2016-09-08 14:42:00

Religions for peace: leader possono favorire o allontanare la pace


Il dialogo interreligioso per la pace: se ne è parlato ieri nel Convegno “Misericordia e riconciliazione”, tra gli eventi organizzati a Roma nell’ambito del Giubileo dell’Università. Roberta Gisotti ha intervistato Luigi De Salvia, segretario generale dell’organizzazione "Religions for peace - Italia", che ha promosso e coordinato i lavori di questo significativo evento:

D. – Dr. De Salvia, viviamo un tempo in cui la fede religiosa diviene sovente alibi per gruppi minoritari di esercitare l’odio tra i fratelli. Certo l’attualità sarà entrata nel vivo dell’incontro…

R. – Sicuramente, l’abuso della religione per motivazioni di altro tipo è una costante, anche se è stato messo in evidenza in alcuni interventi che le religioni stesse possono, in determinate situazioni, vivere in modo incoerente il loro messaggio e rendersi complici di tensioni e anche di guerre, come ci ha mostrato anche la storia passata.

D. – Nel convegno, sappiamo che sono stati presenti rappresentanti di 16 confessioni religiose. Questo incontro così diversificato ha portato dei frutti?

R. – Certamente, ha portato dei frutti. Quello che si è sentito è stata la forte tensione unitaria: cercare quanto unisce, soprattutto a partire dal tema della misericordia, come attenzione anche alle fragilità umane, all’inclinazione anche a sbagliare e a sbagliare tragicamente a danno degli altri, e come questo tipo di atteggiamento, che più che essere giudicante cerca di capire le ragioni – ragioni a volte distorte – possa essere la premessa per processi di riconciliazione.

D. – Si è detto che i leader delle religioni possono avere un ruolo più forte, più incisivo verso i loro fedeli, verso i loro seguaci, perché il mondo vada verso la pacificazione…

R. – Sicuramente, i leader religiosi hanno influenza su vaste comunità e quindi la scelta, il comportamento dei leader religiosi è decisivo per ridurre le tensioni internazionali o, viceversa, per esasperarle. C’è poi un compito specifico nella modernità: diciamo che l’eredità di oltre due secoli di prospettive positivistiche, quelle che definiamo materialistiche, ha reso molto fragile la condizione umana. In assenza di riferimenti saldi, radicati il rischio di cadere nell’ostilità nella vita quotidiana e su più larga scala è grande. Quindi, il problema per una ri-umanizzazione non può che essere assunto dalle grandi religioni. Naturalmente, la prima condizione è che si riconoscano reciprocamente nella loro dignità: non può essere affermata la dignità umana se tra le religioni non c’è questo rispetto reciproco della dignità e del valore di una tradizione. Sicuramente, su questo terreno siamo più avanti rispetto al passato, con l’esperienza degli ultimi decenni, quest’anno è il 30.mo anniversario dello storico incontro di preghiera per la pace di Assisi, convocato da San Giovanni Paolo II, dopo che questa dinamica si è messa in moto, le possibilità che le religioni collaborino rispetto ai grandi, crescenti rischi di guerra in parte già in atto e di tensioni internazionali, questa possibilità è più concreta.

D. – Questa ricerca della pace di cui il mondo ha tanto bisogno nei nostri tempi può essere un elemento di accelerazione del cammino verso l’unità dei cristiani?

R. – Ecco, è uno degli aspetti che è emerso, cioè incentrarsi su questo aspetto della difesa dell’umano e della difesa più in generale del Creato come vero orizzonte di responsabilità per tutti i cristiani, piuttosto che discussioni teologiche. Ovviamente, c’è spazio e diritto per questo confronto nelle sedi e nei momenti dovuti, però che queste non siano di ostacolo alla responsabilità per la vita, per le esigenze concrete di tutti i giorni.

D. – Da parte dei rappresentanti della religione islamica, ci sono state sottolineature particolari visto che l’islam è messo così tanto sotto processo?

R. – Sì. La preoccupazione di questa grande parte del mondo islamico che non si riconosce nell’estremismo, nel terrorismo è stato questo, di sottolineare con forza che questo non è realmente coerente con gli insegnamenti religiosi, anche dell’islam. D’altra parte, sappiamo benissimo che all’interno di questo mondo c’è un grande movimento, una grande discussione tra posizioni fondamentaliste e posizioni invece di apertura e di responsabilità verso la pace. In questo caso, interferiscono anche fattori di altra natura, perché esigenze di egemonia geopolitica e di egemonia sul mondo musulmano vanno a stravolgere e a forzare anche le interpretazioni religiose. E, certo l’islam è più al centro della situazione, anche con le esperienze attuali di terrorismo e delle guerre in Medio Oriente e in tutta l’area circostante. Però, non dimentichiamo che anche nelle altre grandi tradizioni non c’è coerenza tra richiamarsi a un’identità religiosa e poi procedere a strategie di guerra con l’illusione di rimettere in pace il mondo.

D. – C’è stata una mozione finale o, quanto meno, delle promesse o una promessa, in chiusura dei lavori?

R. – La promessa da parte di tutti i rappresentanti è stata questa: di riportare nell’ambito delle loro comunità questo impegno, questa tensione per mobilitare i seguaci delle varie religioni, sempre per processi di riconciliazione.








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