2016-09-07 08:01:00

Il sostegno degli psicologi tra i terremotati


Non si ferma lo sciame sismico nelle zone colpite dal terremoto del 24 agosto tra Lazio e Marche. Una scossa con epicentro Accumoli di 3.3 gradi della scala Richter è stata avvertita alle 2.04 di questa notte. Intanto il governo Renzi è al lavoro per organizzare la ricostruzione. Ad Accumoli sono iniziati i primi trasferimenti negli alberghi sulla costa marchigiana ma le persone terremotate non vogliono lasciare le tendopoli perchè desiderano restare accanto alle proprie case. Per la popolazione colpita dal sisma del 24 agosto scorso si tratta di un altro trauma. Per questo, nelle varie tendopoli nel Lazio e nelle Marche viene garantita la presenza di uno psicologo. Al Campo di Pretare d'Arquata, nelle Marche, Roberto Piermarini ha raccolto la testimonianza del dottor Lamberto Lambertucci, referente delle squadre di soccorso psico-sociale della Croce Rossa Italiana:

D. – Dr. Lambertucci, qual è stato l’impatto a livello psicologico del post-terremoto, per queste persone?

R. – E’ stato una sorta di un lutto che non appartiene solamente al singolo, ma a tutta la comunità, con tutte le fasi che sono il lutto, lo shock, il rifiuto, la rabbia, il venire a patti, la depressione e poi l’accettazione. Sull’accettazione chiaramente poi bisogna buttarsi nella ricostruzione, nella ridefinizione anche di nuovi rapporti sociali, le amicalità: questo è l’impatto che si avrà per tutto questo periodo. Indubbiamente è un lutto particolare, perché oltre al decesso, alla morte delle persone, il territorio non è quello di prima: anche quello è deceduto, c’è da rifarlo. I legami sono interrotti e si stanno creando altri legami. Una cosa che stiamo facendo, insieme ai nostri operatori, è creare un’alleanza diretta tra le persone, tra gli abitanti, contro il terremoto, contro tutto quello che è accaduto.

D.- In che fase siamo, in questo momento?

R. – Le fasi si accavallano, l’una sull’altra, chiaramente. Nel momento stesso in cui accadrà qualcosa, che si muoverà qualcosa – intendo dire proprio a livello di rapporti istituzionali – è possibile che possano esserci anche situazioni difficili da gestire, perché verrà fuori la rabbia …

D. – Qui ci sono tre categorie di persone: i bambini, le persone di mezza età e gli anziani. Qual è la differenza di reazioni di fronte a un terremoto, di fronte a un’emergenza come questa?

R. – I bambini solitamente, se i genitori sono abbastanza solidi, giocano. Giocano: trovano il modo di giocare. Si divertono. Anche perché ci sono le tende, ed è divertente anche a passarci con le biciclette. Si divertono. Gli anziani hanno vissuto tantissime situazioni, anche di terremoto, magari, per cui hanno un bagaglio di esperienze tali da poter governare le proprie emozioni, anche se d’altro canto si sentono un po’ menomati rispetto ai più giovani però, hanno una storia alle spalle, in questo senso. Quelli che soffrono di più, ma non lo ammetteranno mai, sono le persone tra i 30 e i 50 anni, perché sono quelle che effettivamente si sentono quelli che debbono dare una mano a tutti i costi, che devono fare, che devono ricostruire. Invece qui bisogna farlo con calma, pian piano e così via. Per cui il tempo diventa un tempo senza tempo …

D. – Le persone che da fuori vanno a vedere le proprie case distrutte, tutte lesionate, quando poi vengono da lei che cosa le dicono?

R. – Se sono persone di qui non mi dicono niente: devo essere io, a dire qualcosa. Anche perché io sono un estraneo. Non ci si pensa: ma anche adesso che siamo qui, noi siamo estranei. E c’è un’intrusione – a buon fine, per carità di Dio – però, comunque sia, entriamo nel loro territorio.

D. – Per quanto riguarda invece le persone che avevano già problemi a livello psicologico, che cosa succede quando c’è un terremoto?

R. – Distinguiamo la psicologia dalla psichiatria, cioè la malattia mentale rispetto al disagio, che non significa malattia mentale. Se qui qualcuno non piange, vuol dire che sta male; se qualcuno piange, urla e si dispera, è normale e deve farlo, e dobbiamo anche aiutarli! Per quel che riguarda le persone psicotiche, quando c’è una situazione di questo genere è come se essa richiamasse la vita, e quindi si comportano perfettamente. Per esperienza, quando ci fu il terremoto in Abruzzo e nelle Marche, ero in un Centro per disabili; ci fu una scossa abbastanza lunga, una mattina, e andai subito a vedere come andava nelle stanze. Ricordo due persone con psicosi grave con crisi pantoclastica, cioè che quando si arrabbiavano buttavano all’aria tutto, che aiutarono gli altri a uscire, tranquillamente; poi, uno lasciò la porta mezza aperta. Gli chiesi: “Scusa, ma perché la lasci mezza aperta?” – “Eh, dotto’, e se dopo casca giù, qua non si può più aprire!”. E’ chiaro, no? Questa sorta di sforzo di aderenza al reale, poi lo si paga dopo un po’ di tempo: dopo un anno riemerge in maniera potente l’accaduto.

D. – E’ soddisfatto del lavoro che sta facendo qui?

R. – Avrei non dovuto farlo, prima di tutto, perché sono stato a L’Aquila … come si fa a essere soddisfatti? Perché qua, in effetti, è doloroso per tutti. Noi della Croce Rossa ci dedichiamo prevalentemente al personale, meno alla popolazione, perché il personale lo aiutiamo – lo addestriamo – ad avere buoni rapporti. Se l’operatore che sta lì a terra, aiuta e così via, lavora e lavora bene, sta sereno, è più bravo di me a contattare le persone: ci sanno fare meglio, meglio di me, sinceramente. Per cui, come si fa a dire siamo soddisfatti? Sì, siamo soddisfatti, però si vorrebbe fare sempre di più …








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