2016-07-12 13:57:00

Regge il cessate il fuoco in Sud Sudan, Kiir pronto a negoziare


Sembra reggere il cessate il fuoco in Sud Sudan, dopo i violenti scontri dei giorni scorsi nella capitale le forze del presidente Kiir e quelle del vicepresidente Machar. Il presidente Kiir ha annunciato l’intenzione di voler negoziare con il suo vice per riportare la pace nel Paese. Intanto, resta grave l’emergenza umanitaria. L’arcivescovo di Juba, mons. Paolino Lukudu Loro, lancia un forte appello alla Comunità internazionale affinché intervenga in soccorso alla popolazione stremata. Oltre la metà dei residenti della capitale si è rifugiata nelle chiese, nelle moschee e nelle sedi Onu. Secondo l'Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari le violenze scoppiate dei giorni scorsi hanno causato 36 mila sfollati interni, in gran parte donne e bambini. Per una testimonianza da Juba, Elvira Ragosta ha raggiunto telefonicamente Elena Valentini, direttrice del Catholic radio network della capitale sud sudanese:

R. – È difficile da dire. Molti si aspettano di no, perché è difficile capire esattamente chi controlla chi, e quanto le forze armate rispettino gli ordini, visto che in passato, più volte ci sono stati cessate-il-fuoco o richieste di sospendere le ostilità, che poi non sono stati rispettati. Per ora, e rispetto a ieri, la situazione è calma, anche se resta sempre molto tesa.

D. – Che aria si respira nelle strade della capitale dopo l’annuncio del cessate-il-fuoco?

R. – Nella capitale, a Juba, non c’è ancora movimento che c’è di solito. Si sentono macchine passare; gente che cammina, va al mercato soprattutto, alla ricerca di ricariche telefoniche o anche di qualcosa da mangiare. Ma in generale non c’è tantissimo movimento: molti negozi sono chiusi, e – sostanzialmente – la gente è stata invitata a stare al sicuro e a rimanere a casa.

D. – Nell’agosto del 2015, le due parti avevano raggiunto un accordo di pace: perché sono scoppiate di nuovo le violenze? Perché il presidente Salva Kiir e il vice presidente Riek Machar non riescono a trovare un accordo?

R. – Ci sono tante piccole clausole sulle quali non si riesce a trovare un accordo. E ci sono varie parti, che hanno un’influenza sui due leader, che non sono d’accordo con alcune delle clausole che il testo prevede.

D. – Sia la guerra iniziata nel 2013 sia gli scontri nella capitale, scoppiati a partire da sabato scorso, hanno coinvolto anche la popolazione civile: molti i civili che hanno trovato riparo nelle sedi della Missione Onu del Paese ma queste stesse strutture sono state colpite. Com’è la situazione adesso?

R. – Adesso è tranquilla. A causa dei precedenti scontri, c’era già molta gente che si trovava in questi campi e altre persone si sono aggiunte negli ultimi giorni. Le condizioni sono difficili, perché le risorse sono limitate. Per l’Onu è quindi difficile garantire protezione a tutti, anche se sono state messe in atto alcune misure di emergenza, come ad esempio il rafforzamento dei muri di cinta, ecc. Tuttavia, è difficile operare.

D. – In questi giorni, voi del Catholic Radio Network di Juba come avete raccontato gli scontri che ci sono stati, e che tipo di testimonianze avete avuto da parte della popolazione?

R. – È stato abbastanza difficile. Anche per il nostro staff è stato difficile raggiungere il posto di lavoro. Quindi abbiamo avuto contatti per lo più indiretti, con la popolazione che si trovava intorno a noi. Abbiamo raccolto varie voci da parte della gente: racconti di paura, incertezza; perché il problema principale è quello di capire cosa succede esattamente, in un momento in cui nessuna notizia proviene dal governo. Molta gente ha provato a scappare, cercando luoghi più sicuri dove andare, molte volte anche lasciando all’improvviso la propria casa.

D. – Gli scontri degli ultimi giorni in concomitanza anche con il quinto anniversario dell’indipendenza del Sud Sudan si sono verificati nella capitale, Juba, ma nel resto del Paese com’è la situazione?

R. – E abbastanza tesa. Negli ultimi mesi, infatti, ci sono stati vari episodi di violenza in posti diversi. A ciò si aggiunge il fatto che la comunicazione non è molto efficace: molti sono i rumors che si diffondono, ed è difficile capire esattamente cosa succeda. Quando, nei posti fuori da Juba, si sente che qualcosa nella capitale va male, comincia a diffondersi il panico: si diffondono notizie vaghe sulla possibilità di attacchi in varie parti del Paese. Già negli ultimi giorni ci sono stati episodi di tensione o scontri anche in altre parti: per il momento, anche le piccole tensioni scoppiate ieri a Torit sono ora sotto controllo. Però è davvero difficile capire come i vari gruppi armati reagiscano e come anche la popolazione reagisca.








All the contents on this site are copyrighted ©.