2016-07-26 12:00:00

Turchia, ancora licenziamenti di massa


Vertice fissato il 9 agosto tra Mosca e Ankara il primo dopo la spaccatura per l’abbattimento del jet russo da forze turche nel 2015. IL governo intanto lavora con i partiti di opposizione per "una modifica costituzionale che riduca i rischi di un nuovo colpo di stato. La decisione di Ankara si accompagna ad ulteriori epurazioni che includono una decina di ambasciatori e due generali impegnati in Afghanistan e considerati vicini alla rete dell’imam Fethullah Gulen. Non sono escluse epurazioni religiose. Sono circa 500 i funzionari della Diyanet, presidenza turca per gli affari religiosi, a essere stati licenziati. Gioia Tagliente ne ha parlato con il giornalista Camille Eid, esperto di mondo islamico:

R. – Riguardo proprio all’Ufficio Diyanet, il motivo è ovviamente sempre quello: di essere parte e di far parte della rete di Fettulah Gulen. Chiaramente, adesso questo numero di circa 500 funzionari rappresenta solo una minima parte dei 100 mila funzionari alle dipendenze di questo Ente. Rappresenta però solo la punta di un iceberg, perché c’è sicuramente in atto una islamizzazione voluta da Erdogan già da qualche anno e questo lo si denota anche con i suoi discorsi, che sono sempre più infarciti di citazioni coraniche. Quindi, probabilmente ci saranno altre persone licenziate se Erdogan intenderà portare avanti questo suo progetto di re-islamizzazione della politica turca.

D. – Chi è Fettulah Gulen? Come un uomo dagli Stati Uniti può influenzare così tante menti in Turchia?

R. – E’ vero che sta lontano, ma è anche che gode di una rete fatta di scuole, di fondazioni, di associazioni. E dai numeri delle chiusure o delle sospensioni che abbiamo potuto costatare negli ultimi giorni si parla di 943 scuole private, tra cui 157 solo per il distretto di Istanbul. Si tratta di una rete abbastanza vasta.

D. – Qual è il messaggio di Gulen? Cosa si insegna in queste scuole?

R. – Un islam aperto alla modernità, in sintonia con la laicità dello Stato, oppure quello che vuole fare un uso strumentale della religione: ho letto delle interviste fatte a questo personaggio e conosco anche la realtà italiana legata a questo movimento e devo dire che, da parte loro, non ho mai notato un aspetto radicale o fondamentalista. Vivono la religione come una esperienza personale, aperta alla modernità, aperta anche agli altri. Hanno prestato anche aiuto, secondo la testimonianza di un mio caro amico, a persone rifugiate, senza nemmeno chiedere quale fosse la loro appartenenza religiosa o politica…

D. – Come mai così tanti giornalisti e rettori sono stati cacciati per inserire poi nuovi insegnanti? Qual è la strategia?

R. – Quella di rimpiazzare coloro che danno fastidio con gente votato proprio all’ideologia di Stato. Questo fa parte del progetto globale di Erdogan di assoggettare tutte le voci che stonano nel suo cammino. Quello che mi meraviglia è che i partiti di opposizione, dopo il golpe, non abbiano osato alzare la voce per contrastare –  so che i numeri non li hanno – o almeno per dire che questo corso è contro la democrazia, è contro lo stato di diritto, è contro ogni eventuale avvicinamento della Turchia all’Europa.

D. – Ultime notizie dicono che il 9 agosto si terrà un incontro tra Russia e Turchia, un tentato processo di riconciliazione. Lei cosa ne pensa?

R. – Ho delle perplessità perché è ormai dal novembre del 2015, quando è stato abbattuto il jet militare russo che c’è stata la rottura delle relazioni tra i due Paesi. E' benvenuto ogni passo di riconciliazione e di riavvicinamento tra Russia e Turchia, che hanno poi interessi comuni molto consistenti. Quello che mi lascia un po’ perplesso è che sono volate accuse molto pesanti da parte della Russia. Ankara è stata accusata di intrattenere traffici petroliferi illegali con l’Is, un responsabile del Ministero della difesa aveva addirittura mostrato in una conferenza stampa le rotte usate dai turchi per inviare armi e munizioni all’Is. Quindi, un riavvicinamento deve considerare anche queste accuse che sono state fatte, perché altrimenti ogni riferimento etico nella politica salta. Quindi, devono dirci ora se quelle accuse corrispondono alla verità e in tal caso spiegare come ci si possa riavvicinare ad uno Stato che fa così, oppure se non siano vere.








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