2016-07-27 14:03:00

P. Spadaro: lo sguardo di Francesco sull'Europa parte da periferie


“Cosa ti è successo, Europa?”. La domanda che il Papa rivolse lo scorso 6 maggio, nel ricevere il “Premio Carlo Magno” dalle massime autorità europee, è divenuto il titolo dell’incontro sull’Europa tenutosi, ieri pomeriggio, presso il Complesso di Santa Maria della Minerva, a Roma.  L’occasione è stata offerta dalla pubblicazione del volume di Limes “Brexit e il patto delle anglo spie”. Ad intervenire padre Antonio Spadaro, direttore di Civiltà Cattolica e Luigi Di Maio, vicepresidente della Camera dei Deputati. Le conclusioni sono state affidate a Lucio Caracciolo, direttore della stessa Limes. A seguire per noi l’evento, Debora Donnini:

Papa Francesco è “figlio dell’Europa” e “fratello dell’America”. Questa affermazione è stata fatta da padre Antonio Spadaro per far capire come le radici anche intellettuali di Francesco affondino nel Vecchio Continente. Padre Antonio Spadaro nel suo intervento ricostruisce il pensiero del Papa sull’Europa. Francesco, sostanzialmente, è “un migrante”, ha detto padre Spadaro e, infatti, così si è presentato durante il viaggio negli Stati Uniti. Non a caso, poi,  il primo viaggio di Francesco è stato a Lampedusa, Porta delle rotte dei migranti. Anche i successivi viaggi, come quello in Albania e a Strasburgo, testimoniano la sua attenzione per le periferie, punto di vista privilegiato per leggere la realtà, senza dimenticare il centro. L’accorato appello del Papa, “Che cosa ti è successo, Europa?”, è perché l’Europa torni ad essere madre. Una delle parole centrali per Lui, è “integrare”, non nel senso delle due velocità economiche, ma per includere l’ampiezza delle anime europee. L’unità per Francesco è sempre superiore al conflitto, sottolinea padre Antonio Spadaro come sentiamo ai nostri microfoni:

R. – Papa Francesco vede l’Europa non come una cosa o una casa, perché comunque sarebbe un oggetto, qualcosa di fisso, uno spazio da difendere. Vede, invece, l’Europa come un progetto, che è in evoluzione e che procede per sintesi progressive. Allora, la cosa più importante, in questo momento, è capire cosa stia succedendo, non chiudersi nell’idea di frontiera, di un “dentro e fuori”; capire quali siano i processi che stanno avvenendo e muoversi verso un’integrazione sempre più profonda. Il rischio fondamentale, nel non fare questo, è di creare una Europa di “abitanti” europei, cioè di gente che vive in un luogo, in uno spazio, ma non di “cittadini” europei. Allora, il movimento di Jorge Mario Bergoglio - che si sposta geograficamente da Lampedusa a Lesbo, da Istanbul a Tirana e Sarajevo – è un movimento che testa le periferie; è un movimento importante per capire che cosa stia succedendo.

D. – Il Papa accogliendo gli ultimi, ad esempio i migranti, vuole mostrare anche cosa voglia dire veramente essere cittadino europeo?

R. – Certamente l’essere cittadino europeo è un processo e significa abitare un luogo, sentendo che insieme ad altre persone c’è un progetto condiviso. La sua attenzione, quindi, non è solo per il presente - che cos’è l’Europa – ma la sua domanda è: che cosa spera l’Europa? Il Continente, cioè, si definisce non per la sua identità statica, ma per il suo desiderio, un orizzonte utopico condiviso…

D. – Per questo va nelle periferie…

R. – Certamente lo sguardo di Francesco è uno sguardo periferico. Sguardo periferico non significa solo andare in periferia, dimenticando il centro. Per lui l’anima non è il centro, ma è il cuore. Quindi non è una questione di centralità fisica. Certamente lo sguardo periferico è quello che permette di vedere le cose da punti di vista più creativi, più ampi. Bisogna guardare la cittadinanza europea non dal punto di vista dell’Istituzione europea, ma dal punto di vista della vita concreta dei cittadini.

D. – Inizia la Giornata Mondiale della Gioventù a Cracovia. Alla vigilia di questo importante evento nel cuore dell’Europa, c’è stato questo dramma del sacerdote sgozzato in Francia. Come leggere questo?

R. – La Giornata Mondiale della Gioventù in questo momento storico può essere estremamente utile, perché indica la via dell’unità. La Giornata Mondiale della Gioventù significa di fatto costruire ponti tra giovani di tutte le parti del mondo. Quindi è un episodio di abbattimento di muri. Questo potenziale di energia dovrà fondersi e unirsi alla saggezza degli anziani, come dice spesso il Papa.

D. – Secondo lei, come si possono affrontare nel modo più giusto questi episodi di violenza, che stanno insanguinando l’Europa?

R. – Allora, le strategie concrete sono affidate ai politici. Quello che posso dire, però, è certamente una cosa: dobbiamo evitare di entrare in una dinamica di guerra, cioè di immaginare o di nominare quello che sta avvenendo come se fosse una guerra. Questo significa, di fatto, fare il gioco esattamente di coloro che vogliono fomentare il terrorismo: farci credere che siamo in piena guerra di religione! Questo non bisogna farlo e, in questo, la responsabilità dei media è molto importante. Bisogna considerare le cose per quelle che sono, cioè gesti di grande violenza, gesti di terrorismo…   

Padre Spadaro ha anche raccontato un episodio accaduto durante la visita di Francesco a Lesbo, quando ha incontrato in un tendone un gruppo di migranti. Uscendo fuori dalla tenda, si è reso conto della gente che stava fuori, allora – prosegue padre Spadaro – ha chiamato il patriarca Bartolomeo, ha spostato le transenne ed è entrato. “E’ stato straordinario!”, conclude padre Spadaro. Il vicepresidente della Camera, Luigi Di Maio, spiega che il Movimento Cinque Stelle  non è mai voluto uscire dall'Unione Europea, nonostante le critiche per l’austerity e altro. Le conclusioni sono state affidate a Lucio Caracciolo, direttore di Limes, a cui abbiamo chiesto come interpreta la Brexit a livello di politica internazionale:

R. – Come il segno che in questo momento in Europa esiste una forte crisi identitaria. Gli inglesi, più che i britannici, hanno detto “No” all’Europa perché vedevano in questa una minaccia alla loro identità e in particolare in alcuni migranti, provenienti anche da Paesi europei, una minaccia al loro livello di vita. Le due cose insieme hanno  portato al “Leave”, cioè all’annuncio che l’Inghilterra, quindi il Regno Unito, vorrà lasciarci.

D. - Come vede il futuro dell’Europa? C’è speranza?

R. - Non credo che oggi sia ragionevole parlare di Europa; ce ne sono parecchie, molto diverse fra loro. Una cosa è vedere l’Europa  dall’Italia, altra cosa è vederla da Varsavia o magari da Cipro. Il problema è proprio questo: non c’è un modo comune di vedere le cose. Ma questo è un dato di fatto. Poi, la politica dovrebbe essere quell’arte che ci permette di ricucire i punti di vista e di produrre atti positivi.








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