È il dialogo l’unica chiave per fare breccia nel cuore umano, chiuso soprattutto oggi da una “insicurezza esistenziale che ci fa avere paura dell’altro”. Lo afferma Papa Francesco nel Messaggio inviato, a firma del cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, al 37.mo Meeting per l’amicizia tra i popoli organizzato a Rimini da Comunione e Liberazione con il titolo “Tu sei un bene per me”. Il servizio di Alessandro De Carolis:
Questo è un titolo “coraggioso”, riconosce il Papa. Dire “Tu sei un bene per me” stride e tanto tra le paure del mondo attuale, dove si alzano barriere e si dice si salvi chi può ciascuno badando a sé. È un titolo “coraggioso”, afferma il Papa nel Messaggio ai partecipanti al 37.mo Meeting di Comunione e Liberazione, perché va in “senso opposto” sia a una generale tendenza umana per cui tante volte gli altri “diventano qualcosa di superfluo, o peggio ancora un fastidio, un ostacolo", sia al senso di precarietà della nostra epoca, in cui la pace e la sicurezza di nazioni e popoli è minacciata.
Da solo chi si salva?
Se si cede alla tentazione dell’individualismo, ripete
Francesco, si finisce per cogliere delle persone “soprattutto i limiti e i difetti”
e ciò indebolisce, osserva, “il desiderio e la capacità di una convivenza in cui ciascuno
possa essere libero e felice in compagnia degli altri con la ricchezza delle loro
diversità”. Ma di “fronte al cambiamento d’epoca in cui tutti siamo coinvolti – si
chiede il Papa – chi può pensare di salvarsi da solo e con le proprie forze?”.
Nessuno è perso definitivamente
Questa, sottolinea, è “la presunzione che sta all’origine
di ogni conflitto tra gli uomini”, che invece il Vangelo rovescia giacché, ribadisce
Francesco, “il cristiano coltiva sempre un pensiero aperto verso l’altro, chiunque
egli sia, perché non considera alcuna persona come perduta definitivamente”. E qui,
il Papa richiama una volta di più la parabola del figlio prodigo il quale, mentre
pascola tristemente i porci consapevole di aver tradito la fiducia del suo genitore,
non sa che invece suo padre “tutte le sere sale sulla terrazza per vedere se torna
a casa e spera, malgrado tutto e tutti”. “Come cambierebbe il nostro mondo – esclama
Francesco – se questa speranza senza misura diventasse la lente con cui gli uomini
si guardano tra di loro!”.
Dialogo, identità e apertura
Per tradurre in vita questa fiducia c’è, annota il
Papa, “una parola che non dobbiamo mai stancarci di ripetere e soprattutto di testimoniare:
dialogo”. Un valore del quale il Papa individua i vantaggi: “Ci fa riconoscere – dice
– la verità dell’altro, l’importanza della sua esperienza e il retroterra di quello
che dice, anche quando si nasconde dietro atteggiamenti e scelte che non condividiamo”.
Insomma, sostiene Francesco, il dialogo è ricchezza e non impoverimento purché, indica,
ogni incontro implichi “la chiarezza della propria identità, ma al tempo stesso la
disponibilità, a mettersi nei panni dell’altro per cogliere, al di sotto della superficie,
ciò che agita il suo cuore, che cosa cerca veramente”.
Non la potenza delle cose ma la mitezza dell’amore
Dunque, “questa è la sfida davanti alla quale si trovano
tutti gli uomini di buona volontà”. Conclude Francesco, che invita a considerare i
“tanti sconvolgimenti di cui spesso ci sentiamo testimoni impotenti” come “un invito
misterioso a ritrovare i fondamenti della comunione tra gli uomini per un nuovo inizio”.
L’incoraggiamento finale ai partecipanti al Meeting è quello alla coerenza della vita
di fede, basata sui Sacramenti, espressa con una “testimonianza creativa”, nella consapevolezza
“che ciò che attrae, ciò che conquista e scioglie dalle catene non è la forza degli
strumenti, ma la mitezza tenace dell’amore misericordioso del Padre”.
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