2016-08-06 11:30:00

Thailandia, referendum su nuova Costituzione promossa dai militari


Thailandia questa domenica al voto per il referendum sulla nuova Costituzione. La riforma prevede un Senato non elettivo ma nominato dal governo ad interim, espressione della giunta militare al potere dal 2014. La bozza della nuova Carta è stata ampiamente criticata per le restrizioni alla democrazia rappresentativa, che consentirebbero alle forze armate di continuare a esercitare un ruolo preponderante nella politica. La Federazione internazionale dei diritti umani denuncia una manipolazione del processo di redazione della Costituzione e parla di “credibilità zero” sul voto. I sostenitori del “no” alla consultazione rischierebbero fino a dieci anni di carcere. L’ex primo ministro, Yingluck Shinawatra, deposta dal golpe del 2014 e sotto processo per negligenza, ha invitato i cittadini ad andare a votare, senza  dare indicazioni. Il primo ministro thailandese, il generale Prayuth Chan-ocha, ha dichiarato che voterà sì ha esortato tutti i cittadini ad andare a votare, aggiungendo di voler onorare la promessa di indire le legislative per il 2017. Su questa consultazione Elvira Ragosta ha intervistato Francesca Manenti, analista e responsabile del Desk Asia per il Cesi (Centro studi internazionali):

R. – Il testo della riforma è ancora piuttosto poco conosciuto: le informazioni a riguardo sono davvero poche. Quello che si sa è, appunto, questo tentativo da parte del Consiglio nazionale per la sicurezza e per la pace e l’ordine di andare ad eleggere e nominare 250 membri del Senato, di cui 6 dovrebbero essere scelti all’interno dell’establishment militare. Questo Senato diventerebbe – insieme all’Assemblea legislativa – uno dei due organi che potrebbe votare il primo ministro. Un altro passaggio critico della riforma sarà quello di poter disciplinare sia l’elezione dei politici, che andranno poi a prendere parte al parlamento, sia le leggi che dovranno essere promulgate dai successi esecutivi, attraverso un codice etico inserito in questa riforma costituzionale e quindi formulato dall’attuale Giunta. Quindi un giro di vite in quello che potrebbe essere non solo una dialettica partitica e politica nel futuro del Paese, ma proprio una libertà di manovra di quelli che potrebbero essere degli esecutivi civili – e quindi non di connotazione militare – da qui alle prossime elezioni.

D. – L’ex primo ministro, Yingluck Shinawatra, sotto processo per negligenza, ha invitato i cittadini ad andare a votare, senza dare indicazioni: sembra che in Thailandia chi si esprime pubblicamente per il “no” al referendum rischi fino a 10 anni di carcere…

R. – Sì. E’ stato promulgato in questi giorni un Referendum Act, una sorta di legislazione che sta disciplinando le settimane precedenti e tutto quello che riguarda la possibilità di effettuare il referendum: l’art. 61 di questo Referendum Act prevede proprio l’impossibilità di portare avanti delle campagne per il “no” alla votazione. E’ disciplinata addirittura la chiusura – come è avvenuto già in queste settimane – di televisioni e giornali che si sbilanciano a favore di un voto contrario. Numerosi sono stati i cittadini e gli attivisti, soprattutto giovani, e intellettuali vicini all’ex primo ministro Shinawatra, che sostenevano la popolazione ad andare a votare, perché un mancato voto potrebbe sbilanciare il risultato a favore poi del “sì”, e di votare "no" al referendum.

D. – In che modo l’esisto del referendum può compromettere le elezioni legislative promesse per il 2017?

R. – L’attuale primo ministro Prayuth – il generale che ha portato avanti il colpo di Stato nel 2014 – ha sempre sostenuto che il “sì” all’attuale referendum spianerebbe la strada alle prime elezioni dopo il colpo di Stato, che si dovrebbero tenere verosimilmente intorno alla metà del 2017. E’, invece, incerto quale potrebbe essere l’iter fino alle nuove elezioni in caso di una vittoria del “no” a questo referendum. Si potrebbe ipotizzare anche un nuovo tentativo da parte del governo ad interim, vicino alla Giunta, di proporre un nuovo referendum costituzionale.

D. – Come influisce questo processo istituzionale thailandese nella geopolitica della regione?

R. – In questo momento i governi del Sud-Est asiatico stanno tenendo una posizione piuttosto attendista. Dal 2014 il governo thailandese ha comunque continuato ad avere delle relazioni con tutti i governi della regione, particolarmente vivo – per esempio – il rapporto tra il governo thailandese e il neo-insediato governo del Myanmar. Però, c’è una posizione attendista per andare a capire quale potrebbe essere l’esito non solo di questo processo referendario, che comunque darà un chiaro segno di quale sarà il futuro dell’esercito nei prossimi anni, ma soprattutto per andare a capire sin dove ci si potrà spingere, in Thailandia, per andare a disciplinare un contesto di sicurezza e di dialettica politica, che in questo momento si sta rivelando piuttosto complicato, piuttosto controverso e che potrebbe fungere da esempio per l’innescarsi di dialettiche politiche anche nei Paesi circostanti.








All the contents on this site are copyrighted ©.