2016-09-05 17:01:00

Sisma: nuove scosse vicino Amatrice. Ora si teme il maltempo


Oggi il premier Matteo Renzi farà il punto della situazione sulla ricostruzione nelle zone terremotate con il commissario Vasco Errani. Ora nelle regioni colpite dal sisma si teme l’arrivo del freddo. Intanto, continuano le scosse: due i movimenti tellurici di magnitudo 3.5 e 3.2 tra Amatrice e Accumoli registrate alle 23:36 e alle 2:18 della notte scorsa. E con il recupero del corpo di un ragazzo afghano, sotto le macerie ad Amatrice, sale a 295 il numero dei morti: si tratta di un bilancio ancora provvisorio, fa sapere il capo della Protezione civile, Fabrizio Curcio. Il servizio di Debora Donnini:

Protezione civile: bilancio delle vittime è tragico. Bisogna andare via dalle tende
Il numero dei morti è  particolarmente tragico rispetto  a quello dei residenti. “Per la prima volta – dice il capo della Protezione civile - il numero delle vittime è della stessa grandezza”  di quello di feriti e persone salvate. Parlando con i presidenti dei Consigli regionali riuniti a Roma, Curcio spiega che non ci sono soluzioni preconfezionate per il post terremoto: c’è ancora molto da chiarire su danni e esigenze. Il grande timore ora è il maltempo, con piogge e freddo. “La gente deve andare via dalle tende”, dice Curcio, non si possono aspettare 7 mesi per la costruzione delle casette, servono soluzioni alternative. Attualmente, infatti, 4.700 persone vivono nelle tendopoli allestite dalla Protezione civile. In tutto 4.800 gli assistiti nel post terremoto.  Si cercherà, poi, un coordinamento dei 4 consigli delle Regioni coinvolte.

Prosegue lo sciame sismico. Domani Renzi fa il punto sulla ricostruzione
La popolazione è anche provata dalla paura perché lo sciame sismico prosegue. L’Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia rende noto che sono state oltre 5mila le scosse dal 24 agosto.  L’attenzione è diretta anche sulla ricostruzione. Domani per Renzi una giornata per fare il punto. Vedrà il commissario Errani e poi Giovanni Azzone, il Rettore del Politecnico di Milano per il progetto Casa Italia che seguirà le linee guida del senatore Renzo Piano. Si punta ad una cultura del “rammendo”, con cantieri leggeri per una prevenzione strategica. Renzi, poi, assicura: non ci sarà l’aumento della benzina per la ricostruzione. 

Roberto Piermarini si è recato in una delle tre tendopoli di Arquata del Tronto, quella di Pretare ed ha intervistato il parroco, di tre delle frazioni più colpite, don Francesco Armandi:

D. – Don Francesco, tu visiti ogni giorno i tuoi parrocchiani che vivono nelle tendopoli: che cosa ti chiedono?

R. – Chiedono di rimanere vicino alle loro case, anche se momentaneamente si trovano nelle tende. Chiedono che i campi prefabbricati siano allestiti vicino ai loro paesi, cosicché possano rimanere almeno in contatto visivo con le loro case, i loro affetti e i loro ricordi.

D. – Qual è il loro stato d’animo?

R. – Dipende dai paesi: in alcuni un po’ meglio, in altri peggio. A Pretare, dove sono rimasti tutti insieme – tutti della stessa frazione – lo stato d’animo è migliore rispetto a Pescara del Tronto, dove purtroppo non c’è neanche una famiglia che non abbia avuto un lutto. A Capodacqua, dove sono stati tutti allontanati per mancanza di spazio, le persone sono un po’ abbattute. Questo è un po’ in generale lo stato d’animo delle persone; in ogni caso tutte, indistintamente, chiedono di rimanere nei loro paesi, e che questi ultimi vengano ricostruiti. A Pescara infatti, dopo tutti i morti che ci sono stati, pensavo che gli abitanti non avessero più la volontà di ricostruire il paese; e invece si è già costituito un comitato, che si è già riunito proprio con l’obiettivo di premere per la ricostruzione del paese.

D. – A Pescara del Tronto, dove sei parroco, hai perso molti parrocchiani: che cosa ricordi di loro?

R. – Li ricordo tutti. Con alcuni di loro, la sera prima avevamo festeggiato il compleanno ed eravamo tutti in piazza al rinfresco per stare vicino a loro. Cinque giorni prima, una coppia originaria di Pescara aveva festeggiato il 25.mo di matrimonio: e anche in quell’occasione ci eravamo ritrovati tutti insieme in piazza per partecipare al rinfresco. Di questa coppia, ad esempio, si è salvata solo la moglie e un figlio, mentre l’altro figlio, il marito e i genitori sono morti. Lo stato d’animo è quindi facilmente intuibile…

D. – Anche nella frazione di Capodacqua ci sono stati ingenti danni, anche dal punto di vista artistico…

R. – Sì, molti. C’è ancora una chiesa molto famosa, ottagonale, con dipinti di Cola di Amatrice, che ora è in pericolo di crollo; e purtroppo non riusciamo ancora ad intervenire dato il pericolo che tuttora incombe. Certamente però sarebbe un peccato, perché queste chiese, antiche di secoli, non sono solo un monumento all’arte, ma – secondo me – sono un monumento alla fede, perché le hanno costruite gli abitanti del paese, i nostri paesani, “togliendosi il pane dalla bocca”.

D. – Qual è la situazione invece nelle altre chiese delle due parrocchie dove sei parroco?

R. – La situazione delle chiese purtroppo è grave, perché sono tutte inagibili, anche quelle che non sono crollate. E tanto è vero che al campo di Pretare abbiamo allestito una tenda dedicata alla chiesa.

D. – Oggi come si svolge la tua attività pastorale? Devi girare per i vari campi?

R. – Io dico la Messa nella tendopoli di Pretare. Però, dato che i miei parrocchiani di Capodacqua e di Pescara del Tronto sono sparsi nei campi di Borgo d’Arquata e Pescara, almeno una volta al giorno vado in uno dei campi a trovarli e a parlare con loro.

D. – C’è attesa per la visita del Papa qui?

R. – Certo! Tutti mi domandano: “Ma verrà per davvero? E se viene, quando?” Perché tra i fedeli il Papa è molto amato e stimato. E tutti – veramente – lo aspettano con affetto e attendono da lui una parola di conforto: che forse è l’unica sincera.

D. – Don Francesco, cosa ti fa più paura una volta che i riflettori si spegneranno?

R. – La solitudine, perché sicuramente il rischio è che questa gente sia abbandonata a sé stessa. E il pericolo mi pare sia abbastanza imminente: già rispetto al primo giorno, oggi c’è una differenza di afflusso di mezzi e personale. Anche perché è diminuita la presenza delle televisioni e delle radio che fanno interviste: molti erano qui solo per quello.

D. – Che cosa ti ha lasciato questo terremoto?

R. – Mi ha lasciato una sensazione di grande sconforto, ma al tempo stesso mi ha dato una speranza. Perché ho visto che in tante persone le disgrazie tirano fuori il meglio del loro animo.








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