2016-07-29 12:00:00

Promette alta qualità la 73.ma Mostra del Cinema di Venezia


E’ stata presentata ieri mattina a Roma la 73.ma Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica che si svolgerà al Lido di Venezia dal 31 agosto al 10 settembre, caratterizzata da una rinnovata vitalità della produzione mondiale e dall’alta qualità dei titoli, con la scoperta anche di nuovi autori che guardano, per vie mediate, al nostro presente. Il servizio di Luca Pellegrini:

Dedicata agli scomparsi Michael Cimino e Abbas Kiarostami, la Mostra del Cinema di Venezia conferma la sua vocazione: cinema d’autore, attenzione al pubblico, un'oasi di cultura che riflette sulle condizioni del mondo e del tempo presente, tutt’altro che sicure e pacifiche. Venti film in concorso, diciannove nella sezione "Orizzonti", diciotto fuori concorso, i classici restaurati, il mondo rappresentato sullo schermo. Il presidente della Biennale, Paolo Baratta, parla della Mostra come modello di un’istituzione culturale che nella fedeltà alle proprie tradizioni genera un paradosso. E lo spiega così:

“La fedeltà al modello, che è quello della Mostra d’arte, e non a caso è un modello tipico di Biennale - che ha nel cinema nient’altro che una ulteriore estensione del suo raggio di azione che è “Le arti”: il mantenersi fedele a un modello nel quale si premia l’energia vitale dell’artista e si osserva la sua capacità di interpretare, di incalzarci sui temi del tempo presente, ma anche sui temi generali che riguardano l’uomo e la sua vita…la Biennale riconosce in questo la vitalità dell’arte: aprire lo sguardo, dilatare gli occhi, dilatare la mente, guardare oltre, non accontentarsi delle banali verità quotidiane. Quindi, questo è il compito di un’istituzione culturale. La cosa paradossale è che nel momento in cui noi abbiamo tenuto ferma la barra su questa linea, col passare degli anni questo ci è stato riconosciuto come un elemento importante e di valore aggiunto. Il mondo, cioè, guarda a noi con la stima che merita un’istituzione che, se ospita un’opera, è perché vede in quell’opera della vitalità artistica. E questo ci ha fatto tornare, dopo anni di lavoro, ad essere luogo di destinazione di opere di qualità, anche di quelle che mirano al successo poi di pubblico e di commercio, che sono nel campo dell’arte cinematografica e delle arti in genere molto importanti. Stando, cioè, fermi con la barra, invece di inseguire quotidianamente - come tanti, troppi suggeriscono continuamente di fare, perché confondono il moderno con l’essere banderuola del tempo presente, ma mantenendo ferma la barra, si diventa luogo nel quale il meglio del tempo presente ambisce andare. E il paradosso, se vuole, è questo: che siamo diventati anche attrattori - come si usa dire adesso - di opere che ambiscono al successo di mercato”.

Alberto Barbera è al suo ottavo anno di direzione. E’ soddisfatto dei tre titoli italiani in concorso, tra i quali il ritorno di Giuseppe Piccioni con “Questi giorni”. E sottolinea come l’alta qualità dei titoli quest’anno dimostrino un approccio alla realtà e al presente non più diretto, ma mediato: dalla letteratura, dalla storia, dalla finzione di genere. Lo conferma ai nostri microfoni.

R. – Negli ultimi anni, insomma, avevamo la sensazione che i registi, il cinema contemporaneo avesse voglia di approcciare direttamente i grandi temi – le guerre, l’immigrazione, la disuguaglianza sociale, la famiglia, il disagio giovanile – in maniera non dico quasi giornalistica, ma comunque molto franca, molto aperta, molto diretta. L’impressione – ed è quello che si ricava dai film che poi abbiamo selezionato – è che invece in qualche modo gli autori utilizzino degli schermi, dei filtri: o sono romanzi trasposti in film o sono film di genere - fantascienza, western… - oppure film che affrontano temi storici – l’Olocausto, la Prima Guerra Mondiale e così via. Tutto questo non vuol dire fuggire dalla contemporaneità e sfuggire alla realtà, vuol dire parlare dell’oggi in un altro modo. Sappiamo – ci hanno insegnato i grandi autori – che ogni racconto, anche se ambientato nel passato, ambientato nel futuro, è sempre un racconto dell’oggi. Il cinema è costantemente un cinema del presente.

D. – C’è anche una parabola cristologica, ambientata nel Nord del Cile, il film di Christopher Murray “El Cristo ciego”...

R. – E’ un film fortemente ispirato da Pasolini. E’ un film che ha, come dire, un approccio realistico nel mostrare le condizioni di estrema povertà di queste popolazioni, che vivono in una zona desertica dove ci sono le miniere più sfruttate, più ricche del Cile, e che sono sfruttati dai proprietari di queste miniere che li costringono a vivere in condizioni miserabili. E c’è questo ragazzo che sente improvvisamente una vocazione, sente di essere la reincarnazione del Cristo e sente di poter fare miracoli e parte in un viaggio attraverso questi villaggi abbandonati da tutti – dall’uomo, dalla società – con l’ambizione di fare il miracolo, di fare miracoli per salvare queste persone. E’ un esordio assolutamente impressionante.

Una sorpresa è in Orizzonti il documentario “Liberami” di Federica Di Giacomo su un gruppo di sacerdoti esorcisti siciliani:

“Questo documentario ci ha impressionato - ci ha divertito ed impressionato, colpito ed affascinato – perché è una realtà che conosciamo poco, ma è un fenomeno invece di dimensioni gigantesche. Il film si conclude a Roma con un convegno mondiale degli esorcisti dove ci sono migliaia di esorcisti autorizzati dal Vaticano ad affrontare casi sempre più numerosi di persone che si rivolgono a loro perché ritengono di essere posseduti dal demonio. E il film - con grande rispetto, con grande intelligenza - segue due o tre esorcisti siciliani in questa pratica quotidiana incredibile, che a noi sembra fuori dal mondo, fuori dal tempo, mentre invece è una realtà quotidiana con cui questi preti hanno a che fare costantemente”.








All the contents on this site are copyrighted ©.