Si susseguono gli appelli al dialogo in Etiopia, dopo la repressione nel sangue, due settimane fa, delle manifestazioni degli oromo nelle quali hanno perso la vita oltre 100 manifestanti. Al richiamo lanciato nei giorni scorsi dai vescovi cattolici del Paese, ha fatto seguito quello del Consiglio mondiale delle Chiese (Wcc).
Gli oromo etnia emarginata
Alle origini delle proteste: il piano di sviluppo
dell’area di Addis Abeba, annunciato nel novembre 2015 dalle autorità locali, progetto
che prevede l'espropriazione di parte delle terre degli oromo, etnia vittima di discriminazione
nel Paese. Nonostate il blocco del piano da parte del Governo, le manifestazioni degli
oromo sono continuate per denunciare l'emarginazione e l'esclusione dalla vita economica
e politica etiope controllata dall’etnia tigrina.
Dialogare per un futuro migliore per l’Etiopia
In una nota diffusa il 19 agosto, il direttore della
Commissione per gli affari internazionali del Wcc, Peter Prove, ha espresso cordoglio
per le vittime della repressione, esortando le forze dell’ordine ad astenersi dall’uso
eccessivo della forza per favorire il dialogo. Egli ha quindi invitato tutte le Chiese
a pregare “perché le parti possano stringersi le mani per un futuro migliore per l’Etiopia
basato sulla giustizia sociale e la dignità umana”.
L’appello dei vescovi
Dello stesso tenore è stato l’appello lanciato dieci
giorni fa dai vescovi etiopici. In una dichiarazione diffusa dal presidente della
Conferenza episcopale etiope ed eritrea, card. Berhaneyesus Demerew Souraphiel, i
presuli avevano chiesto “a tutte le parti in causa di cooperare nella costruzione
di una società libera dall’odio, anche per le generazioni future”, sottolineando che
il caos non è una risposta ai problemi, “ma piuttosto un ostacolo alla crescita e
allo sviluppo” di cui il Paese ha bisogno per uscire dalla povertà. (L.Z)
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