2016-08-14 08:30:00

Usa-Turchia: braccio di ferro su Gülen. Ankara più vicina a Mosca


In Turchia, secondo l’agenzia di stampa nazionale, le autorità giudiziarie hanno preparato il documento formale di richiesta di estradizione di Fethullah Gülen, accusato da Erdogan di essere la mente del fallito golpe del 15 luglio e in esilio volontario negli Usa dal 1999. Intanto i magistrati turchi hanno disposto il sequestro di tutti i suoi beni. Gülen ha dichiarato che si recherà in Turchia qualora sarà provato una sola delle accuse che gli vengono rivolte. In attesa della visita il prossimo 24 agosto del vicepresidente americano Joe Biden, Erdogan lamenta la scarsa solidarietà dell’Ue rispetto al tentato colpo di Stato e il ministro degli Esteri turco contesta il commissario Onu per i diritti umani. Per un commento Marco Guerra ha intervistato Valentina Scotti, ricercatrice di Diritto Pubblico Comparato alla Luiss, studiosa di questioni turche:

R. – La situazione resta comunque controversa, perché gli Stati Uniti – anche per bocca del segretario Kerry – hanno più volte detto che non procederanno a un’estradizione a meno che Erdogan, il governo turco non siano capaci di presentare prove concrete contro Gülen. Dal canto suo, il governo turco ritiene che queste prove esistano e in realtà non siano strettamente legate al colpo di Stato recente: Erdogan sostiene che Gülen voglia sovvertire lo Stato turco e quindi ne chiede l’estradizione agli Stati Uniti. Come prove avrebbe il fatto che il Movimento Hizmet è molto infiltrato tra le forze armate, è molto infiltrato tra le forze di polizia e nella pubblica amministrazione. A prova di questo lui adduce tutte le inchieste già ai tempi dello scandalo “Ergenekon” in cui, appunto, si sosteneva che ci fosse un gruppo all’epoca non meglio identificato, interessato a sovvertire l’ordinamento democratico e che fosse in qualche modo manovrato da Gülen. Oggi Erdogan ritiene di avere prove concrete che dietro al colpo di Stato vi fosse Gülen e addirittura è stata coniata questa sigla – la “Feto”, “Fetullah Gülen Terrorist Organization”. Gli Stati Uniti, invece, poggiando anche sulle norme internazionali, chiedono prove certe per procedere all’estradizione e soprattutto la garanzia che i diritti di Gülen, una volta estradato, da un punto di vista giudiziario, verranno rispettati.

D. – Per il diritto internazionale, è possibile questa estradizione? Cosa rischia Gülen in Turchia?

R. – L’estradizione è possibile da un punto di vista giuridico, perché rientra tra gli accordi internazionali come cooperazione giudiziaria. Ovviamente, però, sempre le norme internazionali prevedono che questo non faccia venire meno la tutela dei diritti dell’estradato. Nel caso della Turchia, al momento la pena di morte – come sappiamo è stata sospesa in un lungo processo guidato dall’avvicinamento all’Unione Europea e dal Consiglio d’Europa – però non si esclude una possibilità di una sua reintroduzione. La quale pena di morte, tuttavia, non dovrebbe potersi applicare a Gülen, perché conosciamo il principio dell’irretroattività della legge penale …

D. – La comunità internazionale può entrare in questa controversia?

R. – La comunità internazionale intesa in senso più ampio non ha grandi margini di intervento, in questo senso; possiamo pensare a raccolte di firme, a un raggruppamento non meglio identificato di Paesi che chiedano uno specifico trattamento per Gülen … Però, giuridicamente, qualora gli Stati Uniti dovessero ricevere queste prove che Gülen è colpevole, a quel punto dovranno soltanto decidere se estradarlo oppure opporsi alla pretesa del governo turco e farlo restare negli Stati Uniti.

D. – Gli Stati Uniti hanno disposto il sequestro di tutti i beni di Gülen. Perché resta una figura così ingombrante e scomoda per il governo di Erdogan?

R. – Gülen ha strutturato, nel tempo, un grande gruppo – chiamiamolo “gruppo di pressione”, per usare un termine neutro – attraverso il Movimento Hizmet, movimento che lui guida da questo ormai divenuto famosissimo ranch nella Pennsylvania, negli Stati Uniti. L’idea è che il movimento di Gülen si infiltri nello Stato, nei gangli dello Stato con l’obiettivo di guidarlo. A tutt’oggi, l’unica cosa che abbiamo come certezza sono le dichiarazioni – anche queste un po’ sibilline – di Gülen, in cui dice: “Se qualcuno del Movimento Hizmet ha partecipato al colpo di Stato, l’ha fatto contravvenendo ai dettami del Movimento”.

D. – Intanto, in Turchia proseguono le purghe: negli ultimi giorni sono stati sospesi 32 diplomatici che hanno fatto perdere le loro tracce in altri Paesi. Il fallito golpe, quindi, sta allontanando sempre di più la Turchia dal resto della comunità internazionale: Erdogan si è lamentato anche della scarsa solidarietà dell’Ue …

R. – Parlerei di un riallineamento della Turchia verso nuovi scenari. Sappiamo che per decenni la Turchia ha guardato molto e con interesse all’Unione Europea; le posizioni dell’Unione Europea, particolarmente critiche e di condanna, generano la reazione di difesa del governo di Erdogan e quindi l’apertura verso nuovi partner, nuove alleanze. Quindi: da uno scenario che vedeva la Turchia allineata con l’Occidente, secondo esercito della Nato, grande partecipe degli scenari internazionali dell'Occidente, oggi vediamo invece la Turchia avvicinarsi a quelli che erano nemici storici come la Russia, come l’Iran …








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