2016-07-08 14:13:00

Crisi in Venezuela, vescovi: repressione non conduce alla pace


“Il sistema che ci governa è già esaurito e gli attuali governanti dimostrano la loro incapacità di risolvere gli urgenti problemi” del Venezuela. Con queste parole, il presidente dell’episcopato venezuelano, mons. Diego Padrón, ha iniziato il capitolo dedicato alla realtà nazionale durante il discorso di apertura, ieri, della 106.ma Assemblea Plenaria della locale Conferenza episcopale. Il Paese è in balia di una crisi politica ed economica che negli ultimi mesi è precipitata in una grave emergenza umanitaria. L’incapacità del governo di provvedere ad alimenti e medicine per la popolazione e la forte repressione delle forze di sicurezza contro le proteste dei cittadini sono state indicate dal presule come chiari segni della palese mancanza di volontà di dialogo da parte delle autorità e del rischio di un’imminente esplosione sociale.

È urgente permettere l’ingresso di medicine
Nuovamente, il presidente dell’episcopato si è fatto portavoce dell’accorato appello dei vescovi venezuelani affinché il governo permetta l’ingresso di medicine nel Paese. Ripetutamente, in questi ultimi mesi, la Conferenza episcopale ha chiesto all’esecutivo di permettere l’ingresso degli aiuti umanitari, specificamente medicine e presidi sanitari. La carenza di medicinali negli scaffali delle farmacie, negli ospedali e nei centri sanitari pubblici e privati raggiunge il 90 per cento, secondo dati delle federazioni nazionali dei farmacisti e dei medici. “La capillarità di Caritas Venezuela e la cooperazione di istituzioni private - ha detto mons. Padrón - ci pone in grado di ricevere e di distribuire adeguatamente le tantissime offerte di donazioni che riceviamo dall'estero”. “Sappiamo che questa non è la soluzione - ha aggiunto il presule - ma è un palliativo che non dovrebbe tardare ancora”.

Ingovernabilità: disperazione e rabbia della gente
Per iniziare l’analisi della situazione politica, il presidente dell’episcopato ha affermato che “gli interessi del governo non sono gli interessi del Paese, della sua gente e delle sue istituzioni”. “L’ingovernabilità - ha aggiunto - insieme alla brutale repressione e alla carenza di risposte serie e stabili che superino l’improvvisazione e la provvisorietà provocano la percezione generalizzata che la crisi globale si acutizza e si prolunga senza limiti”. Il presule ha ricordato la rivolta sociale del febbraio 1989, conosciuta come il ”Caracazo”, durante la quale orde di persone assaltavano negozi e distruggevano strutture pubbliche in segno di protesta per gli aumenti dei costi dei biglietti dei trasporti pubblici, come conseguenza di una crisi che oramai è considerata insignificata davanti alla depauperata situazione attuale del Paese. Mons. Padrón ha riferito che le città di Cumana e di Tucupita - dove ci sono state forti proteste - hanno sperimentato gli effetti di politiche economiche e sociali sbagliate e dell’indolenza delle autorità. “La percezione generale - ha detto - è di grande incertezza, disperazione, depressione, rabbia e violenza sociale”.

Non permettere l'ingresso di aiuti umanitari è rifiutare il dialogo e la pace
Mons. Padrón ha poi affermato che un governo che non è riuscito ad abbattere la presunta “guerra economica” - della quale dice di essere vittima - né a fornire alimenti e medicine alla popolazione e che addirittura “non permette che le istituzioni religiose o sociali possano ricevere aiuti umanitari per alleviare le sofferenze e il dolore della gente, manca dell’autorità morale necessaria per invocare il dialogo e la pace”. Il presidente dell’episcopato ha ribadito che il governo, in diciassette anni, nonostante le ingenti risorse, non è riuscito a controllare e dominare la delinquenza, né a garantire la pace e la tranquillità dei cittadini. “La repressione, da sola, non è la via che ci condurrà alla pace”, ha aggiunto.

Un dialogo politico senza  mete concrete è inutile
Mons. Padrón ha insistito sulla necessità di un dialogo, tuttavia ha avvertito che esso deve iniziare con il riconoscimento, da parte del governo, della gravità della situazione in tutti gli ambiti della vita nazionale e la dimostrazione della volontà di cambiamento. “L’incremento del potere militare - ha aggiunto - non risolverà i problemi etici e sociali”. “La smania di potere e la voglia di rimanervi non giustifica qualunque azione né qualunque politica”, ha affermato mons. Padrón, per spiegare che i venezuelani sono davanti ad un bivio morale, perché “non è possibile accettare che la vita umana ceda il posto alla divinizzazione dell’ideologia politica”.

La democrazia è demolita, il referendum è la soluzione
Di fronte a questa situazione, il presidente dell’episcopato ha ricordato che sta al popolo, come detentore primario del potere, decidere la propria sorte. “Consultarlo ed eseguire la  sua volontà è un imperativo morale che non può essere sovrastato da alcuna autorità, ha aggiunto il presule affermando pure che il “referendum per la revoca del mandato presidenziale del presidente Maduro è iniziato già il 6 dicembre scorso”, quando le elezioni legislative sono state vinte dall’opposizione.  Mons. Padrón ha poi detto che “la democrazia in Venezuela è stata spezzata” perché chi ha l’obbligo di ascoltare e dialogare con tutti i settori della società non lo sta facendo, anzi tende ad eliminare ed ignorare tale dovere.

Noi vescovi non siamo profeti del disastro
A conclusione del suo discorso alla Plenaria dell’episcopato, l’arcivescovo di Cumaná ha richiamato il governo e l’opposizione ad evitare che la vita dei venezuelani continui a deteriorarsi, cercando di non cadere in una spirale di odio e di morte, quando ancora esistono dei meccanismi costituzionali che offrono una via di uscita legittima dalla crisi. “Noi non siamo profeti del disastro, ma pastori e profeti della speranza”.  Insieme a tutti i vescovi,  mons. Padrón ha esortato i fedeli a vivere questo Anno della Misericordia nel segno dell’incontro, del perdono e della riconciliazione. Infine, la preghiera al Padre misericordioso ed alla protezione della Madonna di Coromoto, patrona del Venezuela, perché il popolo venezuelano possa uscire da questa crisi e trovi una strada pacifica e democratica. (A cura di Alina Tufani)








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