Ripartire dall’altro. Il cardinale Jean-Louis Tauran, dopo la barbara uccisione di padre Hamel in Francia, indica la strada per superare follie ed estremismi che stanno seminando violenza, odio e divisioni nel mondo. Ascoltiamo il presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso al microfono di Manuella Affejee:
R. – Bien, je dirais que mes sentiments …
I miei sentimenti sono certamente sentimenti di ribellione.
Quale ragione può giustificare un crimine del genere? Nessuna! E non può neanche essere
la religione la ragione. Invocare il nome di Dio e assassinare un prete sull’altare
rappresenta una escalation nel terrore. Stiamo andando dritti nell’abisso.
D. – Quest’atto era prevedibile, secondo lei?
R. – Previsible?
Prevedibile? Io direi di no. Finora si rispettavano
almeno i luoghi di culto! Nella storia ci sono stati casi simili, ma non nel mondo
di oggi. E’ veramente un qualcosa di insopportabile, siamo di fronte ad una nuova
situazione e la Chiesa cattolica è stata attaccata: un prete ucciso sull’altare, mentre
celebra l’Eucaristia… Queste cose non si possono improvvisare: è stato organizzato!
D. – Certamente si è ancora sull’onda dell’emozione più viva, nel dolore. Per alcuni le parole di conforto non sono sufficienti: si chiede di passare dalle parole agli atti concreti. E’ un sentimento che condivide e, se sì, cosa fare di fronte a questo moltiplicarsi della violenza?
R. – Je pense que c'est une chose que va durer d'abord; et ensuite il faut que…
Penso che sia qualcosa che durerà ancora. Ma è anche
necessario chiedere alle autorità civili di utilizzare tutti i mezzi legittimi per
assicurare la sicurezza dei cittadini.
D. – Siamo in un contesto preoccupante in cui gli attentati si succedono: pensiamo ovviamente a Nizza, ma anche alla Siria e all’Iraq, alla Germania, alla Francia stessa. Pensa che stiamo vivendo un momento di “capovolgimento”? Che sguardo ha su questo mondo che sembra essere segnato dalla violenza e dal terrorismo?
R. – Nous sommes dans une époque nouvelle…
Ci troviamo a vivere un’epoca nuova. E’ necessario
ritrovare l’umanità, la via interiore; riflettere e dirci che chi è diverso da noi
non è necessariamente un nemico. E questo è il principio del dialogo interreligioso:
è quello del quale io mi occupo principalmente. Dobbiamo tornare a confrontarci, ad
ascoltarci, a comprenderci per compiere questo cammino insieme. Credo che durerà a
lungo. Bisogna ricordare la frase di San Paolo: “Vincere il male con il bene”. Il
vero grande pericolo è quello della radicalizzazione, della vendetta. Tutti questi
atti seminano odio! Non possiamo essere felici senza gli altri, ma non possiamo neanche
essere gli uni contro gli altri. C’è la frase di Einstein che dice: “Il mondo non
morirà mai a causa dei cattivi, ma per coloro che li guardano fare, senza però fare
niente”. E’ una cosa che è molto, molto importante oggi: non guardare solamente, ma
agire! Io vorrei anche dire che in questa situazione siamo chiamati – noi cristiani
– ad essere pronti a soffrire, anche a morire, perché il nome di Dio venga rispettato.
Io credo che si debba avere il coraggio della differenza! Non c’è cristianesimo senza
la Croce e io credo che il prete e tutte le vittime del terrorismo facciano parte
del lungo elenco di martiri della Chiesa di ieri e di oggi.
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