni, con incontri con i più giovani, con i ragazzi: devo dire che gli incontri nelle scuole fatti da giovani che scappano dalle guerre con i nostri giovani sono gli incontri più intensi.

D. – E’ importante questo, perché altrimenti potrebbe sembrare – la Marcia – una manifestazione che comincia e finisce lì e che ha, quindi, un impatto relativo. Invece è un po’ come una sintesi, un momento di arrivo e di partenza, di una attività quotidiana…

R. – E’ una attività quotidiana. A Lodi – per esempio – fra poche settimane avremo una Marcia in cui il tema sarà il diritto al cibo: ad ogni partecipante chiederemo di portare un sacchetto di prodotti, che ha in casa e a cui rinuncia, che doneremo al Centro di raccolta di diritto al cibo, che sfama ogni anno migliaia di persone. Questo è un esempio di come una iniziativa – diciamo - di massa, di carattere popolare, come è la Marcia della Pace, possa tornare un po’ al suo senso originale, quale era la Marcia di Aldo Capitini, una Marcia che passava nei comuni e che lasciava un segno. Le marce oggi e la Marcia Perugia-Assisi a maggior ragione, devono lasciare un segno e colpire anche le emozioni delle persone: uno deve tornare a casa da quella marcia più carico e più determinato a lavorare insieme nel proprio territorio e sentirsi meno isolato.

D. – Certamente i risultati non sempre si vedono: quindi ci vuole anche molta determinazione e coraggio per proseguire in questo vostro impegno…

R. – E’ sicuramente un po’ come la tela di Penelope. Però è una strada da cui non si può tornare indietro e chi si occupa di questi temi - lo dico a vasto raggio - a tutti gli operatori, volontari e professionisti, bisognerebbe dare davvero un Nobel, perché sono persone che tentano di aggregare una società che – complice anche la crisi – fa sempre più fatica a stare insieme.

D. – Abbiamo parlato della pace costruita nel quotidiano. Però voi guardate anche al mondo e mi sembra che anche per quanto riguarda – ad esempio – il conflitto in Medio Oriente voi fate anche delle visite, delle azioni di solidarietà. Quindi volete incidere anche oltre…

R. – Sì! Il tentativo è quello di usare le reti meno ufficiali: non quelle diplomatiche o degli Stati, ma le reti delle associazioni, le reti delle persone, le reti dei cittadini per andare a incidere nei territori dove troviamo delle energie, per raccontare che in realtà, anche in Paesi in conflitto, ci sono dei germogli di pace che valgono la pena di essere coltivati. Quindi, in questo, il Coordinamento nazionale degli enti locali per la pace ha un patrimonio di relazioni costruito in tanti anni davvero prezioso.








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