2016-08-18 12:27:00

Raid in Siria: Onu ferma attività umanitaria, civili abbandonati


I continui raid sulla Siria ostacolano gli aiuti ai civili. Questo il motivo per cui l'inviato speciale dell' Onu per la Siria, Staffan de Mistura, ha annunciato di avere sospeso l'attività della sua task force umanitaria. La decisione giunge dopo il nuovo appello alle parti in guerra del segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, per la martoriata città di Aleppo: si rischia una catastrofe umanitaria – scrive – senza precedenti. Sulle ragioni della concentrazione del fuoco su Aleppo, Giancarlo La Vella ha intervistato Lorenzo Trombetta, dell'Ansa di Beirut:

R. – Aleppo è uno snodo cruciale per la guerra siriana, sia perché è il terminale dell’asse stradale Damasco-Aleppo, Nord-Sud, Sud-Nord, che divide in due la Siria: da una parte quella dominata dai russi, dagli iraniani e dalle forze governative; dall’altra la Siria rurale, in parte dominata dal sedicente Stato Islamico e in parte da sacche della resistenza di insorti di vari gruppi e filiazioni. In questo modo, Aleppo non soltanto è il terminale dell’asse, ma è anche uno snodo che da secoli divide il Medio Oriente. C’è un Medio Oriente che si affaccia verso l’Anatolia, sottoposto quindi all’influenza turca, con i fortissimi interessi economici della Turchia nel Nord della Siria; ma c’è anche il collegamento con Mosul, quindi con il petrolio iracheno e con quello che è il profondo Medio Oriente e poi l’Asia Centrale. Poi, in fondo, Aleppo è anche una città mediterranea, perché il Mediterraneo è a meno di 200 kilometri di distanza. E Aleppo è fondamentale anche per il controllo della parte Nord-occidentale della Siria: quella che si affaccia sulla costa di Latakia. Ecco perché questa città, geograficamente e politicamente, racchiude diverse dimensioni cruciali per il destino della guerra.

D. – L’appello del segretario generale dell’Onu si rivolge soprattutto a Russia e Stati Uniti; c’è veramente la volontà di salvaguardare i civili da parte di chi, in questo momento, è impegnato ad attaccare le basi del sedicente Stato islamico?

R. – Innanzitutto, la questione di Aleppo non è legata direttamente a quella dell’Is. L’Is non è presente, almeno non ufficialmente, nella zona di Aleppo. Ad Aleppo si combatte una guerra per il potere a Damasco e in generale nella Siria oggi controllata dalle forze governative. Si sa – ed è piuttosto documentato anche da varie organizzazioni umanitarie – che i russi e i governativi, insieme con forze iraniane, hanno colpito sistematicamente i civili ad Aleppo Est, controllata dagli insorti. E gli stessi insorti, a loro volta, hanno fatto uso di armi e bombardamenti contro installazioni civili ad Aleppo Ovest e in altre regioni. Senza dubbio nessuno è esente da colpe in questa guerra; ma – ovviamente – per il tipo di armi che i russi, gli iraniani e i siriani mettono in campo, questi ultimi hanno delle responsabilità diverse rispetto all’altro fronte.

D. – Aver ricucito i rapporti tra Mosca e Ankara può cambiare in qualche modo le carte in tavola in questo momento?

R. – Senza dubbio. La Turchia svolge un ruolo fondamentale proprio nel determinare gli equilibri nel Nord della Siria e quindi nel contesto di Aleppo. Non a caso il riavvicinamento tra Mosca e Ankara ha preceduto di pochi giorni addirittura la chiusura finale dell’assedio governativo russo-iraniano su Aleppo. In qualche modo è mancato agli insorti, che stavano ad Aleppo Est, quell’appoggio turco che evidentemente prima era arrivato, sia in termini di armi che in termini politici, diplomatici e anche logistici. Dopo l’allineamento con Mosca, si è visto sul campo come la coalizione degli insorti abbia comunque perso un alleato fondamentale.








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