2016-07-19 13:45:00

Guerra in Siria: l'Onu chiede aiuti per Aleppo


La crisi in Siria nelle ultime ore è entrata in una fase cruciale. La città di Aleppo è assediata dalle forze del regime di Bashar al Assad, che hanno preso il controllo dell’ultima via praticabile, la “strada del Castello” riducendo di fatto le possibilità di aiuti umanitari da parte delle Nazioni Unite. I ribelli sono stati accerchiati nella zona orientale della città e circa 300 mila civili vivono momenti di terrore all’interno di un bunker artificiale, costretti a fare i conti anche con la scarsità di cibo e medicinali. Alessandra Vellucci , Direttore del Servizio Informativo delle Nazioni Unite a Ginevra, è intervenuta al microfono di Michele Ungolo:

R. – Le Nazioni Unite sono estremamente preoccupate per quello che sta succedendo in particolare in questi giorni ad Aleppo. La questione della chiusura della cosiddetta "Strada del Castello", ha causato in effetti un isolamento totale o quasi delle popolazioni in particolare nella parte orientale della città. L’Onu stima che la libertà di movimento è di circa 200mila-300mila persone in questa zona di Aleppo. Si tratta di persone che hanno bisogno di assistenza urgente e ora questa libertà di movimento non è più disponibile, quindi sono persone che si ritrovano sotto uno stato di assedio.

D. - 300mila civili si trovano ad affrontare sia la questione della guerra ma anche la scarsità di cibo …

R. - Assolutamente. Questa è la preoccupazione principale per noi. Non solo dobbiamo chiedere che sia possibile ritornare ad una situazione di libertà di movimento - questo è evidente - ma in effetti la preoccupazione principale delle agenzie umanitarie è  quella di fornire assistenza umanitaria, quindi non solo cibo ma anche benzina, medicine, … Le Nazioni Unite avevano previsto il peggioramento della situazione: negli ultimi mesi avevamo comunque lavorato nel caso si verificasse un aggravarsi della situazione. I nostri colleghi hanno pre-posizionato negli ultimi due mesi delle razioni di cibo per circa 145mila persone, medicine e altri supporti medici per circa quattro mesi. Come abbiamo detto se partiamo da un numero di persone che hanno bisogno che va da 200 a 300mila, le razioni per un mese che coprono il fabbisogno di 145mila persone già non sono più sufficienti. Infatti abbiamo cominciato già a razionare l’assistenza. La cosa più difficile al momento è proprio arrivare a queste popolazioni.

D. - Quale strategia pensa di adottare l’Onu in merito a questo clima di terrore?

R. - Abbiamo una strategia di supporto molto vicina a queste persone, però chiediamo l’accesso immediato, senza nessun ostacolo e soprattutto senza pericoli per i nostri colleghi che dovrebbero poi andare a portare questi aiuti.

D. – Entro quanto tempo questi interventi dovrebbero avvenire?

R. - Noi siamo veramente molto preoccupati e abbiamo bisogno di questo accesso adesso, nel tempo più breve. È assolutamente indispensabile, per poter salvare vite e per poter ridurre la sofferenza di queste popolazioni, che l’aiuto umanitario arrivi al più presto perché sappiamo che nella città il cibo è già razionato, che i prezzi delle materie prime sono ormai saliti in modo esponenziale, alcuni tipi di cibo già non sono più disponibili. Il fatto che non abbiamo potuto avere accesso a queste zone ha impedito, ad esempio, l’arrivo di anestetici; sappiamo che riguardo questo la situazione è molto scarsa. C’è tutta una serie di questioni che noi monitoriamo con i nostri partner locali, ma al momento non possiamo intervenire proprio perché non c’è questo accesso.

D. - Qual è la difficoltà maggiore per raggiungere i civili?

R. - Le strade sono chiuse. L’unica accesso che avevamo era appunto questa strada che si chiama "Castello Road" – la strada del Castello  - questa via è stata chiusa a causa dei combattimenti e quindi noi non abbiamo nessun modo per poter arrivare a queste popolazioni. Abbiamo già cominciato a lavorare, lo stiamo facendo da tanto tempo, ma in particolare in questa situazione abbiamo chiesto ai belligeranti di poter avere un accesso umanitario, un corridoio, ma per il momento non abbiamo avuto risposte positive. Si è paventata la possibilità di lanciare dagli aerei questi aiuti umanitari; non è la soluzione migliore perché sono molto cari, sono poco precisi, la quantità di merce che si può trasportare, che si può lanciare, è veramente limitata. Però diciamo che in questo momento l’Onu mette tutte le opzioni sul tavolo per poter arrivare ad una soluzione per queste popolazioni. Nessuna opzione è esclusa, cerchiamo di lavorare su tutte le possibilità per poter raggiungere questa gente.

D. - Qual è il destino della Siria?

R. - Noi speriamo e lavoriamo in modo intenso per poter risolvere questo terribile conflitto. Il mediatore delle Nazioni Unite, Staffan de Mistura sta lavorando senza tregua per poter ricominciare le discussioni di Ginevra sulla Siria e speriamo di poter cominciare di nuovo questo lavoro nei tempi più brevi possibili. Il quartiere di al Waer, a Homs, è stato al centro delle discussioni per quanto riguardava l’urgenza dell’arrivo di aiuti umanitari, poiché qui c’è stato un blocco per molto tempo. Alla fine siamo  riusciti a portare aiuti a 75mila persone. Gli aiuti sono arrivati attraverso due convoglio: il primo è partito il 14 luglio e il secondo è arrivato ieri. Questa almeno è una notizia un po’ positiva. Ma riguarda Homs, non Aleppo.








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