2016-07-09 14:01:00

Card. Piovanelli: "Firenze città della Misericordia"


 

Si è spento a 92 anni. Dal 1983 al 2001 fu arcivescovo di Firenze e realizzò il Sinodo diocesano. I funerali martedì 12 luglio alle 18 nella cattedrale di Santa Maria del Fiore a Firenze. Il card. Piovanelli era nato a Ronta del Mugello il 21 febbraio 1924. Figlio di un muratore e di una casalinga, a 11 anni entra in seminario e viene ordinato prete nel 1947. Fu compagno di studi di don Milani. Negli ultimi giorni, avvertito delle sue precarie condizioni di salute, Papa Francesco gli aveva telefonato per rinnovargli il suo affetto e la sua vicinanza. 

Il Sinodo della Chiesa fiorentina

"Abbiamo fatto una bella esperienza di chiesa". Così, il cardinale arcivescovo Silvano Piovanelli commentò l'esperienza del Sinodo diocesano della Chiesa cattolica fiorentina, il 34esimo nella sua storia e il primo dopo il Concilio, aperto il 21 maggio 1988 e chiuso l'11 ottobre 1992.

Il Sinodo fu promosso e pensato da Piovanelli, ma "regista" dell'operazione fu un prete salesiano di grande cultura e umanità, don Vincenzo Savio, poi vescovo di Livorno e in seguito di Belluno, scomparso nel marzo del 2004. Forte della sua esperienza a Livorno con il Sinodo voluto dal vescovo mons. Alberto Ablondi, mons.Savio è stata una figura chiave nell'organizzazione e nella conduzione del Sinodo, così come l'attuale vescovo di Perugia, il card. Gualtiero Bassetti, già vicario generale dell'arcidiocesi di Firenze.

Il Sinodo fu occasione di confronto interno per la Chiesa cattolica fiorentina, ma anche di dialogo con la società, a partire dai più poveri e dalle realtà più marginali, come quella del carcere, con le altre confessioni cristiane e le altre fedi religiose. Un dialogo sempre aperto e sempre in cammino, come voleva il cardinale Piovanelli.

L'ultima intervista alla Radio Vaticana 

Riascoltiamo il cardinale Piovanelli in un’intervista del novembre scorso, alla vigilia della visita di Papa Francesco a Firenze, in occasione del V Convegno nazionale della Chiesa italiana:

R. – Il nostro Papa Francesco sicuramente sarà molto sentito. Papa Francesco ha un impatto positivo con la gente: sa mettersi subito in rapporto, e quindi sarà sicuramente un fatto grande.

D. – Come è cambiata la comunità cristiana di Firenze?

R. – Si fa male a dirlo, si fa male… Sicuramente, il laicismo si impone in qualche maniera. E quindi sicuramente, da un punto di vista numerico, abbiamo una diminuzione, però – e questo bisogna ricordarselo sempre – non è il numero che conta. Sappiamo bene che quello che conta è lo spirito. Se ci si ricorda dei primi cristiani nelle città, erano dei gruppetti, eppure brillavano in un modo tale da dar luce a tutti. Io spero che sia lo stesso anche oggi: non è una questione numerica, è una questione di spirito, l’accoglienza dello spirito, di impegno personale.

D. – Firenze è la città dell’Umanesimo, che ha unito il cielo e la terra, il divino e l’umano. Nell’esperienza cristiana è ancora attuale questo periodo culturale?

R. – A me sembra che questo sia molto importante: la pienezza dell’umanesimo è nel cristianesimo. Perciò l’uomo "totale" – si direbbe – l’uomo perfetto, è il Signore Gesù: Lui è veramente l’ideale dell’uomo a cui bisogna guardare, a cui bisogna ispirarsi e dal quale bisogna farsi condurre ed entusiasmare. E allora, il cammino dell’uomo diventa realmente un cammino non soltanto di verità e di amore, ma anche di speranza e di donazione per gli altri.

D. – Quale contributo può dare la storia della città alla vita cristiana di oggi?

R. – Io credo che La Pira dal cielo sicuramente esulti. Mi sembra di vederlo, felice, per questa cosa che avviene a Firenze: lui, che ora gode di una felicità di cui non c’è paragone, perché il Paradiso colma anche di felicità. Penso che Firenze, con anche la sua critica, con il suo voler le cose perfette, possa dare comunque un apporto al cristianesimo. O meglio, può far splendere il cristianesimo nella propria vita. Io sono profondamente convinto che è la città che deve dare testimonianza di fede cristiana. Noi sappiamo che, all’inizio, proprio le città sono state il punto di accoglienza della fede cristiana: i “pagi”, nella campagna, erano i pagani poi. Penso che Firenze possa realmente farlo, come del resto tutte le altre città. Ogni città – direi – ha la sua capacità di accogliere la fede e di esprimerla in un umanesimo intero. Ricordo che una volta La Pira, tornando da Gerusalemme, stava parlando con entusiasmo della sua esperienza, e diceva: “Firenze è Gerusalemme!”. Siccome si trovavano a Roma, uno gli fece un’osservazione: “Ma, Professore, siamo a Roma...”. E lui risponde: “Ah, anche Roma è Gerusalemme, tutte le città sono Gerusalemme!”. Sì, in fondo, credo davvero che ogni città è chiamata ad accogliere la fede cristiana e a esprimerla nella sua vita comunitaria.

D. – Firenze può essere la città della misericordia: siamo alla vigilia dell’Anno Santo…

R. – Lo è, la città della misericordia. Lo è, e in una maniera unica che è questa: a Firenze, nel 1244, è nata la “Misericordia”. Si è chiamata così un’Associazione di cristiani, i quali volontariamente si mettono a servizio degli altri. Prima si trattava soltanto di portare i defunti al cimitero, poi in seguito esclusivamente di portare i malati all’ospedale, andare a soccorrere nelle case... È un’istituzione antica – appunto del XIII secolo – che però c’è ancora, a Firenze c’è la “Misericordia”. Credo che la Misericordia, che è un’Associazione, debba in qualche modo darci l’occasione per dire che a Firenze, e in ogni città, deve esserci la misericordia come virtù, questo chinarsi sugli altri per servirli nel loro bisogno.

 








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