2016-07-18 12:54:00

Assedio ad Aleppo: è emergenza umanitaria per i civili


Dopo la strage di Nizza, la Francia è tornata a bombardare in Siria e in Iraq le postazioni del sedicente Stato islamico. Ad annunciarlo il ministro francese della Difesa Le Drian, con l’intento - ha detto - di “annullare la presenza dell’Is” in questi due Paesi e “sradicare questo cancro”. Peggiora, intanto, la situazione umanitaria in Siria, specie ad Aleppo, occupata dai ribelli e assediata dalle forze governative, che hanno tagliato l’ultima via di accesso alla parte orientale della città, dove secondo l’Onu, risiedono ancora circa 300 mila persone, che mancano di tutto. Gioia Tagliente ha intervistato Francesca Borri, giornalista di guerra che da anni segue il conflitto in Siria:

R. –  Sono completamente circondati e naturalmente sono sotto bombardamento, progressivamente ridotti alla fame.

D. –  La Siria è piombata in un inferno senza fine: qual è il volto dei ribelli oggi?

R. – Sono completamente diversi da quelli che erano all’inizio.

D. – Cinque anni di conflitto: com’è cambiata la Siria? 

R. – La Siria è letteralmente in macerie e la cosa più pericolosa è che, in realtà, la frammentazione di cui parliamo tanto, tra i gruppi ribelli, si ha anche dal lato del governo di Assad: anche lui è sostenuto e quindi manovrato da altri Paesi, come la Russia o l’Iran. Questo è il vero problema: il destino della Siria, da entrambi i lati del fronte, non è più nelle mani dei siriani.

D. – Tu racconti la Siria dalla Siria: cosa vuoi dire?

R. – In questo momento è difficile dire qualsiasi cosa. La guerra non sta finendo, purtroppo sta finendo Aleppo. Però, la fine di una guerra in questo modo, ossia senza in realtà andare a capire quali siano state le sue cause, è solo il preambolo di una guerra successiva. 

D. – Come intervenire? 

R. – In realtà, bisognerebbe non intervenire, perché sono intervenuti tutti in Siria, contrariamente alle apparenze. E quindi il problema è finirla di rifornire di armi entrambe le parti. Il problema è agire in modo radicalmente diverso: proprio perché è una guerra spinta dall’esterno, sono gli attori esterni che sostanzialmente hanno in mano la possibilità di dire “basta!".








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