2016-07-21 15:02:00

Nizza: bufera sulla sicurezza. Clima di paura in città


Strage di Nizza: i cinque sospetti fermati nel quadro delle indagini sono stati trasferiti al Palazzo di Giustizia di Parigi per comparire davanti ai giudici. Intanto cresce la polemica sulla sicurezza: la stampa rilancia che il governo non ha fatto abbastanza per proteggere la Promenade des Anglais il 14 luglio e il ministro dell’Interno dispone una valutazione tecnica. Diffidenza e sfiducia crescono: “Non possiamo cedere”, spiega al microfono di Gabriella Ceraso, Claire Draillard che collabora con la Radio Cristiana Francese (RCF) di Nizza, ed è impegnata col Movimento dei Focolari in un progetto di dialogo interreligioso chiamato "Vivre ensemble à Cannes":

R. – E’ una settimana che qui, in Costa Azzurra, si vive un clima veramente di paura, paura di tornare a vivere come prima. Il primo giorno – anche alla radio - tutti hanno parlato delle vittime, mentre adesso c’è soltanto questa questione: “Come mai non c’era la sicurezza?”. E vediamo che il governo e il sindaco, tutti, dicono: “E’ colpa tua!” – “E’ colpa tua!”.

D. – Oggi anche gli interrogatori delle persone fermate. Risulta che fossero tutte persone  abbastanza normali e che nessuna fosse segnalata. C’è una crescita della diffidenza reciproca?

R. – Sì, sì, esattamente. Io ho un albergo a Cannes, in cui c’è un impiegato musulmano, e quando venerdì mattina sono venuta a lavorare gli altri mi hanno detto: “Ma, forse, anche lui potrebbe essere qualcuno che potrebbe fare qualcosa di male…”. E io ho detto: “Questo non lo dobbiamo neanche pensare!”. Poi, due ore dopo, lui mi ha chiamato per dirmi che sua mamma era morta nell’attentato… con questo voglio soltanto dire che abbiamo paura dell’altro e questo è qualcosa che dobbiamo riuscire a cambiare. Anche un'altra persona che lavora con noi noi mi ha detto: “Adesso non voglio più parlare con gli stranieri, con i musulmani, perché potrebbero essere terroristi…”. Ma non possiamo vivere in questo clima!

D. – In unione anche con esponenti di altre religioni che cosa state pensando di fare?

R. – Venerdì scorso ci siamo incontrati tutti insieme alla Moschea per pregare insieme, sabato alla Sinagoga e domenica in Chiesa. Domenica sera ci siamo ritrovati tutti insieme sulla Croisette, a Cannes, per essere insieme, in silenzio, e per dire che non dobbiamo smettere di vivere come fratelli. Lunedì siamo andati tutti insieme a Nizza, sulla Promenade des Anglais per essere tutti insieme…  La sera – ed è stata una cosa bella – abbiamo potuto spostare tutti i fiori che erano sulla Promenade, perché le macchine dovevano di nuovo circolare. E questo è stato fatto in un clima veramente di grande solidarietà… Dunque dobbiamo essere tutti testimoni che la fraternità è più forte dell’odio.

D. – I musulmani che lavorano con voi, che voi conoscete, che lettura danno di quanto accaduto?

R.-  Per loro è molto difficile! Tante persone li guardano male… Per loro sapere che l’uomo che ha fatto tutto questo era tunisino e musulmano è molto, molto duro. Ma dobbiamo anche pensare che tanti che hanno aiutato sono musulmani: uno che ha cercato di fermare il terrorista era musulmano, tanti che hanno aiutato a soccorrere e a curare erano musulmani.

D. – Di quella persona che idea si è fatta la gente: era solo uno squilibrato o uno jihadista? Cosa si dice?

R. – Non si sa ancora… Ma certamente non era un religioso: tutti gli amici musulmani hanno detto che questo uomo era del diavolo, “perché non è possibile – per noi – dire che è un musulmano. Mai Dio vorrebbe qualcosa cosi!”.

D. – Lo Stato francese ribadisce tanto una parola: coesione. Per un credente, per lei come per le persone con cui si confronta, che cosa significa?

R. – Per me che sono credente, sono sicura che siamo tutti fratelli in Dio e credere che possiamo affidare tutto questo a Dio e che dobbiamo restare uniti con coloro che non sono credenti. Dobbiamo diffondere questa fraternità: è l’unica cosa che ci potrà far superare le difficoltà.








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