2016-08-07 08:00:00

Olimpiadi, Italo Cucci: lo sport unisce centro e periferie


Le Olimpiadi di Rio de Janeiro, quasi alla fine del mondo come direbbe Papa Francesco, compongono un ricco mosaico con caratteristiche simili a quelle di un villaggio globale, dove viene riproposto il modello formato da centri e da periferie: a competere sono nazionali blasonate ma anche atleti di piccoli Paesi. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

I riflettori dei media sono puntati soprattutto sui grandi atleti e sulle squadre più forti e titolate del panorama sportivo mondiale. A contendersi il primo posto e il maggior numero di medaglie d’oro, riproponendo un “duello” già imperante sullo scacchiere geopolitico globale, sono Stati Uniti e Cina. Ma ci sono altre storie ed altre emozioni, poste in genere dai media ai margini dello sport mondiale, altrettanto significative.

Anche le “periferie” ai Giochi
Sono molteplici quelle che si potrebbero definire le periferie del pianeta sportivo. E’ denso di significato, ad esempio, il debutto del Kosovo che si presenta ai Giochi olimpiaci con una propria bandiera ed un proprio inno. Anche il Sud Sudan, per la prima volta, partecipa alle Olimpiadi. La sua delegazione rappresenta lo Stato, nato nel 2011, più giovane al mondo. Ci sono poi gli immigrati, spesso esclusi da quella che il Santo Padre ha più volte definito la cultura dello scarto. A rappresentarli è la nazionale dei rifugiati, composta da un gruppo di atleti provenienti da diversi Paesi in guerra.

Olimpiadi, un messaggio contro il terrorismo
Le Olimpiadi sono anche un grande messaggio contro il terrorismo. Tra gli atleti, che respingono questa drammatica cultura dell’odio che si esprime con attentati e attacchi, c’è anche Mourad Laachraoui, campione belga di taekwondo e fratello di Najim, che si è fatto saltare in aria all’aeroporto di Bruxelles: “Mi hanno suggerito di cambiare cognome - ha detto - ma io non posso e non voglio, è il nome di mio padre”.

La voce dell’Africa ai Giochi
A farsi sentire alle Olimpiadi di Rio è anche la voce dell’Africa. Un Continente, che non ha ancora organizzato un’edizione dei Giochi, capace di imporsi nello sport soprattutto con corridori e maratoneti. Quasi a ricordare che di fronte alla povertà e alle ingiustizie lo spirito di sacrificio e la tenacia sono alcune delle migliori leve per fare breccia nell’indifferenza e rompere la cultura dello scarto.

Le Olimpiadi non sono solo una competizione sportiva, ma anche una rappresentazione del mondo in cui centro e periferia sono parte di un’unica trama in cui ogni Paese trova spazio e legittimità. E’ quanto sottolinea, al microfono di Amedeo Lomonaco, il giornalista sportivo Italo Cucci:

R. – Una delle cose che stupisce sempre quando si parla di Giochi Olimpici è quanti siano i Paesi che appartengono al Comitato Olimpico, rispetto a quelli che fanno parte delle Nazioni Unite. Con i Giochi a 207 Paesi, le Nazioni Unite ne hanno 189 se ben ricordo (193 n.d.r.). Qui si capisce quale sia il significato dei Giochi: non quello di guardare alle imprese degli Stati Uniti, della Russia, della Cina o di grandi Paesi, che vanno a raccogliere medaglie a piene mani. Ma, come si vede nella sfilata che è durata ore, c’è tutto un altro mondo che, proprio in questa occasione, ha l’opportunità di farsi vedere, di presentarsi. Un mondo che vuole farsi conoscere con lo stupore di chi dice: “C’è anche la Guinea divisa in tre!”, tanto per capire quali siano le storie del mondo. E può capitare che, nella sfilata dell’inaugurazione, la squadra dell’Iraq sia preceduta di qualche metro da quella dell’Iran. Questa è la situazione che più colpisce quanti si rendono conto che i Giochi Olimpici non sono soltanto una gara a chi è più alto, più veloce o più forte. Ma sono una gara dell’umanità a far capire quanto, almeno nello sport, si possa essere tutti uguali.

D. – Una manifestazione che è anche un grido contro quella che il Papa ha definito più volte la “cultura dello scarto”. In questo senso, la presenza della nazionale dei rifugiati è un bel grido…

R. – La nazionale dei rifugiati è una scelta morale importante, che ha poi anche un suo scopo produttivo: di un’attenzione positiva nei confronti dei Giochi, che invece si vanno sempre più allargando verso il business, la ricchezza, la fama, la gloria, dimenticando i contenuti più etici. Queste sono le situazioni che, piano piano, il Comitato Olimpico va cercando, per attenuare quel momento negativo che viene rappresentato dalla ricchezza. Una ricchezza che ormai pervade tutto il mondo dello sport. Faccio notare, ad esempio, che quando è stato rivolto l’invito al mondo del golf a partecipare a questi Giochi, la gran parte dei golfisti più noti, famosi - ricchissimi - ha preferito stare a casa, perché – “tutto sommato” – i Giochi Olimpici non gli davano niente di più. E questo vuol dire, semplicemente, non aver capito quale sia, in fondo, la vera natura dei Giochi: non partono solamente da Atene, ma partono da molto più lontano, ovvero dagli uomini, che hanno sempre cercato, attraverso la lotta sportiva, di far dimenticare la lotta bellicosa e di sangue.








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