2016-09-07 12:01:00

Convegno di Bose. Patriarca Youhanna: basta terrorismo e menzogne


“Salvate i nostri Paesi dalle grinfie del terrorismo, fermate il commercio sfrenato delle armi e richiamate nei porti le vostre navi da guerra! Non ci sentiremo al sicuro né con navi da guerra né con navi da emigrazione! Ci sentiremo protetti soltanto se nelle nostre terre verrà seminata la pace. Noi siamo piantati qui da duemila anni, qui siamo nati, qui viviamo, qui anche moriremo”. È l’accorato appello di Sua Beatitudine Youhanna X (Yazigi), Patriarca di Antiochia e di tutto l’Oriente, lanciato questa mattina in apertura del XXIV convegno ecumenico internazionale di spiritualità ortodossa su “Martirio e Comunione”, promosso dal Monastero di Bose dal 7 al 10 settembre, in collaborazione con le Chiese ortodosse. 

Il Patriarca ai potenti: basta terrorismo, basta menzogne! Smettetela di esportare la barbarie
Il Patriarca Youhanna X - riporta l'agenzia Sir - che è fratello di uno dei due metropoliti rapiti in Siria nel 2013, Bulus Yaziji, ha affidato la sua relazione al decano della facoltà teologica dell’Università di Balamand, Porphyrois Georgi. “I nostri cristiani d’Oriente – ha scritto il Patriarca ai partecipanti del convegno di Bose – cercano oggi qualcuno che porga attenzione al loro grido ma non lo trovano”. “Non andiamo in cerca della pietà dei forti di questo mondo ma, a voce alta, urliamo loro in faccia: ‘Smettetela di affibbiarci l’etichetta di miscredenti, basta terrorismo, basta menzogne! Smettetela di esportare la barbarie, di adottare slogan insensati!”. 

Embargo a un popolo siriano affamato ma non al commercio delle armi
“Non è giunta l’ora che il mondo si svegli? – ha quindi chiesto il Patriarca siriano -. Non è giunta ancora l’ora in cui l’umanità si renda conto che terrorismo e intolleranza religiosa (takfir), che ora prendono di mira i nostri popoli e le nostre chiese, raggiungeranno ogni angolo di questo pianeta? Non è giunta ancora l’ora in cui la politica internazionale si interessi al caso dei due metropoliti, Yuhanna Ibrahim e Bulus Yaziji, e dei presbiteri rapiti da più di tre anni? Non è giunta ancora l’ora per la società internazionale di domandarsi, per una volta, perché impone un embargo a un popolo affamato chiudendogli le porte dei suoi mercati mentre gli spalanca quelle del mercato delle armi?”. Ed ha concluso: “Non riesco a capire come facciano i politici della terra a stare con le mani in mano, a guardare come spettatori il teatro di violenza che è il nostro Paese dando priorità soltanto agli interessi economici e strategici che servono le loro politiche disumane”.

Le divisioni tra i cristiani rendono sterile la nostra testimonianza
È “giunto il tempo che i nostri dialoghi teologici superino le barriere e i complessi della Storia” e comprendano che “le nostre divisioni rendono sterile la nostra testimonianza” ha detto il Patriarca Youhanna. “Il mondo oggi, fratelli – afferma – è in uno stato di smarrimento. Attende da noi cristiani volti oranti, una comunione autentica e una vera unità che superi le barriere della Storia, i suoi peccati e le sue ferite. Il mondo oggi ha un impellente bisogno di una testimonianza cristiana fondata sull’incontro e la comprensione, di una voce cristiana unificata e franca che risponda agli interrogativi che lanciano una sfida all’uomo d’oggi in tutte le crisi sociali che è chiamato ad affrontare”.  “Come possiamo essere fautori di pace e far ascoltare la nostra voce in un mondo che in noi non vede che tensioni, divisioni, parcellizzazioni?”, ha chiesto il Patriarca. 

Le attuali sofferenze dei cristiani, il miglior incentivo a pensare attentamente alla nostra unità 
Nella sua relazione dal titolo, “Il sangue dei martiri, seme di comunione”, il Patriarca ha nominato, uno ad uno, tutte le vittime della violenza ripercorrendo la lunga scia di sangue fino a giungere a padre Jacques Hamel morto in Francia, “ucciso tra l’altare e il santuario” (Mt 35,23). “Senza dubbio – ha quindi detto il Patriarca – le sofferenze dei cristiani in questa nostra ultima crisi rappresentano per noi il miglior incentivo a pensare attentamente alla nostra unità come cristiani e a dare priorità a un’azione seria tesa a realizzarla”. Ma ciò richiede un ecumenismo della conversione. “I martiri della Chiesa dei giorni nostri ci ricordano che ciò che ci unisce è molto più grande di ciò che ci divide. Ma come possiamo rispondere in maniera pratica al loro appello? Ognuno di noi è disposto ad ammettere la propria responsabilità nell’allargare il fossato che divide le nostre Chiese? Ognuno di noi è disposto ad ammettere i propri errori commessi lungo il corso della Storia e in particolare quegli errori che hanno contribuito a dividere il Corpo di Cristo? Siamo pronti a curare, con onestà, le ferite del passato e a liberarci della memoria dell’inimicizia?” si chiede il Patriarca. (R.P.)








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