Accogliere i migranti secondo le proprie possibilità ma con “generosità”. “Toccare” la carne di chi soffre e accompagnare la crescita della fede in un’epoca di analfabetismo religioso. Rilanciare con creatività la vita delle parrocchie. Sono alcuni dei temi sviluppati dal Papa nel suo discorso con i vescovi polacchi del 27 luglio scorso, all’inizio della sua visita nel Paese europeo. Il testo del discorso è stato reso noto oggi. Il servizio di Alessandro De Carolis:
Il relativismo religioso, vivere la misericordia in un mondo “dominato dall’ingiustizia”, l’intramontata validità del modello parrocchiale, l’Europa e la sfida dell’accoglienza dei migranti. Quattro domande di vescovi polacchi, quattro lunghe risposte di Papa Francesco, che inizia il suo discorso con una preghiera per la morte di mons. Zimowski e prosegue con una per il card. Macharski, visitato dal Papa in clinica a Cracovia il 28 luglio e spentosi stamattina a 89 anni.
Toccare per consolare
Sul “pericolo” della scristianizzazione – per il Papa
il “problema più grave” prodotto dalla “secolarizzazione” – Francesco indica il valore
della “vicinanza”, del contatto fisico “con la carne sofferente di Cristo”. “Concretezza,
dice il Papa, “toccare, “insegnare, consolare”, “perdere il tempo” per essere vicini
al popolo di Dio. Ma anche i vescovi siano vicini come padri ai loro sacerdoti, altrimenti
– obietta Francesco – non si può chiedere loro di essere padri per la gente che hanno
attorno. Vicinanza, poi, è l’opposto della cultura dello scarto e il Papa non rinuncia
al consueto appello: non emarginare i giovani, non scartare i nonni, “memoria del
popolo” e della “fede”.
Mondo malato di ingiustizia
L’invito alla vicinanza torna anche nella seconda
risposta, quando un presule chiede a Francesco in che modo essere misericordiosi in
un mondo che soffoca per troppe ingiustizie. Il Papa premette che già con Paolo VI
ma soprattutto con Giovanni Paolo II, “gigante della Misericordia”, questo atteggiamento
si è andato risvegliando nella Chiesa. Quello che sposta gli equilibri, afferma Francesco,
è anche qui la misericordia che si fa carne, le “cose buone” che specie i cristiani
costruiscono nella società, nell'ambiente del lavoro, per i malati… Certo, riconosce
il Papa, il mondo in cui imperversa “la terza guerra mondiale a pezzi” è “malato di
ingiustizia, di mancanza di amore, di corruzione”. Un mondo schiavo dell’“idolatria
del denaro”, dove “tutto si compra e si vende”, perfino gli esseri umani. Un mondo
dove anche “l’economia liquida” “favorisce la corruzione” e in cui i “giovani non
hanno la cultura del lavoro perché – esclama – non hanno lavoro”.
Analfabeti della fede
Una considerazione, Francesco la fa anche sull’“analfabetismo
religioso” che pure è diffuso nonostante – abbia riconosciuto prima – si noti un certo
risveglio religioso. Per combattere questa assenza dei fondamenti della fede è importante,
sostiene, l’accompagnamento del cammino spirituale con le “tre lingue”: la “lingua
della mente, la lingua del cuore e la lingua delle mani. Tutte e tre armonicamente”.
Parrocchia, luogo aperto e creativo
La terza domanda interroga il Papa sul ruolo delle
parrocchie. La sua replica è diretta: “La parrocchie è sempre valida”, asserisce,
non è una “struttura che dobbiamo buttare dalla finestra”. La sua vocazione è quella
di essere un luogo “accogliente”, con i Movimenti ecclesiali a sostegno e non in “alternativa”.
La parrocchia, ribadisce, “non si tocca: deve rimanere come un posto di creatività,
di riferimento”, “capacità inventiva. Purché, soggiunge, sia parrocchia “in uscita”,
che sappia “mettersi nelle difficoltà della gente”, e non si comporti come una “parrocchia-ufficio”.
Generosi con i migranti
L’ultima domanda riguarda il nervo scoperto dell’Europa,
l’accoglienza dei rifugiati, dei migranti. Francesco stigmatizza ancora il traffico
di armi come causa principale dello spostamento di masse di persone a causa di conflitti
e guerre. E denuncia l’influenza delle “colonizzazioni ideologiche”, come quella del
“gender”, che si diffondono grazie al denaro di istituzioni e “Paesi influenti”. Tuttavia,
conclude, l’accoglienza dei migranti “dipende dalla situazione del Paese e anche dalla
cultura”. Certo, chiosa, oltre a pregare molto, tutti “hanno la possibilità di essere
generosi”.
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