2016-09-10 14:00:00

All'insegna dell'incertezza il voto anticipato in Croazia


In Croazia è durata appena sei mesi l’ultima legislatura e il Paese questa domenica torna alle urne. I sondaggi prevedono un testa a testa tra i due maggiori partiti: l’Unione Democratica, di ispirazione conservatrice, e quello Social-democratico. A ridosso, la formazione centrista Most, con cui necessariamente chi vincerà dovrà dialogare per formare il nuovo esecutivo. Un clima, dunque, in cui non è possibile fare previsioni. Giancarlo La Vella ne ha parlato con Mauro Ungaro, direttore del periodico “Voce Isontina”:

R. – Sì, effettivamente è una situazione di estrema incertezza. I sondaggi ci dicono che i due partiti maggiori, l’Unione Democratica Croata e il Partito Social-democratico, dovrebbero essere alla pari e ancora una volta Most potrà essere l’ago della bilancia.

D. - La debolezza del prossimo governo potrebbe essere la stessa di quello precedente, cioè il doversi alleare con Most, che è un partito nato, in fondo, in antitesi ai due partiti principali?

R. – Esatto, ricordiamo che Most è un partito che nasce come partito anti-sistema. Anche ora senz’altro lo sarà, quindi la situazione non fa prevedere un futuro certo in questo momento.

D. - In chiave europea che significato ha questo voto? L’Unione Democratica si è mostrata assolutamente favorevole a rispettare i parametri richiesti da Bruxelles …

R. – Sì, la Croazia ha alle spalle un periodo di governo non facile riguardo i rapporti con l’Unione Europea, soprattutto perché c’è stato un giro di vite nei confronti dei mass media e un periodo anche di revisione di quello che è stato il passato croato, su cui Bruxelles aveva avanzato non pochi dubbi. Chiaramente nessuna delle due coalizioni mette in discussione quella che è l’adesione all’Unione Europea, ma anche il futuro nell’Ue. Si tratterà di cercare di capire su che cosa si focalizzerà, da un punto di vista pratico, l’attività del governo, anche perché il fatto che Most funga da ago della bilancia in questo momento, lascia spazio a varie supposizioni. La stessa campagna elettorale è stata decisamente moderata, dai toni non accesi e, più che altro, caratterizzata da nuove polemiche tra i vicini balcanici, mosse da quella che è stata la revisione da parte di Zagabria della condanna per collaborazionismo al beato cardinale Stepinac, pronunciata nel 1946, condanna che ora il tribunale croato ha annullato.

D. - Quale strascico ha lasciato il sanguinoso conflitto degli anni ’90 che ha coinvolto la Croazia e tutta l’ex Jugoslavia?

R. - In questi giorni rileggevo le parole di San Giovanni Paolo II, che esattamente 20 anni fa celebrava a Zagabria i 900 anni di quella diocesi e in un discorso – ricordiamo in quel momento in quali condizioni era la penisola balcanica – disse delle parole che rimangono veramente impresse: “Suggerisce la pace la stessa collocazione geografica, che fa delle terre balcaniche un punto di passaggio. Proprio da questo è derivato nel corso dei secoli la fioritura di varie attività. In questa linea sta dunque anche il futuro della penisola balcanica. Il progresso e il bene di queste Nazioni hanno un solo nome: pace!”. Mi pare che sia un cammino delineato e da cui assolutamente non si può uscire.








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