2016-07-05 13:30:00

Dopo la Brexit sprofonda la sterlina


La sterlina britannica torna a spronfondare, portandosi fin sotto quota 1,31 sul dollaro per la prima volta da oltre 31 anni a questa parte. Secondo il Financial Times quest'ultimo scivolone è legato a doppio filo al crescente allarme sul settore dei fondi immobiliari britannici, che si stanno rivelando come una sorta di tallone d'Achille del Regno alle ricadute del voto per la Brexit. Intanto, si sfalda il fronte degli euroscettici: dopo la rinuncia dell’ex sindaco di Londra, Boris Johnson, alla guida dei conservatori al posto del dimissionario David Cameron, anche l’altro fautore della Brexit, Nigel Farage, starebbe per lasciare il partito indipendentista Ukip. E i cittadini britannici iniziano a reagire alle tante cose dette durante la campagna referendaria che poi si si sono rivelate false. Ascoltiamo Leonardo Becchetti, docente di Economia Politica all’Università di Tor Vergata, al microfono di Emanuela Campanile:

R. – E’ stata una vicenda veramente surreale, perché il Regno Unito già faceva abbastanza autonomamente in quanto a valuta, in quanto a politiche nei confronti dei migranti. Tutta la Campagna, quindi, è stata costruita su dei falsi, cioè sull’idea che l’Unione Europea costringesse il Regno Unito ad accogliere più stranieri di quanto volesse e che una cifra enorme – si parlava di 33 miliardi di sterline – a seguito del “no”, avrebbe potuto essere trasferita verso la Salute. Ipotesi che poi, candidamente, anche lo stesso Farage ha smentito subito dopo.  Il problema è che chi è al potere è naturalmente in vantaggio, sia nei referendum che nelle elezioni politiche, e chi non lo è ha il vantaggio di poter promettere qualcosa di nuovo, di diverso, di poter promettere una soluzione. Nelle elezioni politiche, però, almeno, dopo la vittoria, viene messo alla prova e c’è la verifica se veramente quelle promesse possono essere mantenute. Qui, dopo questo referendum, non c’è neanche questo.

D. – In questo quadro, possiamo dire che il popolo è stato usato?

R. – Sì, c’è tutto un problema, che dovremo seguire molto meglio, che è quello della formazione delle idee della gente. Sappiamo che si è diffusa un’idea di nazionalismo, anche grazie a comunicazioni improprie sulla rete e così via. Sono passati, quindi, dei messaggi molto semplicistici, come: “Ci sono dei problemi, ma c’è una soluzione molto semplice: basta uscire dall’Unione Europea, infatti, poiché sono gli stranieri in arrivo che sono la causa dei problemi”. In realtà, il problema – lo sappiamo – è molto più profondo: la globalizzazione in questo momento è costruita in modo tale da produrre una corsa al ribasso sui diritti, sulla dignità del lavoro, piuttosto che una corsa al rialzo. Ci si è preoccupati pochissimo in questi anni della distribuzione del reddito. Invece, la stessa attenzione che si dà all’inquinamento, alla sostenibilità ambientale si dovrebbe dare a quello che io chiamo l’ 'inquinamento sociale'. La diseguaglianza, proprio come l’effetto serra, è qualcosa che danneggia tutti noi, anche chi è ricco, anche chi sta bene. La diseguaglianza, infatti, produce populismo, produce migrazioni incontrollate. Un altro errore che abbiamo fatto è che siamo scesi solamente su un terreno economico dei costi e dei benefici, momento per momento, della Brexit. L’Unione Europea, invece, non è nata sul calcolo momento per momento dei benefici, ma sull’idea che i Paesi europei, mettendosi assieme, cooperando, avrebbero avuto dei vantaggi economici, ma anche dei vantaggi in termini di pace sociale, avrebbero evitato nuove guerre e così via. Oggi, scoperchiare il vaso di Pandora vuol dire dare adito a tutte le possibili spinte centrifughe, che potrebbero continuare. Adesso sappiamo già che i Paesi dell’Est cercano maggiore autonomia, ma un giorno potrebbe ripartire anche il conflitto tra Nord e Mezzogiorno. Il problema, quindi, è mettere sul piatto della bilancia non solo i fattori economici, ma anche i fattori politici e culturali. Fermo restando poi che il calcolo dell’effetto economico non si può misurare con le reazioni delle Borse a brevissimo termine, perché queste dipendono da tante cose; esso deve essere costantemente misurato, ma solo nel tempo vedremo cosa cambierà, quali saranno gli effetti della Brexit.








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